Il dualismo tra Simon e Martin Fourcade si è risolto in modo inaspettato, facendo la Storia.
I pesci combattenti sono fratelli che per loro natura lottano fino a quando uno non prende il sopravvento sull’altro. La loro esistenza è caratterizzata da qualità combattive che portano a una contesa fratricida, si amano e si detestano consumati dall’invidia, vivono un inganno che prima o poi presenterà loro il conto.
La storia che stiamo per raccontare parla di due fratelli, due pesci combattenti che hanno fatto della neve e non dell’acqua il loro habitat, due figure dalle fattezze simili, ma dall’approccio alla vita completamente agli antipodi. Il più vecchio, di nome Simon, è il sole che viene eclissato e come nella più classica delle saghe familiari, apre la via al più giovane, Martin. Martin è la luna che ruba la scena: appare pigro in gioventù, diventerà grazie al lavoro e a una testa con pochi eguali, il più grande (o quasi) biathleta di tutti i tempi. Per distacco il più importante atleta vivente dello sport francese.
La materia che li compone è neve, è polvere da sparo. Sono legati dall’ispirazione che la montagna riesce a dare a chi trova l’equilibrio interiore praticando sport e respirando l’aria rarefatta delle altitudini elevate.
Simon e Martin di cognome fanno Fourcade e sono protagonisti di due vite ribaltate, due carriere che decidono di non seguire alla lettera le pagine scritte sul libro del destino. Cresciuti nello stesso stagno, a caccia delle stesse prede, si feriscono, se le danno di santa ragione lungo i Pirenei catalani da Perpignano a Font Romeu, lungo le Alpi, fino in Canada, Russia, Moravia e Sud Corea. Basta che trovino neve, una carabina e un poligono. Simon nasce nel 1984 a Perpignano, nella Catalogna francese, e sviluppa le sue attitudini in mezzo alle montagne. Cerca la disciplina praticando Judo e la tecnica attraverso l’Hockey su ghiaccio. Nel frattempo, incoraggiato dal padre guida alpinista, inizia a praticare diversi sport sulla neve, in particolare lo sci di fondo, ma un po’ come la maggior parte dei ragazzi che si imbattono nel biathlon, decide di abbinare all’esercizio con gli sci stretti, carabina e poligono. Nel frattempo alla sua ombra cresce Martin, quattro anni più piccolo, simili come fratelli, a parte nel carattere.
Schivo, sensibile e serioso Simon, malizioso il minore Martin. Simon si trasferisce vicino Grenoble e si fa seguire da vicino da un ex biatleta di fama mondiale, frequenta il liceo sportivo a Villard de Lans considerata la fabbrica dei campioni in Francia, per Biathlon e Fondo. Simon capisce che è il momento di fare sul serio. Si mette sotto come è sua abitudine e a vederlo con gli sci ai piedi sembra nato in una baita, baciato dal dio del vento e cullato dalla neve. Martin, come tutti i fratelli minori, ammira le gesta del fratello più grande. In un certo senso vuole emularlo, dentro di sè vorrebbe superarlo e cerca di ripercorrerne le orme, provando lo sci di fondo (dove dimostra una certa attitudine) e innamorandosi del biathlon (dimostrando qualità anche al poligono). Martin è la sua ombra, lo stima e lo adora.
È il suo Dio, e si chiede: “Si può imitare un Dio?”
Martin vive tutto come un gioco, si diverte, vede il fratello prendere tutto troppo seriamente, mentre lui non è convinto di fare del Biathlon la sua vita. Simon è un vero lavoratore: quando lui è già in pista, Martin si rigira ancora nel letto. Simon passa le notti a sognare un titolo olimpico, Martin pensa alla neve croccante, all’odore pungente di pino. Quando vanno a sparare il piccolo Martin mostra doti innate, ma quello che lo frega è la voglia di lavorare. Se Simon è già il ritratto in divenire di un atleta professionista a Martin piace vivere. Sul grande palcoscenico della vita, uno è interpretato da Marlon Brando, l’altro da Charlie Chaplin.
