Papelitos
20 Agosto 2025

Il MyClubPass di DAZN è un'operazione tragicomica

Sono tutti stupidi tranne noi (semicit.).

Altro campionato, stessa storia. Ci risiamo: quelli di Dazn ne hanno combinata un’altra, l’ennesima ci verrebbe da aggiungere. Dopo gli aumenti di prezzo a campionato in corso (e quindi ad abbonamenti, dunque contratti, già sottoscritti), pratica ai limiti della legalità, e l’offerta dello scorso finale di stagione, ritirata in fretta e furia per via delle polemiche, ecco che, ai nastri di partenza della stagione 2025-2026, Dazn ha dimostrato ancora una volta il suo – a questo punto quasi stimabile – distacco dalla realtà.

Perchè delle due l’una, per quanto riguarda la nuova offerta lanciata dal “colosso” dello streaming sportivo: o si tratta di una boutade, di una provocazione, quasi di uno scherzo, oppure dell’opera di chi vive altrove, su un altro pianeta non solo rispetto a quello delle esigenze dei tifosi ma, peggio, rispetto a quello delle logiche economiche e commerciali di base – e che magari crede anche di essere più furbo degli altri.



Per provare a spiegare cosa dev’essere passato nella testa dei responsabili di Dazn Italia, potremmo partire con la vena comica e una citazione di Homer Simpson: “Sono tutti stupidi, tranne me”. Sì perché chi ha avuto l’idea del “MyClubPass”, almeno in un primo momento, dovrà aver pensato proprio questo: un abbonamento per seguire tutte le partite di Serie A, ma soltanto della propria squadra del cuore. E fin qui, direte, cosa c’è di strano.

Si tratta di una forma di abbonamento – o pacchetto, come piace chiamarlo dalle parti di Via Rosellini, e chissà che l’idea non venga inserita nel prossimo bando dei diritti tv – che esiste già dai primi tempi di Sky, e che Dazn ha voluto riproporre a partire da questa stagione. Tutto molto bello, peccato che l’idea rischi di naufragare ancor prima di partire. Il motivo? Il prezzo.

Se infatti il piano “Dazn Full”, che garantisce la possibilità di avere tutte le partite di Serie A, ha un costo di 44,99€ al mese (34,99€ con vincolo di dodici mensilità e 359€ se pagati tutti in un’unica soluzione, quindi 29,92€ al mese), come si può pensare di proporre il nuovo “MyClubPasss” alla cifra di 29,99€ al mese? Facendo due semplici conti infatti, stiamo parlando di appena quattro partite mensili (non sono incluse le coppe) con un risparmio risibile, considerato anche che per questo piano si è vincolati per 12 mesi.

Se si paga di mese in mese il prezzo è allora di 30€ contro i 35€ del full, se si salda in un’unica tranche 329€ contro i 359€ del full (30€ in meno, 2,50€ al mese di risparmio). Il tutto, ripetiamo, per poter vedere SOLO le partite di campionato della propria squadra.

Mentre però tutti gridano allo scandalo, provando a mettere in ridicolo una multinazionale che della propria immagine ha dimostrato di tenerci meno di zero, c’è chi forse ha capito il trucco. Da anni ormai il dibattito per quanto riguarda lo streaming del calcio italiano è diventato monotematico: il prezzo degli abbonamenti. E allora ecco che quei geni incompresi di Dazn hanno ben pensato, davanti a un’offerta mal digerita da gran parte della popolazione (noi dovremmo pagare 45€ al mese per seguire la Serie A, in Francia con il canale ufficiale della Ligue 1 il prezzo è di appena 19€, e di 15€ anziché 35€ con il vincolo annuale), di proporcene una ancora più sconveniente.

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L’obiettivo, ovviamente, è quello di far sembrare il pacchetto “Dazn Full” come un’offerta conveniente, da prendere al volo. Perchè se la nuova proposta è di pagare 30 al mese per 4 partite, allora tanto vale pagarne 35 per vederle tutte, non trovate? Un altro incredulo tentativo di prendere in giro il tifoso – pardon, il consumatore – che, oramai si è capito da tempo, nessuno vuole tutelare.

E cosi, invece di avviare un progetto serio, con un’idea strategica del futuro prossimo come quello messo in piedi dai Presidenti dei club francesi (costretti, c’è da dirlo per onestà intellettuale, dalla ritirata dello stesso Dazn), ecco che i 20 “capi” della Serie A faranno ancora una volta da sponsor (in)volontari la pirateria, l’unica in Italia a offrire dei “prezzi” competitivi. Perché la verità, nel fondo, è che la bolla dei diritti televisivi sta scoppiando per i campionati nazionali, i quali hanno sempre meno appeal e valgono (economicamente) sempre di meno.

Continuare a stare appesi ad essi è il risultato di una classe dirigenziale approssimativa, priva di visione, la quale aspetta l’iniezione di liquidità dei diritti televisivi come un tossicodipendente attende quella della dose. È il modello che è sbagliato, tra club indebitati e nessuna politica di crescita per il calcio italiano, bloccato da troppi interessi di parte, ma quello è troppo difficile da cambiare. Più facile riattaccare con il solito leitmotiv secondo cui sarebbe la stessa pirateria ad uccidere il calcio. Non di certo l’incompetenza di broadcaster e presidenti.

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