Calcio
02 Luglio 2024

Gli Svizzeri della Gialappa's

“Potevo rimanere offeso” e alla fine ci siamo rimasti.

Sulla fine di questo Europeo, e sopratutto sulla sua nostra fine, è stato scritto molto anche perché questa fine era plausibile. L’abbiamo vista arrivare (chi più, chi meno) e quindi epitaffi, necrologi e meme (che forse è peggio di un terribile elogio funebre) erano pronti. Lo stesso Chat gpt era stato istruito dai prompt del nostro scetticismo. Sulle pagine del Corriere dello Sport, Ivan Zazzaroni ha scritto che siamo incapaci di calcio e che, parafrasando, il nostro sbaglio più grande è stato quello di essere entrati in campo. Concetto abbastanza diretto ma in realtà più profondo della sua stessa immediatezza.

È come dire che siamo destinati alla morte nel momento in cui nasciamo, solo che quel momento – in media – è abbastanza lungo e dovrebbero essere colmato con un (un po’) di senso o per lo meno (abbastanza) consapevolezza. In questo tempo, che viviamo come resistenza alla morte, dovremo chiederci più volte chi siamo. Proprio contro la Svizzera, questa domanda identitaria (chi siamo?) è apparsa più volte sotto forma di mantra o trend, se preferite. I vari telecronisti erano quasi tutti allineati nel sottolineare che la Svizzera non è il Brasile. Come a dire, benissimo perdere contro il Brasile – mitologico esempio di bravura intramontabile anche alla sua stessa narrazione – ma la Svizzera no.

L’Italia non può perdere contro la Svizzera.

Pertanto, la domanda che mi sono fatto più volte, non è stata “come mai abbiamo perso?” quanto, piuttosto, “perché non potevamo perdere contro la Svizzera?” ovvero, cosa ci avrebbe reso immuni da una sconfitta. Le evidenti doti tecniche, i buoni risultati, la forma fisica, oppure la tradizione? E per tradizione non intendo tanto il dato statistico, quindi quello relativo all’ultimo successo elvetico nel 1993 in una gara di qualificazione al Mondiale di Usa ’94 (1-0 grazie al gol di Hottiger). Per tradizione intendo un nostro stereotipo culturale legato, nello specifico di questa partita, alla comicità.

Prima ancora di entrare nel vivo della questione, vorrei far notare come Svizzera e Italia, essendo confinanti e in alcuni parti permeabili, abbiamo portato avanti per diversi anni una sorta di battaglia identitaria a suon di pubblicità. Una delle più note è l’ormai celebre frase “Svizzero, no Novi” che celebra la bontà del cioccolato italiano rispetto a quello svizzero, patria dei MaîtreChocolatier come vien ribadito nella pubblicità della Lindt, azienda multinazionale svizzera specializzata nel settore della produzione e vendita di prodotti dolciari e nella produzione di cioccolato di lusso.

Per passare poi al versante svizzero con la Camera di Commercio del Ticino e il suo sloganinvestire nel giardino del vicino può essere pericoloso. Nutriamo il nostro territorio, lavoriamo con imprese locali” che finisce con tanto di pallonata in faccia all’uomo che erroneamente continua ad annaffiare il prato del vicino (ricordando così la polemica sui lavoratori transfrontalieri italiani). Venendo, dunque, alla partita di sabato scorso, molto “semplicemente” non potevamo perdere, non solo per questa battaglia pubblicitaria, ma soprattutto perché la Svizzera è stata un refrain del nostro consumo ironico, del nostro immaginario culturale comico.



Gli Svizzeri, infatti, è stata una celebre serie (al tempo definita come sketch comici) ideata dal trio Aldo, Giovanni e Giacomo e trasmessa nell’edizione 1996-1997 di Mai dire Gol (18 episodi della durata di circa 3-4 minuti l’uno). Gli Svizzeri, che basavano il loro copione sulla parodia dell’allora noto programma di Rai 3 Ultimo Minuto, veniva trasmessa da una fittizia Tv Svizzera in collegamento con l’Italia. La serie raccontava la storia di tre personaggi: lo stilista Gervasoni (Giacomo), l’uomo qualunque Rezzonico (Giovanni), il poliziotto Hüber incorruttibile e ligio al dovere (Aldo).

