Critica
15 Luglio 2024

L'Europa ai piedi del talento

Una Spagna dominante conquista Euro 2024

Dallo scranno privilegiato delle nostre colonne digitali, a volte ringrazio la Provvidenza di averci condotto verso la via della critica piuttosto che quella della cronaca. Diversamente, ci avrebbe colto certamente lo sconforto dopo i primi 45 minuti di nulla cosmico della finale di Berlino. Fortunatamente per accendere la ripresa sono bastati 2 minuti al rientro in campo della Spagna e regalarci almeno una finale di un campionato europeo che ha rispettato l’andamento del suo atto conclusivo. È stata una competizione stanca, in cui i ritmi compassati e il gioco di posizione hanno dominato lo scacchiere, affidando alle fiammate di pochi le sorti degli incontri. È sembrato quasi che non ci siano mai state davvero gerarchie in questo Euro 2024, in cui tutte le squadre hanno giocato con lo spirito battagliero delle piccole, ma non hanno mai saputo imporre la supremazia delle grandi.

Abbiamo voluto immaginare che il secondo posto della Francia nel proprio girone e il terzo dell’Olanda fossero disattenzioni di una fase di rodaggio. Abbiamo chiuso un occhio sulle disattenzioni tedesche a Dortmund contro i danesi, abbiamo lodato la resilienza inglese negli scontri diretti: sempre in difficoltà, a boccheggiare sotto la linea di galleggiamento per poi tornare a respirare nei minuti di recupero e acciuffare in qualche modo la qualificazione. Ci siamo illusi che la mediocrità che stavamo vedendo si sarebbe risolta poi infine nella chiusura del cerchio, che i valori si sarebbero mostrati, come è sempre accaduto. Invece no, eravamo di fronte alla verità e non lo sapevamo.

Un’edizione in cui hanno fallito i campioni. L’europeo di Mbappé è durato 90′, si incrinato insieme al suo naso e non si è più raddrizzato. Sfortunato lui e i transalpini che non sembrano aver mai processato la condizione non ottimale del loro capitano e si sono depressi insieme al giocatore più forte del pianeta. L’età e l’esilio dorato tra le dune rendevano più pronosticatile un ruolo non da grande protagonista di Ronaldo, ma dal marcatore più prolifico della storia degli europei, almeno, ci aspettavamo di trovare il suo nome talvolta segnato sul tabellino. Non hanno invece scuse le stelle britanniche, arrivate tutte all’apice delle loro carriere. Harry Kane non aveva mai segnato tanto in una singola stagione in carriera, l’ennesima comunque senza trofei, e Bellingham è stato, specie nella prima parte di stagione, il trascinatore del Real Madrid campione di tutto. Eppure, al di là di qualche giocata straordinaria, non hanno saputo prendere in mano una squadra fenomenale e condurla, se non alla vittoria, a un Europeo molto più brillante.

E così l’Inghilterra di Southgate è la finalista di un torneo in cui si è piazzata ben oltre dove meritava di arrivare e molto al di sotto delle aspettative. Questa volta IT’S COMING HOME non era più un coro da stadio, ma quasi più una speranza, un mantra da ripetere per convincersi di potercela fare. Ha avuto il merito, e perché no molta fortuna, a pareggiare nei minuti di recupero agli ottavi, vincere ai rigori i quarti, affermarsi al 90′ in semifinale, sempre dopo essere passata in svantaggio. Anche ieri, Cole Palmer aveva ripreso le Furie Rosse, facendo illudere lo stadio Olimpico di Berlino. Il tecnico inglese è ora in attesa di valutazione da parte della FA e, se è vero che la sua gestione è la più vincente, pur senza titoli, dal ’66 in poi, è anche vero che questo Europeo ha lasciato molti dubbi sulle sue capacità gestionali. Qualcuno ha lodato le sue scelte a gara in corso, che spesso hanno dato buon esito, come la mossa Watkins contro l’Olanda o l’ingresso di Palmer ieri. Nel calcio però, si sa, se un allenatore deve sempre raddrizzare in corsa è evidente che le scelte iniziali siano sbagliate. Quello che più o meno è accaduto a Southgate, che non ha saputo valorizzare il talento di Bellingham e Foden su tutti e probabilmente avrebbe potuto dare maggiore spazio tra i titolari a un Cole Palmer in chiaro stato eccellente di forma, oltre ad aver sacrificato il suo capitano dopo solo un’ora di gioco in un ultimo atto in cui la sua personalità, anche nel finale, avrebbe potuto fare la differenza.

