Perché il segno di croce ha messo a nudo la nostra islamofobia.
C’è questa fake news – quanto ci piacciono gli inglesismi, danno serietà ai discorsi più banali – riguardante una presunta polemica dei sauditi nei confronti di Cristiano Ronaldo, Sua Eccellenza Cristiano, per aver esultato dopo un calcio di rigore (sic!) facendosi il segno di croce. Subito dall’Europa (mica dall’Arabia Saudita, o dal Qatar) si è sollevato un polverone mediatico acchiappa click e accalappia like: il coraggioso Cristiano ha rischiato la vita, per un gesto così eroico e pregno di consapevole libertà! E ora cosa gli accadrà? Sarà vivo al sorgere del sole?
Forse non si è capito che in Arabia Saudita non sono stupidi, e non rovinerebbero mai un progetto così ambizioso per una cosa simile. C’è chi ha parlato addirittura di ‘gesto’ punibile penalmente, evidentemente spinto da un’islamofobia o saudifobia (Ceferin sei un guardone) tanto accentuata quanto più gretta.
Moralismi e risentimenti a parte, ieri però poi quasi tutti la finale di Champions araba se la sono vista eccome, tra l’Al Nassr di CR7 – che con quel rigore incriminato si è guadagnato l’accesso alla partita più importante dell’anno in Arabia Saudita – e l’Al Hilal di Milinkovic-Savic, in un derby deciso guarda un po’ proprio da Cristiano il Re, che senza segni di croce – ma con un brillocco cristiano saldamente posizionato sul lobo dell’orecchio sinistro – ha esultato tre volte nell’arco di 90’: due volte perché in gol, una volta – da infortunato, come nella finale dell’Europeo del 2016 – perché pronto ad alzare la coppa (in tutto e per tutto simile a quella dei mondiali: Labranca ci avrebbe scritto un trattato) numero 34 in carriera.
Perché mai l’Arabia Saudita dovrebbe privarsi di un volto capace, praticamente solo con la sua presenza, di rendere intrigante un campionato che a livello tecnico (vedere i gol per credere) rimane di un livello bassissimo?
Intervistato dalla Gazzetta il CEO del campionato arabo Carlo Nohra ha detto: «vogliamo arrivare nella top 10 dei grandi tornei importando qualità, come stiamo facendo ora». Ma per farlo, lo sa benissimo Nohra, non si può prescindere da CR7 e tutto ciò che ne costituisce l’aura: «Dal suo arrivo, solo per metà stagione, tutti i valori della Saudi Pro League sono cresciuti del 150%. Ma la cosa più rilevante è l’impatto globale, l’interesse che ha generato, e ha aiutato ad attrarre gli altri giocatori. Le faccio un esempio concreto: prima di Ronaldo la SPL era trasmessa solo nella regione araba. Dal suo arrivo siamo passati a 45 broadcaster (compresi La7 e Sportitalia, ndr) per 170 Paesi del mondo, e iniziamo a monetizzare. È ovviamente ancora molto poco rispetto a ciò che vogliamo ottenere, ma l’ago della bilancia si muove: migliorare le prestazioni sul campo serve esattamente a questo, a commercializzare».
Obiettivi chiarissimi, risultati certi e progetti a lungo termine: ma quale calcio succursale? ma quale paragone con la Cina? Figurarsi un po’ se un segno di croce può cambiare le cose. Toccherebbe infine essere informati, diciamo con nozioni di base, sul Corano e la sunna islamica, per venire a conoscenza di una verità scottante per noi suscettibilissimi europei: Maometto non solo conosceva il cristianesimo, da mercante navigato qual era, ma il Corano cita esplicitamente Gesù e persino la Vergine (così definita) Maria. Ecco, ora sapete persino qualcosa in più sull’Islam, che non fa mai male un po’ di cultura a tempo perso. Soprattutto se a farvi perdere tempo è chi cerca la polemica in mancanza di ulteriori argomenti.