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04 Luglio 2019

Guida al Tour de France 2019

Percorso e favoriti della Grande Boucle numero 106.

Il 6 luglio a Bruxelles si accenderanno i riflettori sul 106esimo Tour de France, senza due tra i protagonisti più attesi, vale a dire Chris Froome e Tom Dumoulin. Malgrado queste grandi assenze, la strada è pronta ad offrire il consueto spettacolo di corsa e tifosi. Specie se il menù della Grande Boucle 2019 recita, in rigoroso ordine cronologico, Planche des Belles Filles, Tourmalet, Izoard, Galibier, Iseran e Val Thorens, conditi da circa 60 chilometri contro il tempo, equamente divisi tra cronosquadre e cronometro individuale. Un Tour concepito e disegnato da ASO che racchiude qualche novità in meno rispetto al recente passato, e riscopre le vette oltre i duemila metri di altitudine, rispolverate come simbolo di quella grandeur che i cugini d’oltralpe sembrano aver smarrito a causa del tatticismo sfrenato che ha impoverito di spettacolo una corsa piombata sotto l’egemonia del Team Sky (quest’anno Team INEOS).

 

Il Tour del centenario della nascita di Fausto Coppi dimentica il Campionissimo ma omaggia il Cannibale con una inedita, quanto affascinante, partenza dal Belgio. Dalla capitale Bruxelles, la corsa prenderà il via a cinquanta anni di distanza dal primo trionfo di Eddy Merckx in maglia gialla. Dalle Fiandre a Parigi, passando per Vosgi, Pirenei e Alpi; 3496 chilometri in 21 giorni che abbracciano 7 tappe pianeggianti, 5 di media montagna e 7 di alta montagna, con 5 arrivi in salita. A completare il quadro, come detto, le due cronometro da 27 chilometri ciascuna.

 

Quel mito di Eddy

 

Il percorso: la Planche des Belles Filles domina la prima parte

 

Il percorso del Tour 106 racchiude tradizione ed innovazione. Tappe di montagna dal chilometraggio ridotto, sulla falsariga degli anni scorsi, e vette mitiche tirate di nuovo a lucido per l’occasione. Se nella prima settimana verrà reintrodotta la Planche des Belles Filles, una delle salite transalpine simbolo nel nuovo millennio, le fasi cruciali della Grande Boucle renderanno omaggio al passato e alle montagne che si sono guadagnate un posto nell’olimpo del ciclismo. Ma andiamo con ordine. La prima maglia gialla sarà affare per velocisti. La tappa inaugurale, con partenza e arrivo a Bruxelles, sosterrà un endorsement per la mitica Ronde Van Vlaanderen con i passaggi sul Bosberg e sul Muro di Grammont, il Muur simbolo delle Fiandre. Muri e pavè, lontanissimi dal traguardo, che non impediranno agli sprinter di contendersi la vittoria. Nella seconda giornata sarà già tempo di cronometro a squadre, con un percorso di 27,6 chilometri, dal Palazzo Reale di Bruxelles fino al Parco dell’Heysel, che sancirà i primi distacchi (seppur non significativi) tra gli uomini di classifica.

 

Il ritorno in Francia ad Epernay presenta due brevi strappi in un finale pensato ad hoc per attacchi da finisseur o una volata a ranghi ristretti. Probabile sprint anche a Nancy, prima della due giorni sui Vosgi, nel Massiccio Centrale. Succoso antipasto a Colmar, in una frazione con quattro gran premi della montagna che strizzano l’occhio ad attacchi da lontano. Scorpacciata di montagne nella giornata successiva, con l’ormai mitico arrivo a La Planche des Belles Filles dopo ben sei gpm, di cui due di prima categoria (Le Markstein e Ballon d’Alsace). Finale inedito con l’ultimo chilometro e mezzo in sterrato con pendenze a doppia cifra. Curiosità. Negli ultimi due arrivi sui Vosgi due vittorie italiane con Vincenzo Nibali e Fabio Aru nel 2014 e 2017. Che sia di buon auspicio per i colori azzurri. Al termine delle prime montagne, giornata di semi relax a Charlon-Sur-Saone prima della frazione-trappola di Saint-Etienne, senza un metro di pianura e con un muro di duemila metri all’8% ad una quindicina di chilometri dall’arrivo. Tappa da cerchietto rosso per chi vuole attaccare da lontano. Stesso copione nella più soft, ma comunque insidiosa, Saint-Etienne-Brioude, con l’asperità principale (il Mur d’Aurec-sur-Loire) posta dopo appena 30 chilometri. Ruote veloci ancora protagoniste nell’arrivo di Albi, che precede il primo dei due giorni di riposo in programma.

