Interviste
25 Settembre 2019

Tobias Jones - God save the Ultras

Intervista allo scrittore e giornalista inglese Tobias Jones, esperto di sottoculture italiane e del fenomeno ultras nel nostro Paese.

“Gli hooligans erano volutamente ubriaconi. Gli Ultras appartengono a tutt’altra categoria”: così Tobias Jones, giornalista del The Guardian, attento osservatore del calcio italiano ed internazionale e autore del libro Ultras: The underworld of Italian football, ci racconta la sua visione dell’universo ultras. Un mondo da amare ed odiare, ricco di contraddizioni, in cui movimenti apolitici si ritrovano mischiati a chi invece usa le curve per farla, la politica. Tobias Jones ha le idee chiare, ed inquadra il fenomeno dei settori più caldi del tifo in un contesto non scontato: “Gli Ultras sono una risposta eloquente alla direzione del calcio moderno, ma anche della politica globalizzata”.

 

Gli Ultras sono lo specchio e la distorsione della società italiana. Lei però ha definito gli ultras del Cosenza un’eccezione. Perché?

 

Non direi che la curva del Cosenza sia unica. Però sicuramente lì non ci sono capi all’interno della tifoseria. C’è una goliardia travolgente, una curva anarchica. L’aspetto di beneficenza se non è centrale fa parte di quella tifoseria dagli anni ’80 in poi. Loro sono molti attivi e capaci di far uscire dalla curva lo spirito del mondo ultras di esser controcorrente, contro i poteri forti: portano questa mentalità in città con la diffusione di riviste, radio, occupazioni, proteste e beneficenza. Non dico che siano unici e che altri non facciano le stesse cose, non saprei definirlo nello specifico, ma è notevole tutto questo.

 

COSENZA, ITALIA – 31 AGOSTO: Tifosi del Cosenza Calcio durante il match contro la Salernitana (Photo by Francesco Pecoraro/Getty Images)

 

 

Insomma senza gerarchie emerge un aspetto più comunitario della tifoseria, al contrario di quanto accade con una netta suddivisione dei ruoli. Questa connotazione ci fa pensare alle tifoserie di Roma, soprattutto della Lazio, che poi mirano ad interessi di altro genere (basti vedere quanto sta emergendo dall’omicidio di Diabolik). Lei cosa ne pensa?

 

È difficile riassumere in poche battute le curve romane. È molto complicato, posso dirti che tanti ultras con cui ho parlato non considerano gli Irriducibili veri ultras. Sono pochi a definirli vicini alla loro sfera di amicizie. All’interno di alcune tifoserie l’idea di un ultras che faccia business è inconcepibile. È vero che sono militarizzati, io stesso ebbi modo di far un’intervista ad un tifoso laziale che definì l’organizzazione “paramilitare”. È chiaro che sono di estrema destra però è da dire che ci sono gruppi laziali antifascisti. Il problema è che nei decenni il messaggio mandato fuori dall’Italia, come in Inghilterra, è che i tifosi della Lazio sono solo le sciocchezze che fanno gli Irriducibili. Insomma sembra quasi che le azioni di pochi rispecchino tutti e non è così. Non fa notizia un bel gesto dei tifosi ma fanno notizia i casi di razzismo ed antisemitismo. Loro cercano queste azioni per farsi pubblicità. È difficile definire quello che succede nelle curve di Roma e Lazio in così poco tempo, però sta emergendo un quadro non del tutto sereno a riguardo.

 

Come mai in Italia la politica entra a far parte del sistema ultras mentre in Inghilterra no? Che differenze ci sono?

 

Cambia molto tra l’Inghilterra e l’Italia. Partiamo dal presupposto che in Italia è tutto politicizzato nel bene o nel male. Televisioni, giornali, la scuola ed il parco sotto casa portano dentro di se sempre messaggi ricchi di ideologia. I nostri hooligans erano degli ubriaconi che volevano darsi le botte e creare risse ma finiva li. Come sai la differenza con gli ultras sta nell’organizzazione, c’è una strategia, una gerarchia, dei ruoli. Esiste un direttivo che gestisce il tutto ed è ovvio che stare in gruppo di migliaia di persone ha un vero e proprio peso che può esser utilizzato anche a livello politico. Basta fare uno sciopero o qualsiasi altro gesto per ottenere qualcosa. Gli hooligans non avevano strategie, erano volutamente ubriaconi.

 

Tifosi della Lazio fieramente contro l’ISIS durante la trasferta di Nizza (idealmente il lato della barricata è l’altro, a fianco dell’esercito regolare di Bashar al-Assad).

 

Insomma, il suo discorso evidenzia anche quanto sta accadendo a Torino in questi giorni, tra i ricatti dei tifosi nei confronti della Juventus e l’indagine per omicidio sul caso Bucci. Gli Ultras escono dalle dinamiche dello sport entrando in altre sfere. Cosa ci può dire a riguardo?

 

Io sono stato tra i primi a scrivere di Ciccio Bucci appena accadde il fatto. Andai a Torino ad indagare subito. Li c’era un meccanismo molto aperto, già da tre anni sapevano cosa accadesse. Era alla luce del sole. I biglietti dati in omaggio a prezzi più bassi ed il bagarinaggio che rende migliaia di euro ogni partita sono un mercato appetibile. È inevitabile che i criminali si interessino ad un business così facile e senza rischi; non è come spacciare droga, che puoi finire in cella per decenni. Il bagarinaggio non ti porta in galera. I rischi bassi ed i guadagni alti attraggono inesorabilmente giri malavitosi. Ovunque ci sono soldi sorgono le attenzioni di determinati soggetti.

