Papelitos
11 Dicembre 2022

L'insostenibile incompiutezza dell'Inghilterra

Una grande squadra paga i dettagli (e il carattere).

Sembrava che questa, finalmente, potesse essere la volta buona per l’Inghilterra. Niente più cori sul football che tornava a casa, nessuna dichiarazione roboante dei suoi protagonisti; e una Nazionale, grondante di talento, che procedeva nel tabellone a fari spenti, quasi in sordina, mai inserita tra le favoritissime. Tra i deliri su Messi/Maradona e l’Argentina, la questione ontologica Cristiano Ronaldo, le goleade del Brasile, la forza della Francia e di Mbappé e la sorpresa Marocco, in questo Mondiale l’Inghilterra, addirittura, quasi non faceva notizia. Per una squadra in difficoltà nel gestire le forti pressioni – pressioni che comunque in patria c’erano ed erano pesanti, a partire da quelle sul tecnico Southgate – una condizione assai favorevole.

Così l’Inghilterra è arrivata alla partita di ieri con la Francia quasi nel silenzio internazionale, pronta a giocarsi un quarto di finale che avrebbe potuto spalancarle le porte di un tabellone ormai svuotato. E se l’è giocato tendenzialmente molto bene. Il CT inglese ha messo in campo una formazione perfetta e ha preparato la partita nel modo migliore, spuntando le armi francesi (Mbappé su tutti, sempre triplicato) e architettando un’evidente e per larghi tratti decisiva superiorità in mezzo al campo.

Certo la Francia ha trovato il vantaggio al quarto d’ora con un tiro dalla distanza di Tchouaméni (Pickford tutt’altro che irreprensibile), ma poi l’Inghilterra ha preso in mano il pallino del gioco e il controllo della partita, avvicinandosi sempre più pericolosamente alla porta di Lloris. Così nel primo e ancor di più nel secondo tempo, fino al rigore solare concesso per fallo dello stesso Tchouaméni su Saka, al 54′, e trasformato da Harry Kane. 1-1. Ma è nei venti minuti successivi che si decide la partita. La bilancia sembra pendere dal lato dell’Inghilterra, che scheggia pure un palo con Maguire e soprattutto continua a dare l’impressione di aver disinnescato la Francia, di averla resa sterile e inoffensiva.

Per questo Southgate aspetta, troppo, e la partita gira nell’arco di un paio di minuti.

L’allenatore dei Tre Leoni, che fino ad allora era stato perfetto, commette il suo primo ma grande errore: fidarsi della capacità dei suoi di gestire la partita, e dei binari in cui si era messo l’incontro. Così tergiversa e ritarda i cambi. Un errore decisivo per una squadra che ha ancora dei vuoti clamorosi quando si tratta di gestione delle partite pesanti, come quelli mostrati in occasione della volée di Giroud al 76′, lasciato solo in mezzo all’area e ribattuto da Pickford, e sul gol un minuto dopo dello stesso Giroud, che su un cross pennellato (ma dalla trequarti) di Griezmann riesce a smarcarsi sul primo palo, tra quattro difensori inglesi, e ad insaccare piuttosto comodamente.



Un timore e un errore doppio, quello di Southgate, se si considera la mole di talento offensivo che l’Inghilterra ha disponibile in panchina: Sterling, Mount, Grealish, Rashford. Lo stesso Rashford che aveva segnato 3 gol nel mondiale in circa 150 minuti giocati (praticamente uno ogni 50′), e che è stato messo dentro solo all’85’, così come Sterling e Mount sono stati inseriti al 79′, un minuto dopo il gol francese. Una mancanza di coraggio costata cara a una Nazionale ancora immatura, che aveva concesso più occasioni in un minuto che nei precedenti 75; che non vive di equilibri e gestione, ma di attacco e qualità, e avrebbe dovuto provare a vincere la partita senza speculare, ma con il talento e la sfrontatezza che le sono propri.

Certo, poi c’è il rigorino di Kane – ci scuserete se lo chiamiamo così, potremmo dire rigore* ma con la postilla (*nel nuovo calcio). Anche qui, in un altro momento della verità, al fino ad allora impeccabile capitano inglese non reggono i nervi: contro il compagno di squadra Lloris, e sotto la gradinata dei suoi tifosi, Harry Kane spedisce il penalty alle stelle e si trasforma in ‘Harry Pain’ (come lo ha ribatezzato il Sun). Per il resto 20 e più minuti in cui succede poco e nulla, con la Francia che gestisce – lei sì – senza particolari ambasce il vantaggio, e gli inglesi a turbinare nervosamente sulla trequarti senza mai davvero incidere.

La solita Inghilterra immatura, incompiuta, incapace di gestire una partita pesante nei 90’minuti, e che torna a casa tra rimpianti, processi e what if. Forse gli ultimi della gestione Southgate, forse no.

Un’Inghilterra che, come scrive Vincent Duluc su l’Équipe, ha «perso per tradizione» mentre i francesi hanno «vinto per coraggio». E come nota Jonathan Liew sul Guardian: «la Francia ha superato l’Inghilterra perché le squadre campioni vincono nei grandi momenti. Non è di alcuna consolazione sottolineare che l’Inghilterra ha fatto del suo meglio, che ha avuto la maggior parte delle occasioni e il controllo del possesso palla, che è arrivata con un piano preciso e in gran parte lo ha pure eseguito alla lettera. Né è di alcuna consolazione rimescolare le solite banalità su che bel gruppo di bravi ragazzi sia questo. È tutto vero. Ma nella fornace del calcio a eliminazione diretta, tutte queste belle qualità ti portano vicino al traguardo. Non decidono mai se qualcuno lo taglia prima di te».

Ne è uscita comunque una grande partita, per ritmo e qualità forse la più ‘bella’ del Mondiale. Bella certo, usiamo questo termine assai inflazionato, ma non emozionante come altre perché, appunto, era solo una (grande) partita. Così simile a un big match di Champions League tra due grandi club, laddove poche ore prima i leoni in rossoverde avevano portato in campo il loro popolo, il loro mondo (quello arabo), il loro Dio. Per partite come quelle ci innamoriamo dei mondiali e del calcio come fenomeno sociale, culturale, identitario; per partite come Francia-Inghilterra ci divertiamo e ci appassioniamo al calcio come spettacolo. In attesa che Francia-Marocco, una partita storica (letteralmente) e uno scontro di mondi sul rettangolo verde, ci dia delle risposte: sportive, ma non solo.

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