L'ennesimo caso basato sul nulla e tanto più pericoloso.
Non è divertente? Proprio mentre in Italia si sprecano gli elogi per la ‘classe arbitrale’ – sorta di loggia massonica, altamente affascinante – che ha deciso di mettersi a nudo sotto le note audio-musicali di Open VAR, ecco che un filmato (senza audio) inchioda uno dei nostri arbitri di Serie A: il signor Juan-Luca Sacchi della sezione di Macerata. Il fatto è noto, ma vale la pena di ricordarlo anche solo per farsi una risata: nel pre-partita di Lecce-Sassuolo, il direttore di gara si gira verso il capitano dei salentini Strefezza ignorando – volontariamente?, si chiede allibita mezza Italia – l’assistente Francesca Di Monte. Apriti bufera social!
Ecco allora che mentre il Paese Reale già inizia a scaldarsi alla notizia di una ‘sospensione’ di Sacchi per volontà di Rocchi – lo stesso che ama farsi bello e showman davanti alle telecamere di DAZN –, il paese irreale ma assai più rumoroso dei social network si scaglia contro il povero arbitro. La sua colpa? Mica maleducazione, noncuranza, cafoneria – al più! No, sessismo. Parola terribile, buona per tutte le stagioni. Una parola per tutti e per nessuno, come lo Zarathustra – che avrebbe risposto con una danza e un sorriso di scherno a questa imbarazzante polemica.
In tutto ciò, mentre quindi l’onda lunga del chiacchiericcio social-giornalistico travolgeva l’arbitro additandolo non solo come sessista ma bullo e misogino (sic!), la Di Monte, vittima del terribile gesto logofallocentrico, rivelava all’Ansa:
“Mi dispiace che sia stato definito un caso un semplice gesto di fraintendimento: ho letto parole grosse verso un collega che non ha avuto nessuna mancanza di rispetto e verso un gesto istintivo che invece è stato definito sessista”.
“È stato montato un caso dal nulla”, ha poi aggiunto Katia Senesi, componente del Comitato nazionale dell’Aia: “[qui] le associate sono considerate al pari degli uomini perché si impegnano tanto ancor prima che essere donne da proteggere”. Quel sessista di Sacchi aveva provato a discolparsi subito dopo l’episodio, ma nessuno gli aveva dato retta ovviamente. Anche perché, diciamocelo chiaramente, quello del saluto ai capitani prima di tutto da regolamento è palesemente un escamotage. Ah no?
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“E’ incredibile come sia nato un caso da questo episodio. Né io e né lei ci saremmo immaginati queste reazioni. Ovviamente, non ho visto che Francesca mi stava dando la mano. Avevo appena salutato il capitano del Sassuolo e mi sono girato per fare altrettanto con quello del Lecce. Con gli assistenti e il quarto uomo ci eravamo già salutati e poi ci siamo stretti la mano dopo il sorteggio, come certificano le immagini. Con Francesca ho un rapporto splendido, a fine gara abbiamo riso insieme dell’episodio”.
Sì, va bene, ma quel volto contrito e imbarazzato della Di Monte? Parlateci di quel volto dannazione! Ah, ma è stato fatto. Proprio dalla Di Monte, a quanto pare: “il mio volto appare stupito e imbarazzato semplicemente perché sono stata colta di sorpresa e mi dispiace che venga strumentalizzato un breve video per toccare temi molto pesanti che invece richiedono una forma di rispetto e delicatezza diverse. Il tema della mancanza di rispetto e della violenza verso una donna mi sta molto a cuore ma non è questa la situazione”. Si sarà sbagliata, o forse la loggia degli arbitri l’avrà messa a tacere, promettendogli chissà cosa.
Nell’ironia che stiamo faticosamente provando a mantenere, comunque, si nasconde un profondo malessere. L’avrete capito, ve ne parliamo spesso. Siamo stanchi, quasi arrendevoli, di fronte a questo modo di fare informazione.
Punto primo: abbiamo paura dei video, degli audio trapelati e chissà, presto anche inventati – le vie dell’IA sono infinite, quelle dell’AIA meno. Punto secondo, collegato al primo naturalmente: abbiamo paura di questo modus informandi, che in realtà è disinformante, gretto, non critico, sempre pronto ad affondare e timoroso di approfondire. Soprattutto, abbiamo paura del pubblico che queste notizie creano e alimentano. Sacchi probabilmente verrà scagionato, anche se è assurdo che dopo le parole dell’assistente il caso non si sia chiuso lì.
Il punto non è questo, non è il video: è ciò che ne segue, la gogna pubblica quindi (Melissa Satta ad esempio ha auspicato una sospensione in eterno per l’arbitro) e il giornalismo d’assalto affamato di polemica. La libertà di parola è sacra: ma è anche una responsabilità, quando di mezzo c’è un uomo con la sua storia e i suoi sacrifici. Se a voi questo sembra poco, vi chiediamo gentilmente di andare a quel Paese per non tornare più. Anche senza stretta di mano.