 

Perché le società non si ribellano? Perché la Juventus ha denunciato il tutto solo quando la cosa era diventata di dominio pubblico? Ci eviteremmo anche il vittimismo a parole di proprietà che, invece, potrebbero concretamente intervenire…

 

Bella domanda. Perché secondo me è più comodo passare 100 biglietti che avere ogni settimana uno sciopero del tifo oppure tanti razzisti che ti portano multe salate ogni giornata. La “pax ultras” funzionava per tutte e due le parti. Io ho letto tutte le intercettazioni dell’epoca. Il capo della sicurezza della Juventus chiacchierava con delle figure che sappiamo benissimo facessero la cresta a danno dei propri stessi tifosi, spellavano i propri sostenitori. Io personalmente considero alcuni gruppi ultras come un agglomerato di interessi, uniti per far business e basta. Se fai pagare 640 euro un biglietto che dovrebbe costare 80 non sei ultras ma solo un uomo d’affari.

 

In trasferta all’Olimpico di Roma. Foto Andrea Staccioli / Insidefoto

 

Quali sono le caratteristiche che denotano un gruppo ultras? E in definitiva, cosa si può definire Ultras?

 

Io partirei dal presupposto che bisogna amare il territorio, bisogna avere un senso di appartenenza nei confronti della città, un senso di fratellanza con gli altri tifosi estremo. Una volontà di andare oltre i valori borghesi per difendere i colori del quartiere, sia in casa che in trasferta. Una volontà di arrivare alle mani per difendere colori e i fratelli. L’amore per l’alcool ed altre sostanze stupefacenti per divertirsi (ride ndr). Una quasi forma di dipendenza, se uno guarda il tutto razionalmente è una follia. Seguire in Italia una squadra porta costi altissimi. Una follia! Io non ne posso più di veder gli ultras descritti solo come affaristi, interessati ai soldi del calcio. La verità è che il 99% di quel mondo sborsa cifre notevoli senza guadagnare e lo fa solo per il gusto di stare insieme, la gioia di bere e cantare insieme. La voglia di stringere legami fra le persone.

 

Possiamo definire gli ultras una risposta identitaria al neo-liberalismo, anche nel calcio?

 

Esatto, loro sono una risposta eloquente alla direzione del calcio moderno ma anche della politica globalizzata. Esprimono una lealtà in un mondo calcistico dove questa non esiste più. Riassumono il senso di appartenenza, le radici di una comunità, dove tutti sembrano sradicati. Stranamente anche se vengono sempre criticati, gli ultras più anziani si ricordano di un calcio genuino che si giocava alle 3 di domenica pomeriggio. La partita di calcio era come andare in chiesa per alcuni di loro. Questa ricordo lega gli ultras nelle loro manifestazioni contro un mondo calcistico che di loro se ne frega, gli ultras non dimenticano tutto ciò. Gli striscioni, i cori e quant’altro ricordano ancora questo calcio genuino senza interessi.

 

Beppe Rossi, ex capo dei Fighters, diceva che nelle curva non c’erano interessi bensì tifosi disinteressati dagli interessi economici. Io non sopporto più gli articoli su Diabolik e i Drughi. Anch’io che ho scritto di queste tematiche, mi sono scocciato di parlare solo del lato negativo del tifo, voglio dare agli ultras un aspetto diverso.  È un incubo piacevole parlare di questo movimento, che rifiuta la politica ma è molto politicizzato. Un mondo che vede l’estrema sinistra e l’estrema destra in opposizione, un mondo affascinante. Gia è difficile scrivere un libro sulla tematica, figuriamoci parlarne in un’intervista.

 

Immagine di un calcio che non c’è più

 

E proprio quest’immagine diversa del tifo organizzato mi riporta a Padre Fedele, tifoso del Cosenza. Una figura che è riuscita ad utilizzare l’energia della curva per scopi benefici. Cosa l’ha colpita di questa storia?

 

Io ho avuto modo di conoscerlo. Padre Fedele manda un messaggio chiaro: basta violenze, solo pace. Quello che ha fatto lui da frate è stato vedere negli ultras una spinta. Ha intravisto in loro i figli di Cristo. Ovviamente è una visione religiosa la sua, ma invece di demonizzare ha compreso l’energia di quel mondo che si poteva utilizzare per scopi benevoli in città. Più indaghi più scopri cose. Questi ragazzi non per forza sono bulli, non sono degli strafottenti e al contrario spesso, e non parlo dei cosentini ma in generale, vengono da situazioni familiari disagiate. Lui ha compreso che alcuni avevano bisogno di figure guida. Padre Fedele non è una figura semplice, non è un santo e d’altronde penso che nessuno lo sia, tutti hanno i propri vizi. Lui poi non faceva parte del gruppo ultras, ma gli è sempre stato vicino. Adesso è stanco, è diventato anziano, e quando andrà via si comprenderà quanto fatto da lui e il messaggio che voleva mandare a tutto il mondo ultras. In Europa esistono altre persone simili, che condividono le stesse dinamiche.

 

L’estrema destra si sta diffondendo sempre di più nelle tifoserie europee. Lei come inquadra questo fenomeno?

 

Non sono un esperto delle tifoserie europee. Però quello che posso dire è che essendo nel mio profondo anti fascista, qualsiasi sfruttamento del mondo ultras per motivi propagandistici lo trovo ripugnante. L’ascesa dell’estrema destra in alcune curva la trovo disgustosa. Capisco perché succede e capisco le dinamiche che hanno portato a tutto ciò. So che tante curve soprattutto dell’est europa sono naziste, ed è allarmante tutto ciò. Forse è riconducibile ad una disintegrazione dei valori.

 

 

 

 

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