 

La marea umana del Tour

 

Sui Pirenei spicca il Tourmalet

 

Trascorsa la giornata di riposo, si ripartirà alla volta di Tolosa in una tappa facile che metterà l’acquolina in bocca in vista dell’avvicinarsi dei Pirenei. Le montagne al confine iberico si presentano con l’abito più pregiato. Peyresourde e Hourquette d’Ancizan ad accendere la miccia, Tourmalet ad infiammare il Tour numero 106. Nel mezzo, la cronometro di Pau, ondulata, veloce, potente. Dopo la prova contro il tempo, che si disputerà nel giorno del centesimo anniversario dell’assegnazione della prima maglia gialla, la Grande Boucle ripercorrerà il mitico Col du Tourmalet, 19 km al 7,4%, 2115 metri di altitudine. Soltanto in due precedenti una tappa del Tour si era conclusa in cima al gigante dei Pirenei: nel 1974 con la vittoria di Jean-Pierre Danguillaume, e nel 2010 con l’affermazione di Andy Schleck al termine di un emozionante duello con Alberto Contador. Prima dell’arrivo in cima, il percorso presenterà anche Labatmale e Col du Soulor, troppo poco per scalzare al Tourmalet lo scettro di re dei Pirenei. Ed è giusto così. Il poker d’assi pirenaico si concluderà con la Limoux-Foix, frazione temibile con quattro salite, di cui tre di prima categoria. L’ascesa che porta al traguardo misura 12 chilometri per una pendenza media che sfiora il 7%.

 

Pellegrinaggio alpino

 

Dopo la seconda e ultima giornata di riposo, spazio a velocisti e fuggivi con i traguardi di Nimes e Gap, prima del gran finale sulle Alpi. Si parte dalla Embrun-Valloire, e sarà un tuffo nel passato. Vars, Izoard, Galibier. Tre delle cime mitiche del Tour inserite in un’unica tappa. Per tre volte sopra i duemila metri nell’arco di 208 chilometri. Una tappa d’altri tempi. L’arrivo è posto ai 1419 metri di altitudine di Valloire, nel dipartimento della Savoia, dopo lo scollinamento dal Galibier. Secondo round alpino nella Saint-Jean-De-Maurienne-Tignes, in un percorso contraddistinto da una lunghissima ascesa sino ai 2770 metri del Col de l’Iseran, Souvenir Henri Desgrange (punto più alto della corsa, paragonabile alla Cima Coppi del Giro d’Italia) del Tour 2019. Si tratta della strada più alta d’Europa, e ci si arriverà attraverso tre gran premi della montagna. Dall’Iseran, scalato soltanto in 7 precedenti occasioni, picchiata sino all’imbocco dell’ultima asperità di giornata, ovvero il Montèe de Tignes, 7,5 km al 7%. Ultima, emozionante, frazione alpina la Albertville-Val Thorens, 130 chilometri contraddistinti dagli ultimi 33 in salita, fino ai 2365 metri del traguardo, uno dei maggiori comprensori sciistici di tutta la Francia. Tappa finale con la classica passerella sugli Champs-Elysée, che porterà in trionfo il corridore che vestirà la centesima maglia gialla della storia.

 

La magia delle pedalate in montagna

 

I favoriti

 

Sul cast della Grande Boucle numero 106 pesano, indubbiamente, le assenze di Chris Froome e Tom Dumoulin. Dopo la conquista del Giro d’Italia dello scorso anno, il britannico della INEOS aveva incentrato l’intera stagione sulla conquista del quinto Tour de France, impresa riuscita soltanto ai grandissimi Jacques Anquetil, Eddy Merckx, Bernard Hinault e Miguel Indurain. A scombussolare i piani, e i sogni, di Froome la caduta nella ricognizione della cronometro nell’ultimo Giro del Delfinato, breve corsa a tappe che funge da preparazione all’appuntamento col Tour de France, in cui il britannico ha riportato la frattura del femore e traumi vari. Dumoulin, invece, è stato costretto a sventolare bandiera bianca dopo la caduta nella tappa di Frascati nell’ultimo Giro d’Italia.

 

L’assenza dei due big offrirà incertezza alla corsa. In pole position scatterà il Team INEOS che, pur privo di Froome, schiererà ai nastri di partenza il campione in carica Geraint Thomas e l’astro nascente Egan Bernal. Thomas, reduce da una stagione sin qui da dimenticare, avrà l’arduo compito di confermarsi sulle strade di Francia dopo l’inaspettato successo di dodici mesi fa. Da verificare se sulle prestazioni del gallese influirà la caduta rimediata nel corso dell’ultimo Tour de Suisse, corsa conquistata proprio dal compagno di squadra Bernal. Classe 1997, il colombiano ha già impressionato al Tour della passata stagione, disputato in appoggio ai capitani Thomas e Froome. Dopo il forfait al Giro per infortunio, Bernal ha preparato l’appuntamento con la Grande Boucle imponendosi, oltre che in Svizzera, anche nel campionato nazionale colombiano a cronometro. A supportare i due capitani un roaster stellare composto dall’ex iridato Michal Kwiatkowski, Wout Poels, il trentino Gianni Moscon, Jonathan Castroviejo, Dylan Van Baarle e Luke Rowe.

