Perché la storia non si può interpretare arbitrariamente.
Dobbiamo essere onesti: poche cose ci appaiono di cattivo gusto come il moralismo postumo cui stiamo assistendo in questi giorni maledetti. L’ultimo affondo retorico l’ha lanciato Jurgen Klopp con alcune dichiarazioni da novello Erasmo da Rotterdam: «Quando Roman Abramovic ha acquistato il Chelsea, a nessuno è importato granché. A qualcuno è mai importato qualcosa quando il Newcastle è stato comprato dal fondo saudita? è ovvio da dove provengano i soldi. Tutti lo sapevano, e tutti l’hanno accettato. Questa è la nostra colpa. Lo abbiamo accettato».
Tutti in piedi, l’allenatore-demagogo senza peli sulla lingua ha parlato. Klopp speaks facts. Certo, anche lui a posteriori. Moralismo postumo, dicevamo, ma anche giustizialismo retroattivo. Come si fa ad interpretare la storia (e i fatti che la scandiscono) senza tener conto del tempo storico? Cosa dire del Time che nel 1938 incoronava Adolf Hitler uomo dell’anno? O di Churchill quando definì Mussolini «genio romano, il più grande legislatore vivente, colui che ha mostrato a molte nazioni come si può resistere all’incalzare del socialismo»? Li si può oggi accusare di essere stati collaborazionisti?
La verità è che gli uomini, e così la storia, non sono blocchi di granito inscalfibili, ma anime malleabili, mutevoli, imprevedibili. E l’atteggiamento di chi ora pubblica le liste di proscrizione verso chiunque abbia flirtato con Putin o la sua Russia è inutilmente demagogico e ottuso. Badate bene, l’atteggiamento di Klopp non è poi così distante dal clima russofobo che stiamo respirando in questi giorni infausti. Ma la nostra critica, che dell’argomento ha già ampiamente trattato, si spinge oggi più in là.
Klopp con quelle parole non solo (i) fa del becero giustizialismo – lo stesso di cui si nutrono, tanto per capirci, la macchina social e la cancel culture – ma (ii) accusa la società di cui fa volentieri parte di essere globalizzata, consumistica, appunto paradossalmente occidentale.
Cosa significa infatti fare affari con l’Orso cattivo o con il ricco Maometto (ammesso che la questione possa ridursi a una simile stereotipizzazione, anch’essa tipicamente occidentale) fregandosene altamente dell’eventuale eticità di quegli affari se non agire alla maniera occidentale? Lo avevamo scritto anche a proposito di Qatar 2022: non possiamo indignarci del clima omofobo soggiacente all’organizzazione dell’evento, o delle tante morti sul lavoro per la costruzione degli impianti, se poi partecipiamo tranquillamente alla competizione con ricco guadagno per tutti. Non basta la maglietta di denuncia contro Qatar 2022 dei giocatori nel riscaldamento pre-partita se poi quegli stessi giocatori scendono in campo per un match di qualificazione valido per il mondiale di cui vanno denunciando gli efferati crimini.
Klopp dice certe cose, noi gli rispondiamo. Grazie a Dio siamo in una società democratica, liberale e libertaria – si spera. Però, appunto, non dimentichiamoci cosa significa far parte di questa società. Significa, sempre grazie a Dio, fare affari con chi non la pensa come noi, persino con chi si suppone pericoloso (davvero avete il coraggio di dire che il Putin con cui mezza Europa ha fatto affari fino all’altro ieri è lo stesso che ha mosso i propri carri armati su Kiev?) fino a prova contraria.
No, caro Klopp, Abramovich non è un mostro. E se nessuno ha detto niente quando ha acquistato il Chelsea ormai più di un ventennio fa, è perché evidentemente non c’era motivo di farlo. Delle due l’una, Jurgen: o spingi la critica fino in fondo, ma allora ti vogliamo sul montarozzo come Unabomber, oppure continui – legittimamente – a fare il tuo mestiere, guadagnando lautamente e scendendo – sempre legittimamente – sul terreno del compromesso. Quello che, in linea con l’erasmiano et-et, caratterizza l’occidente.