In ritardo di appena qualche decennio, la Coppa Italia potrebbe diventare una competizione con un senso. Persino bellina, riservandoci un maggiore entusiasmo a dadi tratti. Intanto però l’amministratore delegato della Lega Luigi De Siervo ha parlato con parole chiare e benauguranti a Rai Gr Parlamento: «se considerare un modello la FA Cup? Abbiamo elaborato un progetto sulla falsariga della Coppa inglese, verrà sottoposto a breve alle squadre per la valutazione finale. Ci sono alcuni problemi logistici, ad esempio giocare sul terreno della squadra più debole potrebbe non garantire l’utilizzo essenziale della Goal Line Technology o del VAR. Si tratta comunque di due modelli molto diversi, ma estremamente affascinanti».
Ecco, ci siamo. Forse. Certo sarebbe incredibile se il VAR o la Goal Line Technology – che peraltro non stanno particolarmente simpatici agli inglesi – bloccassero sul più bello la nostra già incontrollabile esultanza. Davvero, non stiamo più nella pelle. Ma quando inizia ‘sta Coppa Italia? Immaginatevi per un attimo cosa accadrebbe nella Penisola, che già di per sé vive e respira calcio sette giorni su sette a prescindere dalla categoria. Mettetevi, se potete, nei panni di un tifoso di Serie C o – perché no! – di Serie D o ancora – sognare, gente! – di terza categoria, che vive di lavoro, casa e squadra locale, affrontare un Milan, una Inter, una Juventus. Ma anche una Roma, una Lazio, un Napoli (considerando poi che le sopracitate hanno una media di spettatori allo stadio in Coppa Italia inferiore al 50%).
Si creerebbe un bel circolo virtuoso, che terrebbe incollati – ne siamo certi – i telespettatori alla tv riempiendo al contempo gli stadi di tutta Italia, facendo rinascere quel sentimento comunale che fa del nostro calcio (e della nostra cultura) un fenomeno unico al mondo.
Il calcio italiano sta crescendo, non ci sono dubbi su questo. Un lavoro è stato fatto, ma siamo solo all’inizio. Giustissima quindi una riforma sulla Coppa Italia, purché si accompagni ad una mini-rivoluzione delle infrastrutture, e quindi non solo degli stadi ma delle leggi atte a tutelare gli investitori. Insomma, serve un piano serio, e non ci si può limitare a sparare il titolone da prima pagina. Intanto, però, avendone parlato parecchi anni fa, permetteteci di gioire per queste dichiarazioni. Tra le macerie di un calcio che sta in piedi quasi unicamente grazie ai tifosi, e alla passione della gente, riformare la Coppa Italia sarebbe un’ulteriore segnale luminoso. Altro che italiane formato europeo, altro che azzurri sul tetto d’Europa. Noi vogliamo prima ritornare a cantare per le strade, sui ciottoli, a sventolare la nostra bandiera dalla punta al principio dello Stivale. Allora, sì, davvero, potremmo chiamarla Coppa Italia.