La propaganda di CR7 sul campionato saudita è patetica.
Cristiano Ronaldo è ufficialmente entrato nella sua parabola discendente: è inutile far finta di niente ed ignorare il fatto che il più grande calciatore portoghese di sempre (per qualcuno il più grande di tutti) sia ormai al crepuscolo della carriera. Il suo ultimo anno ad alti livelli, diviso tra l’ultima stagione col Manchester United ed il Mondiale in Qatar, è stato più che fallimentare. Probabilmente consapevole dentro di sé di non poter offrire più nulla al calcio che conta, si è “rifugiato” nel campionato saudita accasandosi all’Al Nassr e battendo così l’ennesimo record, ovvero quello di calciatore più pagato di sempre (200 milioni per due anni di contratto).
Di recente, in una conferenza stampa della Nazionale portoghese, CR7 ha rilasciato delle dichiarazioni di elogio al campionato arabo talmente assurde che viene quasi da pensare (e sperare) che siano delle condizione contrattuali che il suo club gli impone: fare pubblicità alla Saudi Pro League, tentando di convincerci che sia una competizione di alto livello (sic!). E la nostra interpretazione non è poi così folle, se pensate che l’Al-Nassr gli avrebbe imposto di partecipare al Gran Premio di Formula 1 a Jeddah.
“Sono in un campionato molto competitivo, e bisognerebbe guardare al calcio saudita in modo diverso. Non è ovviamente come la Premier League ma è comunque competitivo. Nel giro di cinque o sei anni sarà il quarto o il quinto campionato più competitivo al mondo”.
Cristiano Ronaldo, 22.03.2023
Onestamente vedere un CR7 ridottosi a fare la marchetta di una lega calcistica di livello più che mediocre (ad essere buoni) come un Bernardeschi qualunque (ricordate le sue dichiarazioni in cui sosteneva che in futuro la MLS statunitense avrebbe superato i campionati europei?) fa parecchia tristezza. Analizzando nel dettaglio queste sue parole si fa veramente fatica a capirne il senso logico. Probabilmente dovremmo spingerci più in là e leggerle in un altro senso: forse è il grido disperato di un uomo geniale, che fa finta di essere folle per tornare in patria (come il Conte di Montecristo), o forse più semplicemente è il lato bambinesco e stupidotto di un atleta che ha basato la sua leggenda sulla volontà di potenza.
Che l’Arabia Saudita investirà nel calcio a suon di milioni è indubbio (lo sta già facendo da un decennio a questa parte) ma più che in patria all’estero, dove (ad esempio al Newcastle) potrebbe sfruttare la visibilità dei grandi club del calcio continentale europeo come strumento di soft-power – è uno dei punti all’ordine della visione saudita di Bin Salman. Pur essendo una potenza economica appartenente al cosiddetto “Primo mondo”, l’Arabia Saudita rimane (a livello di talento autoprodotto) una nazione da “Terzo mondo” – nonostante il buon girone disputato al mondiale.
Ecco allora che le parole di CR7, tutt’altro che casuali in questo momento della sua carriera, ci restituiscono l’immagine puerile e pascoliana di un atleta arrivato al capolinea senza accorgersene. Con tanto di media nazionali e internazionali sempre pronti ad esaltarne le doppiette (al Lussemburgo), a glorificarne il nome dimenticandosene l’antica grandezza. CR7 è stato un giocatore incredibile, unico, un’icona vivente. Ma con il suo trasferimento all’Al-Nassr ha decretato la propria morte calcistica: al di là di ogni geniale dichiarazione.