In una carriera divisa equamente tra spettacolari acrobazie e assurde follie, El Loco - non a caso - ci ha regalato l’ennesimo colpo di scena.
Daniel Pablo Osvaldo torna a giocare. E francamente per chi aveva scelto il rock’n’roll come stile di vita, questo ultimo encore suona come la chiusura ideale di una carriera perfetta nella sua unicità. L’ultima volta che aveva indossato gli scarpini, Dani, era comodamente seduto negli spogliatoi del Complejo Pedro Pompilio, centro di allenamento del Boca Juniors, a fumare una sigaretta. Il gesto non era piaciuto troppo all’allora tecnico Xeneize Guillermo Barros Schelotto che aveva allontanato il giocatore dalla rosa.
A Osvaldo la reazione era piaciuta ancora meno, e aveva istintivamente deciso di lasciare il calcio per dedicarsi alla sua vera passione: la musica. Sotto il nome d’arte di Dani Stone, il cantante della band Argentina Barrio Viejo ha scaldato i locali bonarensi e qualche club europeo dove il richiamo dell’attaccante Italo-argentino era sicuramente più forte di quella del cantante latino. In fondo, già a Porto, ultima esperienza europea di Osvaldo, si ricordano più le serate passate imbracciando la chitarra sulla Ribeira rispetto alle reti segnate al Do Dragāo.
All’alba dei 34 anni, Dani è il nuovo attaccante del Banfield, Primera División, massima serie del campionato argentino: un palcoscenico di tutto rispetto per un giocatore inattivo da 3 anni. Una sfida – alla corte del manager Falcioni, vero demiurgo dell’operazione, alla ricerca di una figura di rilievo e carisma per l’attacco del Taladro – che l’età permette ancora di sostenere. Ma soprattutto in questi anni di carriera turbolenta e vita accelerata, Osvaldo ci ha regalato una lezione di vita capitale, in un mondo artificiale e prevedibile.
Ci ha ricordato il valore della scelta libera e talvolta scomoda. L’incomparabile piacere di fare ciò che si vuole, essere semplicemente sé stessi, lontani dalle convenzioni che riducono a standard ogni gesto. Che sia una rinascita o un flop, un’esperienza condita da gol o l’ennesimo fallimento di una carriera altalenante, difficile prevederlo.
Perché Osvaldo è così: una rovesciata immacolata in un pomeriggio romano, un gol da cineteca che non sarà mai tale. Anche lì un piede oltre il lecito, un soffio oltre le regole sul lancio dolcissimo dell’amico Gago; un’illegalità che ha reso ancora più memorabile, perché unico, il non gol più bello della storia del calcio italiano. Volevi fare la rock star, Dani hai fatto di più: tu SEI la rock star.