Cultura
16 Maggio 2025

I derby intellettuali

Duelli calcistici a colpi di penna...e di spada.

Contrasti, duelli. Il Catania merita il calcio professionistico, no, le regole sono uguali per tutti e deve essere radiato. Italo Cucci vs Candidò Cannavò, Corriere dello Sport-Stadio vs Gazzetta dello Sport, praticamente uno scontro tra titani. I monumenti della scrittura sportiva su fronti contrapposti. Da un lato il quotidiano di Piazza Indipendenza, nel cuore di Roma, a issare la bandiera della conferma nel calcio professionistico del Catania di Angelo Massimino; dall’altro la rosea nel centro di Milano che, invece, mette le regole, rigide e ortodosse, prima della fede calcistica di una piazza “calda”.

E sì che non sarà stato facile schierarsi da questo lato della barricata per Cannavò Candido, nato a Catania il 29 novembre 1930, catanese per sempre. Ma la cronaca non lascia spazio a interpretazioni. È andata così. Italo Cucci ed il Corriere dello Sport-Stadio a gridare all’ingiustizia contro la sentenza che il 31 luglio 1993 cancellava di fatto il Catania calcio del Cavaliere Angelo Massimino. Motivazione? Non aver presentato la fidejussione necessaria per l’iscrizione. Il giorno seguente il Cavaliere si reca personalmente presso la sede della Federazione Italiana Giuoco Calcio, in mano due miliardi delle vecchie lire in contanti. Ma nulla. Non viene ricevuto.

Parte la battaglia legale nelle aule di Tribunale. E quella a colpi di editoriali tra Italo Cucci e Candido Cannavò dalle prime pagine dei rispettivi quotidiani sportivi, da loro magistralmente diretti. Massimino che si rivolge al Coni prima e al Tar poi. E su questo Cucci e Cannavò sono in pieno disaccordo. Il secondo non condivide che ci si rivolga alla giustizia ordinaria, extra-sportiva, il primo, invece, sostiene che il fine e il blasone del Catania giustifichino i mezzi.

13 settembre dello stesso anno, il giorno prima inizia il campionato, quello successivo il Tar decreta che il Catania calcio poteva usufruire di una dilazione dei debiti d’imposta e che il termine del 31 luglio non era perentorio. La Federcalcio deve riammettere la squadra etnea in serie C1, in sostituzione della ripescata, ma il presidente della Figc di quegli anni, Antonio Matarrese, rivendicava l’autonomia dell’ordinamento sportivo. Il Tar, allora, ordina di allargare la C1 a diciannove squadre. E di nuovo, Cucci contro Cannavò, il primo pro-Catania, il secondo pro-autonomia del mondo del calcio.

Estate di fuoco nei tribunali, e sugli amati giornali sportivi. Alla fine, soluzione “all’italiana”. Il Catania ha ragione, ma, anche no.

Il titolo viene salvato, la società non viene radiata per essersi rivolta alla giustizia ordinaria, ma la squadra deve partire dal campionato di Eccellenza con buona pace della tutela dell’autonomia della giurisdizione sportiva. Il Catania terzo, poi, venne ripescato l’anno successivo in serie D, ma per vederlo in C1 bisogna attendere la fine del campionato 1998/1999. Il duello tra i due grandi Maestri del giornalismo sportivo, però, animò quell’estate. E resta tra gli annali tra i più appassionanti. Da leggere e rileggere in qualche splendido, affascinante, archivio. In un’emeroteca.



“Che bella parola”, diceva Totò in “Miseria e Nobiltà” dopo aver ascoltato la parola “cuoco”, che per il principe della risata in quella straordinaria pellicola era significativo del suo appetito arretrato. “Emeroteca, che bella parola”, si può dire a nome dei tanti affamati del fascino dei giornali cartacei. E in queste inarrivabili cattedrali di tesori inestimabili, quotidiani e periodici, preziosamente custoditi, da sfogliare per capire la storia, il passato, per comprendere meglio il presente e guardare al futuro, sono tanti i duelli intellettuali andati in scena per esprimere pareri discordanti. Ma anche duelli veri e propri.

12 novembre 1947, i giornalisti Danilo Mazzuccato de “L’Italia” e Aldo Bardelli della “Gazzetta dello Sport” si sfidano veramente a regolar tenzone. Incontro con tanto di codice cavalleresco nelle stanze del Tennis Club Milano di via Arimondi. E se la “Gazzetta” non ha bisogno di presentazioni, va ricordato che “L’Italia” è stato un quotidiano milanese del secolo scorso, linea politica del Vaticano; poi arrivò “Avvenire Italiano” e dalla fusione dei due, di fatto nacque un nuovo quotidiano, l’attuale “Avvenire”, la linea sempre pro-Vaticano.

