O come Nardi e Ballard hanno insegnato che si può vivere morendo.
Ecco la verità: il vero eroismo non riceve ovazioni, non intrattiene nessuno. Nessuno fa la fila per vederlo. Nessuno se ne interessa.
David Foster Wallace, Il re pallido
Quando mi chiedono “chi te lo fa fare di scalare” io rispondo sempre che è come chiedere “chi te lo fa fare di amare”. L’amore è irrazionale, non c’è mai una convenienza dietro l’amore. […] L’amore è una pulsione irrefrenabile.
Simone Moro
A sei mila metri sopra il livello del mare si è interrotto il viaggio verso l’utopia che li voleva raggiungere la vetta del Nanga Parbat, Kashmir pachistano, in inverno, attraverso quella che l’alpinista di Sezze chiamava “la via più elegante”, ricordando Walter Bonatti che alle scalate chiedeva una bellezza di linee. Tom Ballard – figlio di madre alpinista scomparsa sul K2 – e Daniele Nardi sono morti salendo verso il Sole.
Lo sperone Mummery, la nuova via che i due alpinisti desideravano aprire, è ritenuto un suicidio poiché la ‘la mangiauomini’, come la montagna è definita in lingua sherpa, uccide uno scalatore su quattro, tra quelli che scelgono di varcare le vie più agevoli. Nel giugno del ’70, nell’unica occasione di discesa dal Mummery, i due fratelli Messner rimasero bloccati da una valanga che causò la morte del giovane Günter. Le slavine su quel versante sono fatali, il vento arriva anche a centoventi orari, raffiche di polvere nevosa impediscono la minima visibilità, seracchi di ghiaccio possono staccarsi da un momento all’altro. Le insidie sono innumerabili, la linea Mummery è semplicemente impossibile da risalire. Ma, come ricordava Cioran:
“la ricerca dell’utopia è una ricerca religiosa, un desiderio di assoluto. L’utopia è la grande fragilità della storia, ma anche la sua grande forza.”.
Il versante Rakhiot a nord-est in estate.
Nell’ultima intervista che Nardi – l’unico alpinista nato sotto la linea del Po ad aver scalato un 8 mila – rilascia a Le Iene a dicembre dello scorso anno gli viene chiesto semplicemente: perché? “Perché da bambino ho deciso di lasciare un segno nella storia dell’alpinismo“, “e perché hai deciso di ascendere dalla via più difficile?”, “perché è la più diretta“, quasi a far svanire ogni forma di dubbio riguardo le intenzioni dei due pionieri. E “se fossi ritenuto un matto, ci staresti?” – “Non tanto, io cerco la vita“.
Con queste semplici e pacate parole Nardi ricorda che per alcuni l’unico modo di vivere è inseguendo un sogno e servendo un’idea, in barba a quei gendarmi del pensiero che in queste ore inondano i social media di commenti la cui pochezza è senza nome: “egoista“, “avrei preferito vivere con mio figlio” o peggio “esibizionista” e via scagliando frecce morali per i sempliciotti. Ma chi siete voialtri, seminatori di bile dai vostri divani, per giudicare la Scelta di chi lotta contro ghiaccio e sfinimento, senza ossigeno nei punti più alti della Terra, solo per sentirsi davvero vivo. Chi siete? L’intervistatore de Le Iene chiede, inconsapevole di stimolare l’auto epitaffio del laziale, come volesse essere ricordato se non ce l’avesse fatta:
“Vorrei essere ricordato come un ragazzo che ha provato una cosa incredibile, impossibile che però non si è arreso. Il messaggio che voglio lasciare a mio figlio se non dovessi tornare è quello di non fermarsi, non arrendersi. Datti da fare perché il mondo ha bisogno di persone migliori che facciano sì che la pace sia una realtà e non solo un’idea. E vale la pena provarci”
Vivere nel tentativo di superarsi, di stupire, di tentare l’incredibile e l’impossibile, come ci ammonisce Daniele, “perché il mondo ha bisogno di persone migliori” e stramaledetto Brecht quando ci ha detto che sventurata è la terra che ha bisogno di eroi. E di cosa avremmo bisogno allora, di ignavi?
Sulla sinistra la via Kinshofer sulla parete Diamir, a nord-ovest; è considerata la via più facile e sicura.
Per questa ragione paiono sconcertanti le parole di Messner e di Moro, che negli ultimi giorni hanno a più riprese invitato a stigmatizzare una ripresentazione dell’alpinismo eroico e coraggioso. Il giornalista Dario Rodriguez ha chiesto a Simone Moro se non sia proprio la ricerca di un limite da superare, consci della mortalità di alcune sfide, il cuore dell’alpinismo, ricevendo dal grande alpinista italiano una secca negazione.
Non solo l’alpinismo – che con tutta probabilità non è né sarà mai uno sport, e forse una ricerca dell’anima della montagna come suggeriva Kugy – ma noi tutti abbiamo bisogno di eroi come Tom e Daniele che ci insegnino, anche irrazionalmente, quale sia un paradigma per vivere degnamente: sognare.
Sulla montagna più alta della terra, si è da poco conclusa la seconda stagione di scalata più mortale di sempre. Servono interventi strutturali per regolare l’afflusso indiscriminato.