La corrida non è uno sport, bensì un mistero.
Quando una tv locale gli mette un microfono sotto il naso e gli punta in faccia una telecamera, lo straniero non sa come comportarsi; italiano, alla prima esperienza di una corrida, si domanda quale contributo possa dare alla qualità del servizio, eppure decide di compiacere l’intervistatore. Il suo interesse verso i tori è nato dalle lettere, non può che citare Hemingway chiaramente, ma rivendica anche l’opera del romagnolo Max David, in grado di suscitare l’invidia proprio di Papa.
In più, si ricorda di Montherlant, conosciuto grazie a Stenio Solinas, che lo aveva introdotto alla straordinaria semplicità dei tori: un uomo affronta un animale, lama e drappo di fronte a muscoli, cuore e corna, nulla di più. Quando l’inviato lo incalza sulla polemica tra taurinos e anti-taurinos, si arrampica sui ripidi specchi della diplomazia: vorrebbe vedere e riflettere, per cercare di capire, prima di schierarsi. La verità è che, nel profondo, si domanda quale possa essere la sua reazione di fronte alla morte. Che cosa è il trapasso per lui? . . .