Altri Sport
01 Maggio 2021

Ayrton Senna, l’immortale

Da ben prima di quel dannato 1 maggio 1994.

È opinione diffusa che per diventare immortali sia necessario morire. Come se la morte, specie se prematura, sopraggiungesse al fine di eternare le vite di alcuni uomini straordinari cristallizzandone il ricordo nel loro momento di massimo splendoreIl primo maggio 1994, sulla pista di Imola, in quello che sarà ricordato per sempre come il weekend più tragico della storia della Formula 1 – venerdì 29 aprile Barrichello sopravvive a un terribile incidente, mentre sabato 30 Ratzenberger non è altrettanto fortunato –, Ayrton Senna perde la vita, guadagnandosi così l’immortalità.

Ma quanto accade al settimo giro del Gran Premio di San Marino non è che l’ultimo atto di un processo, quello di eternizzazione, iniziato ben dieci anni prima sul circuito cittadino del Principato di Monaco.

È il 3 giugno 1984, una data che vale una promessa d’estate. Terrazze, piscine e yacht si riempiono di miliardari, ansiosi di accaparrarsi la posizione più esclusiva per vedere sfrecciare a tutta velocità – e a pochi metri di distanza – le monoposto del Circus. I buoni propositi, tuttavia, resteranno tali. Le condizioni meteorologiche si ribellano al calendario e portano nuvole e pioggia, così anche gli spettatori-residenti più facoltosi, abituati ad avere tutto con uno schiocco di dita, devono arrendersi all’idea che il prezzo del Sole è inaccessibile anche per le loro tasche.

Non se la passano meglio gli attori principali, i piloti, che in quelle condizioni climatiche si apprestano ad affrontare una gara con la consapevolezza del crollo simultaneo della sicurezza e della competitività. Eppure c’è un pilota che non si scompone all’arrivo di quella perturbazione, ma che anzi la interpreta come un segno del destino. Come un’occasione piovuta dal cielo.

Ayrton Senna nella pioggia battente di Monaco, in quel celebre 3 giugno 1994: il giorno che iniziò ad inaugurare il suo mito (Mike Powell/Getty Images)

Il ventiquattrenne brasiliano Ayrton Senna Da Silva, pilota della scuderia Toleman-Hart, è al suo sesto gran premio. È consapevole, Ayrton, che soltanto un elemento esterno può lasciare i piloti soli con il loro talento, senza la (decisiva) supplenza della vettura: la pioggia. E la pioggia, quel giorno, cade copiosa. La partenza viene ritardata di 45 minuti, nella speranza di un miglioramento delle condizioni meteo. Che non si verifica.

La pole position è stata conquistata (il giorno prima, sull’asciutto) da Alain Prost sulla McLaren-Porsche, mentre Senna parte dalla tredicesima posizione. A frapporsi tra i futuri duellanti, che di lì a qualche anno avrebbero segnato un’epoca, ci sono, tra gli altri, piloti del calibro di Mansell, Lauda, Arnoux, Alboreto, Piquet e De Angelis, tutti assi del volante che possono contare su monoposto ben più competitive e affidabili della Toleman del brasiliano. La pioggia incessante riduce però al minimo l’incidenza della componente meccanica, favorendo la ferocia agonistica e la predisposizione al rischio. Qualità, queste, che in Ayrton Senna traboccano.

Sin dai primi giri ci si rende conto che in pochi arriveranno al traguardo. Vuoi per problemi meccanici, vuoi per testacoda, vuoi per la presa di coscienza, da parte di alcuni piloti, di non avere il talento e forse il fegato necessari per affrontare una situazione così estrema, dei venti partenti soltanto in otto arrivano fino in fondo.

Tra questi Ayrton Senna che, partito dalla settima fila, aggredisce quella pista colma di acqua come un forsennato, rimontando posizioni su posizioni e guadagnando tre secondi al giro sul gruppo di testa. Per il talento brasiliano tutta quell’acqua non rappresenta un problema, al punto da insinuare il dubbio che il casco giallo sia in realtà una sorta di mini Sole personale, il quale asciuga la pista solo per lui: per tutti gli altri è impossibile sostenerne il ritmo. Dopo aver superato Rosberg, Arnoux e Lauda, Senna si trova, al trentunesimo giro, in seconda posizione a soli sette secondi dal leader Prost.

senna
L’iconico stile di Senna immortalato in una foto (Mike Hewitt/Getty Images)
 

Mancano ancora più di quaranta giri al termine della corsa e tutto lascia supporre, vista anche la lentezza con cui viaggia Prost, che in un paio di tornate il giovane brasiliano si potrebbe prendere il primo posto, quindi la vittoria. Qui però il direttore di gara Jacky Ickx, non si sa se in piena autonomia o se indotto dallo stesso Prost – tre giri prima il pilota francese aveva alzato la mano chiedendo la sospensione della corsa –, espone contemporaneamente bandiera rossa e bandiera a scacchi. Per lui si era rischiato abbastanza.

Gara terminata al giro precedente con vittoria di Prost e punteggi dimezzati (si erano percorsi solo 31 giri rispetto ai 77 previsti).

Per Senna, vincitore morale, si tratta del primo podio della carriera. Ma un vincente nato non può cavare alcun sorriso da un secondo posto, a maggior ragione se a cassare l’inconfutabile sentenza della pista è una discutibile decisione presa dall’alto. Il brasiliano si sente defraudato di una vittoria schiacciante che avrebbe avuto del clamoroso. Tuttavia, quel risultato ha l’effetto di accrescere in Ayrton la consapevolezza che sta per arrivare il suo momento, e che l’appuntamento con la vittoria è solo rinviato, e sarà costante. È lì che comincia la corsa verso l’immortalità di Ayrton Senna che nel suo ultimo atto, il primo maggio del 1994, trova solo il suo compimento.

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