Papelitos
14 Marzo 2022

La sospensione di Guida non ha senso

Il grave errore è di Massa al VAR, e quindi dell'AIA.

Era nell’aria, e nel pomeriggio è arrivata la conferma. Come prevedibile l’AIA ha fatto calare la scure sulle teste dei responsabili dei fattacci di Torino. Inutile vaneggiare ancora sulle possibili ricostruzioni adottate dal VAR in merito al contatto Ranocchia-Belotti: il risultato, catastrofico, non è sindacabile e l’errore macroscopico. Sia chiaro, abbiamo sempre protetto le nostre giacchette nere, libere, come ogni essere umano, di sbagliare. Ma di fronte all’avvento tecnologico, adulato da molti come elemento equalizzatore, mezzo per annullare le ingiustizie, non si può passare sopra le incongruenze di un sistema confuso e altamente imperfetto.

Marco Guida e Davide Massa sono stati sanzionati con circa un mese di stop nel nostro massimo campionato, si legge nelle agenzie diramate dai maggiori media nazionali. Una misura pesante che condanna l’errore, ma sembra anche volerli punire in modo esemplare nel vano tentativo di sedare polemiche che continuano a imperversare sulla classe arbitrale del nostro paese. Il punto però, in questo clima che cerca colpevoli e invoca pene severe, è cosa abbia fatto Marco Guida per meritare una simile sanzione.

Sia chiaro: il fischietto di Torre Annunziata, nell’episodio incriminato, è reo di non aver interpretato correttamente lo scontro in area tra il Gallo e l’ex capitano nerazzurro. Tuttavia, riguardando l’azione, la dinamica è molto veloce e il contrasto ingannevole: il piede di Ranocchia colpisce quello di Belotti ma poi affonda sul pallone spostandolo nettamente, dando magari l’impressione di un contrasto duro, ma potenzialmente pulito. Guida giudica male: indica la sfera e prende un grosso abbaglio.

È un errore evidente, ripetiamo, ma che in diretta può pure capitare.

Il direttore di gara sfrutta quindi un’immediata pausa di gioco per confrontarsi con la Sala VAR sul contatto, una consultazione perfettamente conforme alle consuetudini impartite da regolamento. E però non viene richiamato al monitor. Insomma, se avesse ricevuto la comunicazione corretta, Guida avrebbe potuto avvalersi comodamente della on field review e assegnare il rigore solare consumatosi nell’area di Handanovic. Molto semplice, la base del funzionamento del supporto tecnologico.


L’errore macroscopico risiede allora principalmente nelle valutazioni di Massa, seduto davanti a monitor in grado di riprodurre decine di angolazioni, ma non sufficienti evidentemente a migliorare le doti valutative di un arbitro internazionale – a proposito Davide Massa, sospeso dalla nostra Associazione nazionale, sarà impegnato già mercoledì nella gara di Champions League tra Lille e Chelsea: questa volta in campo, nella speranza di una prestazione migliore di quella offerta davanti ai monitor.

Nel frattempo Guida paga l’ennesimo errore del VAR, acronimo inglese che si legge Video Assistant Referee ma si pronuncia sempre più disgrazia. Punito dal mezzo che avrebbe dovuto aiutarlo e invece lo crocifigge, capro espiatorio per un errore di un sistema che non tarda a mostrare le proprie falle. D’altronde quanti altri arbitri, e quante altre volte, hanno commesso errori ben più gravi di questo, sanati però dal VAR e dunque ovviamente condonati dall’AIA? Qual è esattamente il motivo per cui Guida ha subito la stessa sanzione di Massa, considerato che si tratta di due errori dal peso estremamente diverso, e che l’arbitro in campo si è attenuto alla procedura che avrebbe potuto revocare l’errore?

La vera “colpa” di Guida non è stata l’errore di giudizio, bensì il fatto di aver avuto Massa come assistente VAR. Una colpa di cui, però, non ha responsabilità.

In tutto questo l’Associazione Italiana Arbitri, in balia totale di un campionato quanto mai complesso, invece di tutelare i propri assistiti li mette alla gogna (come già successo con Serra dopo Milan-Spezia), lasciando gli arbitri inermi a prendersi la sassaiola di critiche e insulti. L’alternativa sarebbe riflettere sui problemi di un sistema che trema ormai a ogni scossone. La sensazione, tuttavia, è che non sia tanto il caso.

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Firma nobile del giornalismo italiano (e non solo sportivo), Roberto Beccantini è il giornalista-tifoso più imparziale che conosciamo. Tifoso dai tempi di Sivori, per via dei calzettoni abbassati e del genio fumantino; imparziale, perché – sue parole – sincero col lettore.