Il 20 maggio 1916, dopo quattro figli maschi, la famiglia Valla viene benedetta dall’arrivo di Trebisonda, il cui nome è scelto dal padre in omaggio alla bellezza dell’omonima città turca, affacciata sul Mar Nero. La bambina cresce vivace e sportiva, le pieghe dei capelli crespi incorniciano gli occhi determinati ed il volto è illuminato dal radioso sorriso, che solo la spensierata giovinezza può schiudere.
Ad undici anni, quando frequenta la quinta classe della scuola elementare “Salvatore Muzzi” nel natio capoluogo emiliano, si cimenta nella “Coppa Bologna”, competizione che coinvolge tutti gli istituti della città. Durante la manifestazione si mette in luce agli occhi del tecnico Francesco Costa, tanto che due anni dopo è convocata presso i locali interni dello stadio Littoriale, in occasione della prima riunione cittadina di atletica leggera per alunne.
Qui, “Ondina” raccoglie i primi successi, nelle gare di salto in alto ed in lungo, conoscendo poi Claudia Testoni, con cui coltiverà un rapporto di amicizia, condita da accesa rivalità agonistica, che durerà la carriera e l’arco di un’intera vita. Nel frattempo “Bologna Sportiva“, la società patrocinata dal podestà Leandro Arpinati con l’intento di raccogliere tutte l’attività sportiva felsinea, organizza una riunione di atletica internazionale, a cui prendono parte le rappresentative di Francia, Gran Bretagna, Polonia, Cecoslovacchia ed Italia. La nostra protagonista, non manca all’appuntamento ed il quotidiano locale, “Il Resto del Carlino”, la esalta così:
«La Valla è stata la rivelazione della giornata e ha assai favorevolmente impressionato anche i tecnici e le concorrenti estere; è giovanissima, non avendo ancora compiuto i 13 anni. Ha saltato m. 1,35 in alto e m. 4,72 in lungo, misure meravigliose per un elemento così giovane che, unitamente alla sicurezza dello stile, testimoniano di una classe così sicura da consentirgli a maturità atletica raggiunta, le più grandi speranze, purché s’intende, non abusi della sua energia».
Così nel 1929, la prima stagione agonistica si conclude con le prove dei brevetti, in cui Ondina vince negli 80 metri piani e ad ostacoli, ottenendo il massimo livello e consacrando così il suo status di “promessa”. L’anno successivo, la vittoria sul Belgio a Napoli le offre l’opportunità di esordire con la selezione tricolore, guidata dal CT Marina Zanetti, negli 80 metri ad ostacoli. Nella seguente gara di Firenze, sulla pista del Giglio Rosso di viale dei Colli, arriva il primo record italiano di 14″, che le apre le porte dei III Giochi Mondiali Femminili, da disputarsi a Praga nel settembre del 1930. Qui, la quattordicenne bolognese riesce a migliorare il suo primato, tuttavia non supera la semifinale, anche a causa di un forte vento che soffia in direzione trasversale alla pista. Se il viaggio di ritorno dalla capitale cecoslovacca ha un sapore dolce-amaro, appena un mese dopo, i campionati italiani femminili riservano alla Valla una clamorosa tripletta, grazie al nuovo primato negli 80m ad ostacoli ed alle gare del salto in alto con rincorsa e da ferma.
Successivamente tali superbe prestazioni vengono ribadite alle “Olimpiadi della Grazia”, tenutesi nella città medicea nel maggio 1931. La manifestazione, giunta alla quarta edizione, è un’iniziativa della francese Milliat, volenterosa di superare l’ostracismo del barone De Coubertin nei confronti dello sport in rosa. Pertanto, quando nel ’32 Ondina fa registrare il nuovo primato italiano di 12″ 3/5, la sua convocazione per i Giochi Olimpici di Los Angeles appare ormai scontata.
Anche lo stesso partito fascista immagina già di celebrare questo precoce e prodigioso esempio di doti atletiche e caratteriali, presentando al mondo un perfetto esito della promozione dello sport e del ruolo emancipato della donna nella società italiana. Tuttavia, è ancora fresco l’inchiostro con cui Mussolini ed il segretario di stato vaticano, cardinale Gasparri, hanno siglato i Patti Lateranensi, risolvendo la “Questione romana”. Così, quando il pontefice Pio XI si oppone pubblicamente alla partecipazione femminile alle venture Olimpiadi, prevale il timore di compromettere nuovamente i rapporti con la Santa Sede e la Valla deve rinunciare all’esordio olimpico.
In particolare sarebbe stato “sconveniente” per lei gareggiare in pantaloncini corti. Ad ogni modo, ai Giochi Internazionali Universitari di settembre, a cui partecipa grazie ad un nullaosta, l’atleta bolognese dimostra di aver superato la delusione per la mancata convocazione. Infatti, nei tre giorni di gara disputate a Torino, sale sul gradino più alto del podio nei 100m, nel salto in alto, negli 80m ad ostacoli e nella staffetta 4x100m. Quindi, non riesce a farsi valere ai Giochi Mondiali di Londra nel 1934, ma l’anno successivo festeggia ben 24 vittorie, di cui 7 primati nazionali, più uno eguagliato.
