Una questione sociale, quindi calcistica.
In Argentina le proteste dei cittadini – in particolare dei pensionati – contro il governo per la delicatissima questione economica in cui versa il Paese hanno trovato manforte nel braccio potente del movimento ultras nazionale. Ci riferiamo, con termine ancora inesatto, alle barra brava di cui vi avevamo già parlato in un approfondimento uscito qui su Contrasti tempo fa.
All’epoca ci chiedevamo: «come si spiega, a livello culturale, l’incredibile risposta dei tifosi da stadio in un Paese che sta vivendo una crisi economica senza precedenti? Per evitare di sovrainterpretare la realtà, lo abbiamo chiesto al nostro Jacopo Benefico, autore di Contrasti che spesso e volentieri si è interfacciato con la passione di chi popola questa terra. Jacopo ci ha parlato di
“visceralità sociale: qui i club sono vere e proprie associazioni civili”».
Tradotto: chi tifa, anche in forme estreme (le cosiddette barra brava appunto), nasce e cresce, da ragazzino, nel club di appartenenza, per volontà dei genitori, un po’ come accade da noi con il catechismo e la parrocchia, per intenderci. Non si può scindere il civile argentino dal tifoso argentino in virtù di ciò: egli cresce da cittadino in quanto tifoso e aficionado del proprio club, del proprio stemma, dei propri colori.
Così riusciamo a spiegarci anche come mai negli ultimi giorni la protesta dei pensionati si sia fusa con quella – dalle forme anche violentissime – dei tifosi argentini, che per una volta hanno scelto di lasciare da parte l’astio reciproco e sono scesi in piazza uno accanto all’altro, con diverse casacche indosso ma con uno stesso cuore sociale. I pensionati non si toccano, questo il messaggio di fondo . . .