Davide Aiello
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“Il conte duca è una volpe vecchia, parlando col dovuto rispetto, che farebbe perder la traccia a chi si sia: e, quando accenna a destra, si può esser sicuri che batterà a sinistra: ond’è che nessuno può mai vantarsi di conoscere i suoi disegni. Il conte duca sa appuntino cosa bolle in pentola di tutte l’altre corti; e tutti que’ politiconi (che ce n’è di diritti assai, non si può negare) hanno appena immaginato un disegno, che il conte duca te l’ha già indovinato, con quella sua testa, con quelle sue strade coperte, con que’ suoi fili tesi per tutto“.
Così il grande Alessandro Manzoni descriveva il conte duca nel quinto capitolo dei Promessi Sposi: un personaggio astuto, pieno di risorse e autore di intrallazzi che caratterizzavano i successi della sua vita, facendo sì che raggiungesse obiettivi insperati per i più.
Un secolo e mezzo dopo la politica italiana ha avuto il suo conte duca che, insospettabilmente, ha tramato e mosso i fili anche all’interno del mondo del calcio. Forse nemmeno tanto sorprendentemente, visto che la linea che divide pallone e politica è sottilissima, facendo sì che i due ambiti spesso si leghino dando vita a scandali che con lo sport non dovrebbero avere nulla a che fare.
Il conte duca del ventesimo secolo, Giulio Andreotti, è tifoso della Roma: fedelissimo ai colori giallorossi ma pacato, insomma non di certo un ultrà. Anche perché ha sempre perseguito i suoi interessi, ottenendo tutto ciò che voleva (e ci mancherebbe altro), senza dover mai alzare la voce.
Per la “sua” Roma Andreotti avrebbe fatto di tutto: proprio nell’estate in cui i capitolini sono campioni d’Italia in carica, dopo la splendida cavalcata e la vittoria dello scudetto nel mese di maggio, il conte duca inizia a tessere la sua trama. Siamo nel giugno 1983, la Roma di Dino Viola è riuscita a laurearsi campione dopo un bellissimo e tiratissimo testa a testa con una rivale storica, la Juventus, bissando il successo di quarantuno anni prima.
Dotati di una squadra tecnicamente molto valida e di una guida tecnica magistrale, quale quella dello svedese Nils Liedholm, i giallorossi possono vantare una rosa ricca di campioni tra i quali il brasiliano Paulo Roberto Falcao (per i tifosi romanisti l‘ottavo Re di Roma).
L’estate rappresenta un crocevia importante: la Roma, società storicamente non abituata a vincere con regolarità – come invece accadeva alle grandi del nord – non solo vuole rinforzi sul mercato per consolidarsi sul fronte interno, ma intende soprattutto dare la caccia alla famigerata Coppa dei Campioni, al momento presente solo nelle bacheche di Inter e Milan.
Insomma è il momento di fare il salto di qualità, tuttavia sorge un problema abbastanza spinoso: l’Inter del presidente milanesissimo Ivanoe Fraizzoli vuole portare sulla sponda nerazzurra del Naviglio l’uomo simbolo dei giallorossi, quell’ottavo re di roma in arte Falcao. A Porto Alegre il brasiliano dalla chioma bionda e riccioluta, in vacanza prima di riprendere gli allenamenti in vista della stagione successiva, è già sicuro:
«Lasciare Roma è stato un trauma, il prossimo anno giocherò nell’Inter».
Sandro Mazzola, allora dirigente nerazzurro, ha l’accordo con il procuratore del giocatore e ha fatto addirittura firmare il contratto a Falcao, mostrandolo a Fraizzoli. Si tratta del colpo di mercato dell’anno, ma il patron interista commette un errore imperdonabile.
La notizia infatti doveva rimanere nascosta ancora per qualche giorno, prima dell’ufficializzazione; per correttezza, e per evitare di far scoppiare un incidente diplomatico tra le società, Fraizzoli telefona a Dino Viola per informarlo dei fatti. A quei tempi si usava così tra gentiluomini. Ma qui entra in scena il nostro conte duca, che di nome fa Giulio e di cognome Andreotti, il quale di lì a poche settimane sarebbe diventato Ministro degli Esteri del Governo Craxi.
Andreotti chiama direttamente Fraizzoli e, con un ricatto bello e buono come solo il conte duca sa fare, tira in ballo gli interessi economici che l’imprenditore milanese ha nella Capitale: gli parla infatti di quei capi d’abbigliamento fabbricati dal presidente dell’Inter, che casualmente non verranno più distribuiti ai ministeri senza una retromarcia sul contratto di Falcao.
Fraizzoli comprende subito il messaggio. Falcao rimarrà alla Roma, e il calcio italiano verrà privato di un affare che avrebbe potuto cambiare le sorti delle due squadre e del campionato tutto. D’altronde, che burattinaio sarebbe stato il conte duca se si fosse limitato a soli intrighi di potere?