Papelitos
30 Novembre 2018

I tifosi non hanno diritto di parola

Dal “Vangelo” secondo Kolarov.

“Il tifoso deve essere consapevole che di calcio capisce poco”: signore e signori, Aleksandar Kolarov. Senza dilungarci troppo sulle dichiarazioni del terzino serbo – non vale neanche la pena – vogliamo qui riflettere brevemente sui presupposti e le conseguenze di frasi simili. Intanto, a livello prettamente utilitaristico, Kolarov non ha dimostrato grande intelligenza: con una squadra priva di carattere, in crisi di gioco e risultati, denigrare i tifosi che ogni settimana pagano il biglietto o che anche solo si avvelenano, come si dice a Roma, non sembra una gran mossa.

 

Ma arriviamo al punto: sì perché già li sento, quegli sfigati nerd del calcio che finalmente hanno trovato un loro degno rappresentante. In fondo è vero, il popolaccio, brutto, sporco e puzzolente, che parla in dialetto e non sa articolare frasi di senso compiuto, andava rimesso al proprio posto. Non capisce nulla di calcio e per di più osa anche parlare… una cosa incredibile! Bisognerebbe far disquisire di tattica solo chi ha fatto il corso a Coverciano o giù di lì, ecco questa potrebbe essere un’idea.

 

L’opinione di Kolarov per esteso

 

Il punto vero della questione è che con tali dichiarazioni Kolarov asseconda una deriva elitaria, anzi elitista, che sta toccando anche il calcio. Ma il pallone non è certo l’unico ambito interessato, considerato che negli ultimi anni, soprattutto in seguito al referendum sulla Brexit o all’elezione di Trump, sono saltati fuori dei dementi con proposte come gli “esami di cittadinanza” e robe simili per partecipare al processo democratico (d’altronde ci vuole poco perché il popolo passi dall’essere “soggetto rivoluzionario” a massa di analfabeti, basta che sbagli come votare). Il calcio come detto non è esente da questa deriva, che anzi al contrario è già in corso: basta vedere i siti, i blog, le pagine che si scervellano e si lambiccano su moduli, schemi, periodizzazioni, diagonali oblique e chi più ne ha più ne metta.

 

Il calcio si è trasformato in scienza anche nella narrazione, e laddove la scienza prende il posto dell’epica, beh, ci sta la società contemporanea (auguri!). Kolarov può anche avere ragione – come può anche avere torto, e sono centinaia i casi in cui i tifosi c’avevano capito più dell’allenatore, basti pensare a 60 milioni di italiani contro Ventura – ma non è questa la cosa importante: come diceva Nietzsche, a volte la verità serve a un bel niente e anzi, è preferibile la non verità. 

 

Immagine muta

In sostanza per il terzino serbo un tifoso deve sostenere la squadra ma non può avventurarsi oltre. Al massimo può contestare se le cose vanno male, anche se, a quanto pare, non ha idea del perché. Il tifoso non può e non deve addentrarsi in discorsi tattici ma nemmeno in giudizi tecnici: non può certo dire che deve giocare questo al posto di quell’altro, perché di base non comprende l’apporto che i giocatori possono fornire agli schemi dell’allenatore. Ma a parte ciò, noi ci domandiamo: che cos’altro volete levarci? E di politica non si può parlare se non si ha studiato, di calcio neanche, di fi*a benché meno perché c’è sempre qualcuno che si offende, che siano le donne stesse o gli LGBTQ+. Cosa ci resta? Argomenti di cui non frega niente a nessuno, come il lavoro, le carriere universitarie, la famiglia etc.? Cosa dovremmo fare durante una partita vista con gli amici, stare in silenzio per 90 minuti? E di cosa dovremmo parlare durante la settimana, di quanto facciano schifo le nostre vite segnate dall’economia di mercato o dai ritmi post-umani del capitalismo finanziario?

 

Mio caro Kolarov e miei cari scienziati del calcio, ma perché ci volete tanto male? Già siamo sfruttati, repressi, derisi e malpagati, sempre in affanno, come criceti nelle ruote che corrono corrono e non vanno da nessuna parte. Lasciateci almeno quell’oasi, quella terra selvaggia rappresentata dal pallone con tutto il contorno del caso, che tra l’altro per fare i populisti fino in fondo a voi – calciatori, allenatori etc – frutta milioni di euro, a noi invece costa economicamente ma soprattutto in salute che, si sa, le delusioni son ben più frequenti delle gioie (a meno che non si sia della Juventus). Lasciateci il Bar Sport, le contestazioni, gli insulti, fingete almeno di comprendere e apprezzare il nostro amore e la nostra passione. O sennò facciamo come in quel film, come si chiamava Cambio vita o qualcosa del genere: vedreste allora che noi, se domani mattina dovessimo svegliarci al posto vostro, ringrazieremmo i tifosi “ogni giorno che il buon Dio ha mandato in terra”.

 


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Andrea Antonioli

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