Fortunatamente le eccezioni ci sono e risiedono tutte nella penisola iberica. Mai nessuna squadra era riuscita a vincere tutte le partite della competizione: la Spagna di De La Fuente – quarto di finale con la Germania escluso – è stata in grado addirittura di dominarle con una personalità e facilità fuori da ogni previsione. La continuità assicurata dalla guida tecnica federale, con un selezionatore cresciuto nelle nazionali giovanili spagnole, ha consegnato un CT preparato a questo singolare compito che ha ritrovato tanti dei ragazzi che ha accompagnato da giovani verso le loro carriere professionistiche. Con uno stile proprio, e un modello consolidato, le Furie Rosse hanno esportato il loro calcio tra i campi tedeschi e di fronte alla scarsa solidità degli avversari non hanno avuto vita difficile a imporsi in ogni sfida.

In una collettività che funziona, anche i singoli brillano. Rodri è un giocatore sublime, talmente perfetto in mezzo a un campo da calcio che è persino difficile trovargli un merito, lui che li racchiude tutti. Dani Carvajal, meriterebbe molti più onori di quelli che gli verranno tributati dalla stampa: un leone, in mezzo a giocolieri, nel circo ispanico che lui domina con cattiveria e astuzia. Lo odiano tutti: si contorce al primo contatto, mima le lacrime ieri sera al malcapitato Saka, perde tempo da buon mestierante quando la sua squadra è in vantaggio. È il vero tassello di esperienza e attitudine vincente necessaria in questa Spagna di giovani speranze. Nico Williams è stata la vera stella offensiva di questi Euro 2024 – non ce ne vogliano i pretoriani di Lamine Yamal, arriviamo anche a lui. Ha cavalli da vendere in un motore costantemente su di giri, pronto a sprintare, fermarsi e dribblare con una costanza durante l’arco di tutta la partita che raramente si era visto in un calciatore europeo.

Lamine Yamal e Nico Williams
Nico Williams e Lamine Yamal (Credits: Federazione spagnola, via X)

E poi Dani Olmo, capocannoniere del torneo, Cuccurella, dileggiato da chiunque per quel look davvero fastidioso, ma che in campo ha giocato con una personalità e attenzione fuori dal comune, togliendosi pure lo sfizio dell’assist decisivo per la vittoria dell’Europeo. Il capitano poi, Alvaro Morata: lo conosciamo bene, e ne abbiamo sempre tratteggiato il profilo di ottimo giocatore, ma un po’ pigro e poco determinato. Chissà se sia stata la fascia di capitano, o magari le somme di una carriera che è entrata nell’ultima fase, ma certamente non avevamo mai visto Morata così determinato, così volenteroso nello spingere il destino dalla propria parte. Infine il blocco basco, motore fondamentale per plasmare questa nazionale: la Gen Z di Euskadi sembra avere meno avversione alla rappresentanza iberica ed è maggiormente disposta a indossare la maglia delle Furie Rosse, pur mantenendo la propria identità. Ecco allora che mai si era vista un’ossatura basca così rappresentativa: Unai Simon tra i pali, Dani Vivian e Laporte in difesa, Zubimendi e Mikel Merino tra i centrocampisti, infine gli attaccanti, i marcatori che hanno regalato il titolo europeo alla Spagna, Nico Williams e Oyarzabal.

