Ora, magicamente, si torna a parlare di sport russo.
Non serve la palla di vetro per immaginare che a breve si tornerà a parlare del campionato di calcio russo. E se volessimo fare una previsione alla Orsini, dalla geopolitica alla geocalcistica, le squadre russe potrebbero addirittura tornare a giocare le competizioni europee nel prossimo autunno.
Al più tardi, con un pronostico meno ottimistico e ragionando sulla macchinosità dell’assegnazione degli slot di Champions, Europa e Conference League, ci vorranno ancora due anni; nel frattempo, ne sono passati tre da quando, a causa dello scoppio della seconda fase della Guerra ucraino-russa, il 28 febbraio 2022, cioè a soli quattro giorni dall’invasione delle forze terrestri dell’Armata Rossa – la nazionale e le squadre del campionato russo sono state estromesse da Fifa e Uefa da tutte le competizioni internazionali, maschili e femminili.
Oggi però, con la prevedibile fine del conflitto, probabilmente verranno riammesse con lo stesso approssimativo automatismo con il quale erano state escluse. Lo stesso è possibile che avvenga, magari con un po’ di vergogna in più degli organismi sovranazionali del calcio e facendo passare qualche altro mesetto, con le sponsorizzazioni russe che negli anni avevano fatto ricca la federazione europea (ricordate Gazprom, multinazionale di gas naturale controllata dal governo russo, sempre in bella vista nelle pubblicità della Champions League?).
Gli atleti di altri sport non di squadra, pur senza inno e senza bandiera, hanno potuto continuare a gareggiare, anche se tra molte e comprensibili difficoltà. Il calcio no, quasi fosse (e lo è) simbolo d’altro, diretta rappresentazione del potere politico centrale. Eppure, nei primi vent’anni del nuovo millennio il calcio russo pareva per tutti la nuova frontiera mondiale del pallone; un misto tra utopia e programmazione – un po’ El Dorado, un po’ Soviet.
Si era partiti dall’immissione di capitali degni dell’attuale Arabia Saudita, con ingaggi di grandi calciatori che avevano portato ai successi internazionali dello Zenit di San Pietroburgo, squadra di proprietà proprio della Gazprom, e dello Spartak Mosca, di proprietà della Veb, ex banca, oggi istituto di sviluppo presieduto per legge dal primo ministro – lo Zenit ha vinto l’Europa League nel 2008, nel 2005 a riuscirci era stato un altro club russo: il CSKA Mosca; nel 2012 la Russia aveva scelto un grande allenatore italiano, Fabio Capello, come commissario tecnico della nazionale, e il tutto era culminato con l’organizzazione, nel 2018, del Mondiale più costoso di sempre . . .