Tornando al duello, Danilo Mazzuccato e Aldo Bardelli, erano due giornalisti sportivi. Mazzuccato si occupava di sport per l’Avvenire di Bologna, soprattutto di calcio, mentre Bardelli, livornese, era stato anche giornalista al quotidiano sportivo Stadio di Bologna. Probabilmente, all’ombra della città emiliana, prima della guerra, nacque la loro rivalità giornalistica. Visioni diverse di calcio e di Nazionale. Mazzuccato più devoto all’Italia di Pozzo campione del mondo, e in generale alle bandiere del calcio, Bardelli, invece, pragmatico e pratico, più critico, visione tecnica e risultati per avvalorare le sue tesi.

Niente tifo o bandiere, per Aldo Bardelli contava l’intelligenza tattica e gli schemi. Una competenza che lo portò ad essere anche dirigente sportivo e anche componente della Commissione Tecnica Federale chiamata a portare l’Italia ai Mondiali di Brasile del 1950. Racconto o romanzo, fatto sta che i due giornalisti si sfidarono realmente a duello al Tennis Club Milano, nonostante i duelli fossero stati vietati sin dal 1875, tanto che una legge del 1930 puniva addirittura i duellanti con la reclusione.



Una delle più appassionanti e note rivalità nella storia del giornalismo sportivo è, comunque, senza se e senza ma, quella che hanno creato due figure mitiche, iconiche, della scrittura calcistica, Gianni Brera e Antonio Ghirelli. Un duello permanente che si è tenuto e sviluppato per decenni, e che solo il maledetto incidente, che ha strappato prima del tempo alla vita terrena il Gioann, ha interrotto. Almeno in questo mondo…poi chissà, magari ne leggeremo di altri in “sedi diverse”, dalla penna stupenda di Marino Bartoletti in qualche appuntamento con i suoi romantici incontri con gli dei.

Due capicorrente che Ennio Flaiano divise in “massimalisti” e “minimalisti”. Ai primi apparteneva Brera, ai secondi Ghirelli. E tra le storie da rileggere c’è sicuramente la querela Ghirelli-Brera, una querelle tra giornalismo napoletano e lombardo, seconda solo a quella che vide lo stesso Brera incrociare la spada con Gino Palumbo. La miccia tra Antonio (Ghirelli) e Giovanni (Brera) si accende deflagrando in una querela sporta dal primo nei confronti del secondo, dopo un pezzo su “Tuttosport”, altro quotidiano sportivo cartaceo di lunga data (“quotidiano cartaceo che bella parola”…ndr).

Ghirelli fa notare dalle colonne del giornale torinese che una certa stampa sportiva tende a demolire spesso con un linguaggio ingiurioso e rozzo le opinioni altrui. E, soprattutto, prende di mira il difensivismo e le posizioni del collega Brera. La differenza tra i due, infatti, è stata anche ideologica. Per il bel gioco all’attacco era Ghirelli, per la difesa e la copertura a catenaccio era Brera. Progressisti contro conservatori, insomma. E per dare forza alla propria tesi Antonio Ghirelli sottolinea che l’attaccante Renato Cesarini nella “Coppa Rimet” del 1934 è stato sottoposto ad un vero e proprio snaturamento per attuare la più rigida delle marcature a uomo.

L’articolo non passa inosservato al Maestro Brera che, dopo due giorni, firmandosi “Jab”, come il suo “acronimo” ma anche come i colpi che da buon pugile stava assestando al rivale, tributa a Ghirelli complimenti del calibro di “qualunquista”, “giullare” e di “Pulcinella” nel titolo.


«Un tragico e insieme ironico destino ha condotto il bel quotidiano ‘Tuttosport’ – scriveva Brera nell’articolo dal titolo ‘Pulcinella all’attacco’, ne ‘Il Giorno’ del 10 dicembre 1960 a firma Jab – fierissimo sempre di una piemontesità che si riassume nel ricordo del grande Torino e nella esaltazione della Juventus, a essere diretto da un giovane e allegro napoletano senza alcun passato sportivo. Costui usa accendere i suoi labili tricchettracche partenopei nel fumo di una dialettica abile e astuta. Digiuno di tecnica sportiva, si è accostato al nostro giornalismo scegliendo di istinto la posizione più comoda, cioè quella del qualunquista. Tale posizione ha mantenuto passando da un quotidiano comunista al più remunerativo quotidiano che fu di Carlin. Problemi tecnici non agita, non conoscendone affatto. Limita le sue cronache al racconto di quel che accade in rapporto all’orologio e ai suoi sentimenti ignari. Interpreta come gli consente la totale incompetenza. Dilata artificiosamente fatti e dichiarazioni, avvalendosi di titoli sesquipedali. Immagino che i piemontesi seguano allibiti e perplessi, talora divertiti, raramente convinti, questo inseguirsi di botti e fumate. Né il partenopeo si accontenta di restare, come gli imporrebbe la logica, alla comoda superficie dei conformisti. Non di rado, invece, egli si picca di passare all’attacco, di influire sul costume deplorando tartufescamente lo altrui. Un giorno si scusò con Viani dichiarando pari pari di essere completamente estraneo al mondo e alla tecnica calcistica. Poco dopo, lo attacca violentemente in omaggio al qualunquismo più vieto. Alla prima occasione, lo sdegnato Viani l’afferrò per il bavero e lo tenne alzato per qualche istante contro la parete dello spogliatoio. Come li divisero, il partenopeo scoprì che il modulo auspicato da noi e ormai adottato da tutti, poteva disinvoltamente chiamarsi mezzo sistema e lo accettò quando consentiva commercialmente utili vittorie; lo deplorò invece quale immondo catenaccio nei casi di sconfitta».


