Calcio
26 Giugno 2025

Dal Lione all'aquila

Analogie e differenze tra la gestione Textor e quella di Lotito.

Una tragedia, per quanto annunciata, rimane tale. Il 15 novembre del 2024, la Direction Nationale du Contrôle de Gestion (DNCG), l’organizzazione francese che monitora i conti delle società di calcio professionistiche, era stata chiara con l’Olympique Lyonnais: o i bilanci tornano in regola o verrete retrocessi. Anzi, aveva già stabilito in quel momento il passaggio del Lione nella seconda serie che poi, il 24 giugno, è stata, solo confermata. Nello specifico, la rétrogradation è conseguenza della violazione dell’articolo 11 [1] dell’appendice alla Convenzione tra Federcalcio francese (FFF) e Lega Calcio (LFP, che in Francia è unica per Ligue 1 e 2), quella che istituisce appunto la DNCG.

Il presidente John Textor, uomo d’affari americano, alla guida del Lione dal 2022 dopo l’epopea di Jean-Michel Aulas, forte forse del fatto che la sua squadra è una delle più importanti di Francia, era convinto di sfangarla, malgrado l’ultimo bilancio presentasse un rosso di 505,1 milioni (e non di 175 come viene spesso riportato dai media sportivi italiani; quelli erano, in realtà, i milioni richiesti ufficiosamente dalla DNCG come totale delle entrate necessarie all’OL per tirarsi fuori dai guai).

Forse, però, Textor dimenticava che i francesi, che conoscono bene la differenza tra riverenza e deferenza, hanno, senza grosse remore, tagliato la testa a Luigi XVI e Maria Antonietta – quindi figuriamoci se si potevano fare problemi a ghigliottinare il Lione.

E così, una squadra che ha partecipato ai quarti di finale della scorsa Europa League, a meno di difficili ricorsi, giocherà la prossima stagione, a causa dei suoi debiti, nello Championnat de France de football de deuxième division. Vi ricorda qualcosa? Forse sì, soprattutto a chi si aggira nel panorama sportivo romano, sponda Lazio, scosso dalle ultime parole del patron Claudio Lotito sul valore della rosa, dal famoso indice di liquidità che bloccherà il mercato biancoceleste e dal bilancio in rosso (208 milioni a fine 2024, in probabile peggioramento dato il mancato accesso alla prossima stagione europea). Eppure occhio ai miraggi.

Ma andiamo per gradi, rimaniamo a Lione. Dopo la prima sentenza della DNCG di novembre scorso, i media francesi del settore avevano pronosticato una campagna cessioni pesantissima nella sessione invernale di calciomercato – con l’unico scopo di risanare, almeno in parte, i conti in rosso. Invece, al di là di Maxence Caqueret, andato al Como per 15 milioni, Gift Orban venduto all’Hoffenheim per 9 e Jeffinho spedito al Botafogo per 5,3 (‘spedito’ a tutti gli effetti perché il presidente delle due società è lo stesso) – non si è mosso praticamente niente, anche se hanno inciso positivamente la partenza a titolo gratuito di Anthony Lopes e il mancato rinnovo del contratto di Alexandre Lacazette, in scadenza, due degli stipendi più pesanti.

Sul fronte degli acquisti almeno, per decenza, è entrato solo Thiago Almada, in prestito gratuito, sempre dal Botafogo. Il valore della rosa è comunque di tutto rispetto (quasi 200 milioni totali, anche al netto della cessione per 42,5 milioni di Rayan Cherki al Manchester City) ma è chiaro che a questo punto la svalutazione sia davvero dietro l’angolo. Difficile che i vari Malick Fofana, Georges Mikautadze o Moussa Niakhaté valgano ancora una settantina di milioni. Il supermarket lionese è pronto ad aprire – con grande scorno dei tifosi che, oltre al danno, avranno anche la beffa.



John Textor ha provato a salvare il Lione, è vero – senza fornire però le giuste garanzie all’intransigente organo di controllo francese. La gestione del Lione nell’ultimo triennio, comunque, sembrava virtuosa. Il traguardo dell’autofinanziamento (vero mantra del calcio sostenibile del nuovo millennio – a meno che non si abbia una presidenza araba), a una prima occhiata, sembrava essere stato raggiunto. E questo, probabilmente, ha confuso più di qualcuno.

Il confronto tra acquisti e cessioni, infatti, ci racconta di un -70 nella stagione appena trascorsa, certo, ma di +30 in quella precedente e di un +50 nella prima annata della proprietà americana. Lo sgomento tra i sostenitori della squadra nella valle del Rodano è, a maggior ragione, enorme. Ancora di più pensando, come detto, al +42,5 milioni fino a questo momento nel mercato in corso. Ma, a dispetto di ciò che pare, non si tratta di una caccia alle streghe – bensì di un nugolo di operazioni poco chiare da parte di Textor. Perché se è vero che l’erba del vicino è sempre più verde (e se da una parte il decisionismo francese alletta le anime giustizialiste, dall’altra gli altri presidenti tendono a sembrare sempre migliori) – è pur vero che tutto il mondo è paese.