Nel frattempo Goebbels, ministro della propaganda del Terzo Reich, ha convinto Hitler a dare seguito alla decisione del CIO, che nel 1931 ha assegnato l’organizzazione della XI Olimpiade alla Germania. In particolare, se da un lato la manifestazione a cinque cerchi è un pretesto per mostrare al mondo l’efficienza degli apparati organizzativi dello stato nazista, dall’altro può distrarre l’opinione pubblica dai piani ben più impellenti e terribili, che vengono discussi nelle sale del Reichstag.
Così, quando la fiamma olimpica accende il braciere in cima al neonato Olympiastadion di Berlino, ben sette atlete compongono la squadra azzurra. Finalmente, sono partite dalla stazione di Milano la Valla dalla SEF Virtus Bologna, Claudia Testoni dalla Venchi Torino, Gabre Gabric, Lidia Bongiovanni, Fernanda Bullano e, come riserve, Alberta Davvicini e Franca Agorni.
Durante la mattinata del 5 agosto si corrono le batterie eliminatorie degli 80m ad ostacoli, che vengono superate brillantemente dalle due bolognesi, come poi le seguenti semifinali. Alle 17.30 del 6 agosto la Valla occupa la quinta corsia, mentre la Testoni è nella terza. Insieme a loro la tedesche Steuer ed Eckert, la canadese Taylor e l’olandese ter Braake. Dopo lo “start” trascorre poco più di una decina di secondi, poi quattro atlete giungono in contemporanea sul traguardo: si ricorre all’apparecchiatura “Kirby” della Ziel-Zeit Camera per decretare la classifica. Mentre i giudici confabulano ed esaminano la pellicola, gli spalti gremiti scandiscono già il nome della vincitrice: “Valla! Valla! Valla!“. Ed è proprio così, per 61 millesimi di secondo sulla Steuer. Invece appena 7 decimi separano l’altra azzurra dal bronzo, che cinge il collo della Taylor. Così, “Il Sole in un sorriso” illumina il gradino più alto del podio, celebrando il primo oro femminile della storia azzurra alle Olimpiadi.
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Ondina, pettorale 343, trionfa al fotofinish
“Avevo al collo la mia Madonnina di Bologna, ecco perché ho vinto!” E’ il “virgolettato” rilasciato a caldo che, se da un lato rivela l’ingenua emozione della ventenne, dall’altro forse contribuisce a placare l’annosa disputa tra i favorevoli ed i detrattori della spedizione femminile azzurra in terra di Germania. Qualche tempo dopo ben sedici querce, simbolo della divinità Thor e donate agli atleti iridati, sono piantate nel suolo d’Italia. Concluso il tripudio a cinque cerchi con un ricevimento a Palazzo Venezia, purtroppo per Ondina si apre un periodo di fastidiosi acciacchi fisici. In particolare sono le ginocchia a dolerle ed impedirle di gareggiare con continuità.
Infatti nel 1937, dopo aver stabilito il nuovo primato azzurro di 1.56m nel salto in alto, deve rinunciare a competere ai campionati europei ed italiani dell’anno seguente. Quando si cimenta nuovamente nella massima competizione nazionale, vestendo i colori della capitolina S.S. Parioli, vince il titolo nel salto in alto, ma deve arrendersi alla Testoni negli 80m ad ostacoli. La settimana successiva, il 28 Luglio 1940, è la data dell’ultima apparizione in azzurro della Valla. Il terzo posto nella sua gara preferita contro la Germania a Parma conclude la sua epopea in nazionale, anche se la sua carriera agonistica volge al termine soltanto tre anni dopo, quando ormai ricopre il ruolo di allenatrice per la Gozzi Sport di Ferrara.
Nel frattempo il 1943 rimane impresso nella biografia di Ondina per un altro motivo. Infatti, in un ambulatorio dell’Istituto Rizzoli di Bologna, specializzato in ortopedia, conosce lo specialista Guglielmo De Lucchi, con cui convola a nozze nemmeno 365 giorni dopo. Consumato il pranzo del rinfresco a base di pasta e fagioli, partono in bicicletta verso Vicenza dove lo sposo avrebbe dovuto prendere servizio. Tuttavia nella città berica non ci si sono più alloggi disponibili, così rientrano verso l’Emilia lungo un tragitto funestato dalle incursioni aeree degli Alleati. A offrire loro riparo, ospitandoli nella sua casa a Desola di Mantova, è proprio Claudia Testoni, che nel frattempo aveva raccolto lo scettro dell’amica sulle piste.
«Pensare a Claudia è pensare alle cose più belle della mia vita».
Nel 1945 Ondina dà alla luce l’unico figlio Luigi, quindi la famiglia si sposta tra Pescara, Salerno e Chieti, ovunque sia richiesta la perizia del Dottor De Lucchi. Nel 1955 si stabiliscono definitivamente a L’Aquila dove avviano la clinica di Villa Fiorita, abbandonata soltanto in seguito all’improvvisa morte del marito dieci anni dopo. Infine, quando nel 1978 i trofei e la medaglia di Berlino le vengono rubate da casa, il dolore è terribile.
«Di Berlino rammento la grandiosità dell’apparato. Di Hitler, invece, ho un ricordo confuso. Mi volle conoscere e stringere la mano. Mi disse qualcosa ma parlava in tedesco e io non ci capii nulla… Di quella vittoria mi rimase solo la quercia che veniva data ai vincitori. L’ho piantata a Bologna ed è cresciuta in un’aiuola vicino alla piscina coperta dello stadio».
Consolati cara Trebisonda. Che cosa può valere un frammento aureo, di fronte alla lucentezza di un alloro che sarà verde per sempre?