Il Biathlon come tutti gli sport è una metafora, è crudeltà. È un bicchiere sempre mezzo vuoto. Toglie molto di più di quello che dà. Cosa può voler dire arrivare ad un poligono, con i muscoli fatti di acido lattico, con le pulsazioni a strapparti il cuore e dover puntare un cal.22 su bersagli di pochi centimetri a 50 metri di distanza? E quando si sbaglia, si sbaglia per quei pochi millimetri che dividono la gloria dall’oblio.
Iniziano così le prime schermaglie, dove è chiaro che Martin è solamente “il fratello di Simon”. L’approccio con il mondo agonistico ci mette di fronte a una realtà in cui il più vecchio dei due Fourcade ha le stimmate per diventare un grande, per ripercorrere le orme di chi era considerato il più forte biatleta francese: Raphaël Poirée. Una realtà completamente differente da quella che conosciamo oggi. Tra mondiali Junior e Youth, Simon Fourcade raccoglie 8 medaglie di cui 4 d’oro, lasciandosi dietro tra gli altri oltre a Eder, Moravec e Roesch, quello Svendsen che diverrà per lunghe stagioni l’antagonista principale di suo fratello Martin. Martin che per ovvie ragioni anagrafiche arriva più tardi, non è un signor nessuno, ma nemmeno sembra promettere di diventare quel Monsieur Biathlon che gli permetterà a suon di record, non solo di sedersi alla tavola dei grandi con Bjørdnalen, Fischer e Poirée, ma probabilmente di stare pure a capotavola e decidere le portate.
Il suo arrivo nel mondo dello sport agonistico è differente da quello di Simon o meglio ancora del ”Grande Simon”, come lo chiama lui. Mentre a livello nazionale sia nel fondo che nel biathlon appare di un’altra categoria rispetto ai suoi giovani rivali, ai mondiali Junior di Biathlon del 2008 non arrivano grandi risultati (niente medaglie, solo piazzamenti nei dieci). Le sue prestazioni sono inferiori a quelle dei suoi coetanei e rivali come Graf, Lesser, Beatrix, Schempp, (tutti classe ’88 come lui) o di Shipulin e Peiffer (’87), tutta gente che poi col tempo verrà maltrattata dall’uomo dei record di Fort Romeu. Nella stagione 2008/09 Martin entra più o meno stabilmente in Coppa del Mondo, senza risultati eclatanti e senza partecipare ai mondiali Youth in Canada, dove brillerà Lukas Hofer, che regalerà due clamorosi ori all’Italia. L’estate successiva, le cronache da Fort Romeu, dove era tornato dopo aver passato anche lui qualche anno sulle Alpi, raccontano di un Martin Fourcade che inizia a lavorare sul serio. Dimostra prima un passo sugli sci da atleta di livello assoluto nel fondo per poi iniziare a salire di prestazioni anche imbracciando la carabina.
I pesci combattenti in spazi stretti sono costretti a volte a uccidersi fra di loro, per determinare la supremazia territoriale di uno sull’altro.
La trasformazione è in atto: quel processo d’inversione di marcia che porterà ai fatti di Vancouver è in pieno moto. Tra i fratelli Fourcade sta per rompersi qualcosa, i pesci iniziano a sentire stretto il microcosmo in cui sopravvivono e un fatidico giorno, durante le olimpiadi canadesi di Vancouver nel 2010, quel mondo si capovolge. È la rivoluzione in casa Fourcade. Simon arriva a quella manifestazione, la più importante per ogni carriera di uno sportivo, al massimo della forma. Ha 25 anni, è giovane, ma in lui è sopraggiunta la maturità necessaria per lottare su ogni traguardo. È leader della classifica generale di Coppa del Mondo, pur non avendo mai vinto ancora una gara a livello individuale (e, attenzione, mai ci riuscirà). Martin è ancora un tenero felino, che aveva appena iniziato a far vedere zanne e unghie. In quelle olimpiadi la Francia del Biathlon trova il jolly grazie a Vincent Jay che sbaraglia il campo nella prova sprint. La nazionale transalpina aveva vinto il primo oro maschile del biathlon solo 4 anni prima con Defrasne arrivando dove nemmeno il più grande di tutti (fino all’avvento di Martin Fourcade), ovvero Raphaël Poirée, era mai riuscito (Poirée appartiene a quella cerchia di grandissimi dello sport che non hanno mai vinto un oro olimpico).