La Eagle Football Holdings Ltd. del cowboy di Kirksville, Missouri, detiene quote di maggioranza, oltre che del Lione, anche del Botafogo in Brasile e del Molenbeek in Belgio (fino a pochi giorni fa anche quote consistenti, il 40%, del Crystal Palace, vendute per 200 milioni sempre nell’ottica di salvare l’investimento in Francia). Fin qui nessun problema, la pratica della multiproprietà è diffusa. Invece lo è meno, soprattutto se in maniera così sfacciata, quella di prendere fondi recuperati dalla cassa di una delle società e dirottarli esplicitamente e senza nascondimenti nelle casse di un’altra – come detto chiaramente dallo stesso Textor in un’intervista a RMC Sport [2] e come appare lampante nei media brasiliani e francesi.


I cosiddetti post invecchiati malissimo


Per ‘O Globo’, il Botafogo è diventato il bancomat del Lione [3], mentre è stato ‘Le Progrès’ a svelare che la squadra brasiliana ha trasferito a quella francese i diritti economici delle future cessioni di alcuni suoi giocatori per un centinaio di milioni, nascondendo l’informazione in un emendamento di qualche mese fa (a pagina 8 di 96[4]) al documento di registrazione universale della Eagle. [5] Uno di questi calciatori dovrebbe essere proprio quel Thiago Almada che il Botafogo ha prestato senza nessun conquibus a gennaio al Lione, come riportato sopra, e di cui (è bene ripeterlo perché la cosa ha dell’incredibile), una volta venduto, il Lione, e non il Botafogo, incasserà i proventi.

Probabile che sia questa la pratica, quantomeno discutibile sul piano della giustizia sportiva anche per i nostri parametri, che ha portato all’illecito e alla retrocessione – ma per capirci qualcosa di più bisognerà attendere le motivazioni della DNCG e il successivo ricorso del Lione, con annesso bilancio della Eagle al 30 giugno.

La situazione del Lione, dunque, è bene chiarirlo, non era affatto in via di risoluzione (almeno non nel breve periodo) e quindi è impossibile fare raffronti con alcune società italiane. Toccherà fare uno sforzo ulteriore e andare oltre al giustizialismo e ai paragoni fin troppo arditi tra sistema francese e italiano. Non c’è in Italia, come non c’è in Francia, una legislazione di facile comprensione sull’economia calcistica (motivo per il quale non esiste, di conseguenza, un meccanismo chiaro neanche a livello europeo). Ogni paese ha legiferato differentemente – e se da noi ci si basa sulla liquidità, oltralpe il discrimine è la solvibilità. Si tratta di questioni collegate – ma differenti. La prima riguarda la presenza o meno di denaro, appunto, liquido, per coprire le spese correnti; la seconda, invece, concerne la possibilità o meno di fare fronte ai debiti.

Voglio essere chiaro: per parlare male della gestione di Claudio Lotito, uno su tutti (ma il discorso vale per Dan Friedkin, per John Elkann, per Oaktree, per RedBird), non serve entrare nelle beghe francesi – basta svelare, se non gli illeciti, intanto le tante contraddizioni che razzolano dentro i fatti. E contra factum non valet argumentum. Ma insisto: non serve sovrapporre le sentenze francesi, la loro legislazione, alle nostre squadre. Questo atteggiamento equivarrebbe a giudicare un reato commesso sul suolo di un paese con le leggi di un altro. Il che non solo sarebbe ingiusto, ma è sostanzialmente un’aporia che rischia di fare addirittura il gioco di chi si vuole criticare. Si tratta di una questione metodologica, di ricerca, di analisi, di deontologia. Insomma: la cacca puzza perché è cacca – non perché esiste, da qualche altra parte, lo Chanel n. 5.


[1] https://media.fff.fr/uploads/documents/dncg-saison-2024-2025.pdf

[2] https://rmcsport.bfmtv.com/replay-emissions/rothen-regale/l-interview-explosive-en-integralite-de-john-textor_EN-202501130882.html

[3] https://ge.globo.com/futebol/times/botafogo/noticia/2024/11/17/entenda-como-os-problemas-financeiros-do-lyon-podem-impactar-o-botafogo.ghtml

[4] https://bdif.amf-france.org/fr/details/D_24-0843-A01

[5] https://www.leprogres.fr/sport/2025/02/11/trois-joueurs-de-botafogo-doivent-rapporter-98-5m-a-l-ol?login=1

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