A dirimere il duello i consueti “pontieri”, gli amici comuni e i colleghi. Antonio Ghirelli accetta di ritirare la querela a patto che Brera scriva un corsivo riparatore su “Il Giorno” ed effettui il pagamento d’un milione di lire da versare alla “Associazione Stampa Sportiva di Napoli” per tre borse di studio da mettere in palio tra i figli di giornalisti sul tema “L’indistruttibile amicizia tra il Nord e il Sud”.



Da menzionare, of course, anche il sopracitato Gino Palumbo che dalle colonne de “Il Mattino”, riferimento da sempre per i napoletani, sollecitava il Napoli a dotarsi di una struttura societaria moderna, conforme alle epoche. Un affronto per Achille Lauro che di quel Napoli era presidente, sindaco della città, ma, in questo contesto, era soprattutto il proprietario de “Il Roma”, quotidiano concorrente. La polemica sfocia, anche in quel caso, in un duello reale, l’ultimo che si ricordi nella storia del giornalismo partenopeo, anche se a duellare ci fu uno dei due mentre l’altro per interposta persona.

Ad affrontare Palumbo il 10 giugno 1959, in un viottolo di campagna a Quarto, infatti, fu Antonio Scotti, detto Tonino, che de “Il Roma” era capo della redazione sportiva e considerato a lungo il cronista più attento e appassionato delle vicende del Napoli, nel quale aveva un passato da calciatore, avendo militato nelle squadre giovanili. Palumbo tocca con la lama Scotti sul braccio, esce una goccia di sangue, ma, fortunatamente, la vicenda viene archiviata al circolo della stampa e conclusa con un caffè di gruppo.

Derby di opinioni. Duelli fatti di parole da fronti contrapposti, che dai giornali, poi, passano alla tv “Napoli chiama, Milano risponde” e viceversa.

Gianni Vasino dalla patria di Sant’Ambrogio a narrare del Milan, Gigi Necco da Napoli a entusiasmarsi per l’azzurro e Diego Armando Maradona. A fare da “cartolina” un altro monumento del calcio raccontato che fu, il “90° Minuto” di Paolo Valenti. Quando per vedere i gol della domenica bisognava attendere. Niente highlights immediati, niente calcio in diretta. Lo si immaginava ascoltando la radiolina con “Tutto il calcio minuto per minuto” e poi lo si ammirava in tv, prima in bianco e nero, poi a colori. Duelli, contrasti, da rivivere nei racconti, con l’emozione e la passione di “Contrasti”, la rivista…

Ti potrebbe interessare

Giovanni Arpino, un apolide dell’esistenza
Cultura
Matteo Zega
11 Giugno 2022

Giovanni Arpino, un apolide dell’esistenza

Il pallone in poesia e in purezza.
La Bobo TV in Rai pugnala alle spalle il giornalismo sportivo
Critica
Gianluca Palamidessi
21 Ottobre 2022

La Bobo TV in Rai pugnala alle spalle il giornalismo sportivo

Se il servizio pubblico diventa un affronto alla nostra intelligenza.
La banalità ha (sopran)nomi e cognomi
Papelitos
Alessio Nannini
10 Giugno 2021

La banalità ha (sopran)nomi e cognomi

Dal Gallo a Supermario, da Ivan il Terribile a Lorenzo il Magnifico.
I primi cinquant’anni del calcio in Italia
Recensioni
Massimiliano Vino
09 Aprile 2020

I primi cinquant’anni del calcio in Italia

Enrico Brizzi racconta il pallone tricolore, dalle sue origini fino al Grande Torino.
Troppo facile sparare sugli ultras
Editoriali
Andrea Antonioli
17 Gennaio 2023

Troppo facile sparare sugli ultras

Tutti contro gli uomini neri.