La gara che ha cambiato tutto: con 3 errori al poligono Martin arriva pochi secondi dietro Ustyugov (perfetto con l’arma). Simon, con un solo errore, sarà 14esimo
È il 21 febbraio, il giorno della Mass Start. I galletti sognano il bis. Martin, ventidue anni ancora da compiere, si regala una medaglia d’argento che ha dell’incredibile. Simon accusa il colpo: è invidia dirà, non poteva sopportare che il fratello, con meno talento, quello che aveva voluto fare Biathlon per ripercorrere le sue orme, si fosse preso la copertina. Non poteva immaginare che suo fratello, che solo da poco aveva iniziato ad allenarsi come un atleta professionista, potesse aver conquistato una medaglia.
Da lì Martin demolirà ogni record. Il lavoro, la costanza, la ricerca della perfezione nello stile sugli sci e nello sviluppare un motore senza eguali, la testa (e che testa), la capacità di gestione, tutto ciò che sembra così banale e scontato, porterà Martin a prendersi tutto, lasciando a Simon solo le briciole (si fa per dire: una coppa di specialità, diversi podi in coppa del mondo, medaglie mondiali con la staffetta). Per un lungo periodo, la voglia di Simon di battere il fratello minore diverrà un’ossessione. Diverranno pagine di odio scritte a caratteri cubitali, una lotta interiore da cui per anni non si riuscirà a liberare. Divorato dall’interno da un tormento dalle orribili fattezze lovecraftiane, la stagione post olimpica per lui è un autentico martirio. Simon penserà anche al ritiro. Martin invece cambia marcia, finisce la stagione tra la Finlandia e la Norvegia con tre vittorie (le prime per lui in Coppa del Mondo) e un altro podio.
Otto anni dopo le vittorie per “le kid de la Llagonne” sono diventate 69 compresi 2 ori olimpici e 10 ori mondiali e il discorso è ancora in divenire a poche settimane dalla missione in Corea del Sud, con altri titoli da assegnare in Coppa del Mondo oltre che la Classifica Generale. Per lui ci sono anche 6 Coppe del Mondo consecutive (record assoluto), un titolo mondiale con la staffetta mista, 21 Coppe di Specialità (altro record assoluto). In mezzo, Sochi, Giochi Olimpici del 2014, Martin Fourcade diventa definitivamente l’eroe tricolore: oltre ai due ori già citati arriva anche un argento.
L’anno dopo il lemma “Martin Fourcade” viene inserito nel dizionario di lingua francese Petit Robert, tra un’opera di Molière e la città di Fourchambault .
A Simon non resta che farsene una ragione. I due nel frattempo si sono riavvicinati, stringendo in maniera passionale quel legame che solo i fratelli possono avere. L’emblema di quello che rappresentano le loro carriere avviene il 6 gennaio del 2018. Martin batte l’ennesimo record vincendo l’inseguimento di Oberhof, Simon invece, un migliaio di chilometri più a est va a vincere in IBU Cup, una sorta di serie B – si passi il termine – del Biathlon. E se Martin sarà portabandiera della sua nazionale a PyeongChang, Simon che probabilmente non avrà il visto per i giochi olimpici, lotterà in mezzo a cadetti, delusi, vecchie glorie ed emergenti, per il campionato europeo in Val Ridanna. La selezione ha deciso chi tra i due pesci avrebbe sguazzato nello stagno, una selezione crudele quanto un destino riscritto con il sangue e le lacrime. Un destino beffardo vestito a festa a cui bisogna pagare un tributo, sia esso per mezzo di uno sci o di una carabina, di un errore fatale al poligono o di un amore tra fratelli, sbocciato, distrutto e poi rimpianto. L’amore tra due pesci combattenti, due fratelli, Simon e Martin.
In copertina, i due fratelli a Ruhpolding nel 2012 nella foto di Christophe Pallot/Agence Zoom/Getty Images
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