Tutto ruotava intorno alle gelosie del prêt-à-penser Gervasoni che di fronte alla fortuna di Rezzonico – dal raccogliere più funghi a vincere costantemente a ping pong – escogitava costantemente modi assurdi per eliminarlo. Nel momento del pericolo, tuttavia, il fiuto del poliziotto Hüber veniva solleticato e, tra una sparatoria gratuita e qualche investimento, Rezzonico era sempre tratto in salvo. La serie è ambientata in una non meglio specificata area svizzera, stereotipo del Canton Ticino, definita nella serie come “profondo sud”. Aldo, Giovanni e Giacomo giocano su ingredienti semplici e diretti che riguardano soprattutto l’identità di confine.

Pertanto, all’atteggiamento iper scrupoloso del poliziotto Hüber seguono sempre una serie azioni rocambolesche in stile comiche che, in un certo senso, depotenziano le differenze – anche queste stereotipate – tra una Svizzera puntuale e precisa come i suoi orologi e un’Italia irrimediabilmente confusionaria che, non sapendo come, riesce comunque ad ottenere il massimo risultato. Del resto il claim con il quale si conclude ogni episodio è: “Tutto e bene ciò che finisce bene”. Per comprendere le dinamiche de Gli Svizzeri, un esempio, molto evidente e ovviamente divertente, è quello della puntata intitolata “La Spider di Rezzonico”.


In questa puntata Rezzonico vince una spider rossa e corre al bar a vantarsi di fronte all’amico Gervasoni il quale, bullizzato e umiliato da una serie di buffetti sulle guance, decide di porre fine ai giorni di Rezzonico versandogli del potente sonnifero nell’aperitivo. Tornato alla guida della sua spider, Rezzonico è vittima di una serie di colpi di sonno che fanno sbandare pericolosamente il veicolo rischiando così di mettere in serio pericolo gli altri automobilisti (che non ci sono) e i passanti (neanche a dirlo, inesistenti). Dall’alto del suo “platano preferito” il poliziotto Hüber capisce la situazione e si lancia (a piedi) alla rincorsa della vettura.

Per prima cosa sbaglia direzione, poi spara ad un passante per fargli evitare di attraversare la strada mentre Rezzonico “sfreccia” senza controllo, poi litiga con una poliziotta ancora più ligia al dovere che lo blocca ad uno stop e infine insegue la spider su di un bidone della spezzatura. Dopo tutte queste peripezie, il poliziotto Hüber riesce a salire sulla macchina in corsa come fosse un novello Keanu Reeves in Speed e ne blocca la corsa tirando il freno a mano. Una volta fermata l’auto, Rezzonico viene “messo in salvo”. Così al poliziotto Hüber non rimane che parcheggiare il bolide. Finale dello sketch, Hüber con lo sguardo fisso davanti a sé ingrana la retro e si schianta.

Morale “subliminale” della puntata: diffidate dall’eccessivo controllo (potremmo dire tornado al calcio, tatticismo) e dall’eccessiva organizzazione. In un modo o nell’altro la situazione sarà risolta (questo potrebbe essere il monito di un biscotto della fortuna).

Negli anni della sua messa in onda, Gli Svizzeri, ha saputo/hanno saputo creare dei modi di dire che hanno imperversato nelle battute del tempo e nei modi del far-ridere. In particolare in quel periodo erano celebri frasi come “potevo rimanere offeso” pronunciata spesso da Rezzonico dopo aver capito il rischio corso, oppure “Brutto, brutto, brutto” pronunciato dal poliziotto Hüber con un accento genericamente “svizzero-lombardo” ogni qualvolta fiutava il pericolo. Addirittura Michelle Hunziker, nata proprio nel Canton Ticino, ha usato questa auto parodia per affermarsi nel sue prime apparizioni a Mai Dire Goal.

Aver perso contro la Svizzera, dunque, è come aver perso contro la nostra stessa satira, un pensiero auto avverante che poi – visto la ciclicità del tempo – diventa auto punente. Non fa “male” solo a livello calcistico, ma fa male a livello culturale perché colui che è stato messo in ridicolo ha finito per ridicolizzarti. È uno stereotipo culturale cresciuto e quindi andato oltre l’etichetta che qualcuno gli ha dato. È la classica storia alla Karate Kid in cui noi siamo i bulli biondi che perseguitano il ragazzo indifeso. Poi lui passa un’estate intera a mettere e togliere la cera con Myaghi/Yakin e quando torna il nostro Dojo non fa gli più paura perché lui fa il calcio volante. Ciao ciao Kobra Kai.

Tra l’altro Aldo Giovanni e Giacomo hanno interpretato anche i “Bulgari” quindi, quando perderemo contro la Bulgaria, sappiamo già perché staremo così male.

Gruppo MAGOG

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