Da ultimo c’è lui. Il giocatore che ci avete fatto odiare di più nell’ultimo mese. Non ho ancora capito se sia necessario chiamarlo Lamine Yamal per intero o se basti uno solo dei due nomi: sembra banale, ma in telecronaca prima di finire di pronunciare entrambi, è facile che stia già esultando. A inizio torneo abbiamo scomodato la legislazione tedesca, interpellato i giuslavoristi più ferrati per risolvere il giallo sulla questione dei lavoratori Under 16 dopo le 23 in Germania. Circostanze che mi hanno fatto molto riflettere, visto le deplorevoli condizioni di lavoro in cui versano molte categorie di lavoratori in Italia che però, sovente, hanno ricevuto attenzione mediatica ben minore. Poi è stata la volta della foto del bagnetto di Messi a Yamal, una cosa a metà tra il sacro e il profano: uno spot diventato immediatamente un battesimo di grandezza o, se siete pagani, una specie di immersione di Achille da parte della madre Teti nello Stige che invece di immortalità ha trasferito nel ragazzo catalano le doti del suo sinistro. E infine i record di precocità, addirittura le investiture a prossimo Pallone d’Oro.

Beninteso, il ragazzo ha un talento davvero infinito, una personalità che ha reso il suo ingresso tra i grandi del pallone quasi naturale e davanti a lui il futuro non può che essere sfavillante. In questo Europeo è stato insieme a Nico Williams la spina nel fianco di qualsiasi avversario, e pare che dalle parti del Camp Non la coppia sia piaciuta così tanto da volerla riproporre dal prossimo anno ogni domenica, pagamento della clausola del basco permettendo. La sensazione spiacevole è stata invece quella di voler trovare a tutti i costi in questo fenomeno di precocità la figura mediatica del torneo, il calciatore attorno al quale costruire la copertina di questi campionati europei, dove le grandi figure attese hanno steccato. Una perversione che carica di enormi responsabilità un ragazzo nell’estate dei suoi 17 anni ancora acerbo di calcio e di vita e intorno al quale è bene che il club e la famiglia facciano scudo, in modo da evitare di ripercorrere la triste parabola di Ansu Fati che rispetto a Yamal non era particolarmente inferiore in talento né in precocità.

Spagna Euro 2024
La Spagna campione d’Europa (Foto: Federazione Spagnola, via X)

E così la domenica perfetta se la regala la Spagna, che in poche ore si fa incoronare due volte dai Windsor. A Londra Carlos Alcaraz riceve da una splendida Kate – alla seconda uscita pubblica dopo l’annuncio della malattia e del ciclo di cure – vestita di viola sui prati verdi dell’All England Lawn Tennis and Croquet Club il suo secondo trofeo di Wimbledon. A Berlino il Principe William incorona la Spagna campione d’Europa. Una generazione di successo che ha esportato nel tennis un fenomeno totale e nel calcio un gruppo dal talento accecante. Una scorpacciata di abbondanza che si è permessa il lusso di lasciare in panchina uno come Grimaldo, migliore esterno sinistro della scorsa stagione con Xabi Alonso a Leverkusen, e assorbire agevolmente l’assenza di Pedri dai quarti per infortunio. Non sono invece nemmeno partiti per la Germania Gavi, ancora alle prese con un brutto infortunio al ginocchio che l’ha tenuto lontano dai campi per quasi tutta la stagione e Cubarsì, altro teenager catalano destinato a diventare un punto fermo di questa nazionale. Paradossalmente, questa squadra ancora giovanissima ha il difetto di essere inesperta eppure è già vincente. Insomma, il futuro della Spagna è forse addirittura più promettente del presente: nel tennis è una certezza, ma nel calcio questi Europei hanno tutta l’aria di essere una seria ipoteca a un altro ciclo di successo.

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