 

Froome e Dumoulin: due grandi assenze

 

In seconda battuta, nel lotto dei favoriti troviamo anche Nairo Quintana. Il capitano della Movistar viene da un paio di stagioni in ombra, ed è a caccia del successo al Tour de France che gli consentirebbe di conquistare la Tripla Corona, vale a dire il successo in tutte le grandi corse a tappe. Quintana, affidatosi ai consigli dell’ex campione Michele Bartoli per sfatare il tabù della Grande Boucle, avrà in appoggio una squadra più che competitiva in montagna, in cui spicca la presenza del campione del mondo Alejandro Valverde, e di Mikel Landa, ottimo quarto al Giro d’Italia. Tra i corridori più agguerriti impossibile non citare il duo transalpino Bardet-Pinot. I francesi non vincono un Tour dal lontano 1985, quando l’ultimo successo in giallo di Bernard Hinault diede inizio al lungo digiuno. A 34 anni di distanza dall’impresa del Tasso, un Paese intero farà affidamento sulle prestazioni dei due “rivali” Romain Bardet e Thibaut Pinot. Il primo viene da due podi nelle ultime tre edizioni, è forte in salita ed in discesa ma pecca a cronometro. Pinot, al contrario, arriva da due anni in cui ha raccolto buone prestazioni al Giro e nello scorso ottobre ha conquistato il Giro di Lombardia, la classica monumento più adatta agli scalatori.

 

Tra gli outsider di lusso, in primo piano le ambizioni di Jakob Fugslang. Il danese, in forza all’Astana Pro Team, è reduce da varie annate di gregariato in cui ha raccimulato poche soddisfazioni personali. Nei mesi scorsi è arrivata l’esplosione definitiva: primo posto alla Vuelta Andalucia, secondo alla Strade Bianche, terzo alla Tirreno Adriatico, terzo all’Amstel Gold Race, secondo alla Freccia Vallone e primo alla Liegi-Bastogne-Liegi. Non pago del cospicuo bottino di primavera, Fugslang ha fatto suo anche il Giro del Delfinato, mostrando già una buona condizione fisica in vista del Tour. A supporto del danese una Astana che schiera, tra gli altri, Luis Leon Sanchez, Gorka Izaguirre, Alexey Lutsenko e Pello Bilbao. Tanta roba. Da inserire nel plotoncino degli outsider di lusso anche i gemelli Adam e Simon Yates, con il primo a caccia della definitiva consacrazione nei G.T., ed il secondo a riscattare l’opaca prestazione al Giro d’Italia, chiuso con un mesto ottavo posto dopo aver accentrato su di sé i favori della vigilia. Nel lotto anche Rigoberto Uran, Daniel Martin, Steven Kruijswijk e l’eterno deluso Richie Porte. Tra i giovani più attesi, riflettori puntati sullo spagnolo Enric Mas, al banco di prova dopo il secondo posto alla Vuelta a Espana della scorsa stagione.

 

Occhi puntati su Nairo Quintana

 

Le ambizioni italiane

 

A portare in alto i colori azzurri saranno i due alfieri del ciclismo italiano Vincenzo Nibali e Fabio Aru. Il siciliano viene dal secondo posto al Giro e punterà più sulle vittorie di tappa che su un piazzamento in classifica generale. Affascinante l’ipotesi di una eventuale lotta per la maglia a pois di miglior scalatore, riconoscimento che darebbe ancor più lustro alla già splendida carriera di Nibali. Discorso differente per Aru, che ha saltato l’intera prima parte di stagione causa infortunio, e si è ripresentato in buona forma al Tour de Suisse e al campionato italiano. Il sardo ha già dichiarato di voler puntare alle vittorie parziali, ma non è escluso un suo impiego nello scacchiere tattico della UAE Team Emirates, che vede accentrati i gradi di capitano su Dan Martin.

 

Il Tour degli “altri”

 

Oltre ai protagonisti attesi alla lotta per la centesima maglia gialla, il Tour 2019 vedrà la presenza di molti tra i protagonisti del ciclismo mondiale. Sul fronte volate, il faro tra gli sprinter sarà il nostro Elia Viviani, voglioso di riscattare un Giro sottotono, e già focalizzato sulla volata di Bruxelles che metterà in palio la prima maglia gialla. Rivali principali l’ex campione del mondo Peter Sagan, in cerca della storica settima maglia verde di leader della classifica a punti (impresa mai riuscita a nessuno), Dylan Groenewegem, Alexander Kristoff, Michael Matthews, Caleb Ewan, Andrè Greipel e i due italiani Sonny Colbrelli e il campione europeo Matteo Trentin. Ad animare la corsa anche gli specialisti delle classiche Julian Alaphippe, vincitore dell’ultima Milano-Sanremo, Greg Van Avermaet, Oliver Naesen, il nostro Alberto Bettiol, trionfatore nell’ultimo Giro delle Fiandre, Maximilian Schachmann, Jasper Stuyven, Tiesj Benoot, Tim Wellens e l’attesissimo ex ciclocrossista Wout Van Aert.

 

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Luca Pulsoni

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