«Vi ricordo che quando sono arrivato alla Juventus e si è giocata la prima partita di Champions c’era gente che era bianca come questo pallone! Perché aveva paura di giocà col Malmö! Quindi non ne voglio più parlare. E ripeto: se andiamo fuori non è fallimento. Poi scrivete cosa vi pare». Così un inferocito Max Allegri se la prendeva con l’intera stampa italiana il 9 marzo del 2019, poco prima della clamorosa rimonta agli ottavi di finale contro l’Atletico Madrid. E su quella prima uscita europea a Malmö del 2014 è ritornato anche nella conferenza alla vigilia della nuova partita con gli svedesi, vinta ieri sera:
«Sono situazioni diverse, all’epoca avevamo cominciato bene, anche se si respirava un’aria negativa per le precedenti eliminazioni dalla Champions. Adesso invece veniamo da un inizio disastroso e dobbiamo mettere subito le basi per affrontare il girone nel migliore dei modi».
Max Allegri, 13.09.2021
Poi sono tornati i suoi cavalli di battaglia – e la metafora ippica ovviamente non può essere casuale -, per cercare di ridonare serenità a un ambiente scosso da un inizio di stagione da incubo. Equilibrio: «Come dico sempre, nel calcio non si può né sempre vincere né sempre perdere», accortezza: «Dobbiamo crescere velocemente nelle malizie, nelle gestione dei momenti. Faccio un esempio: Rabiot dà per scontato che Szczesny blocchi il tiro di Insegne e resta fermo, così Politano gli prende il tempo. E se Bernardeschi si fa far fallo invece di farsi rubare la palla, il tiro di Insigne proprio non arriva», fino alla strigliata: «I giovani non sono più giovani, devono darsi una svegliata».
A giudicare dallo svolgimento della prima partita europea del suo nuovo corso alla Juventus, tutti i messaggi sono arrivati chiaramente: ieri sera la Juve si è ritrovata a condurre per 3-0 già alla fine del primo tempo, mostrando una solidità e un’organizzazione incredibilmente mancate nelle prime tre di campionato. I gol segnati, poi, non sono sembrati causali: il primo di Alex Sandro ha premiato la scelta tattica di Allegri di utilizzare Rabiot come finto esterno sinistro, in realtà pronto ad accentrarsi per lasciare spazio al brasiliano. Il francese è ancora un “cavallo senza fantino” per Alessandro Barbano del Corriere dello Sport, metafora ippica seguita a quella dell’appassionato Allegri nel post-partita: «Rabiot non sa neanche lui le potenzialità che ha, quando strappa ti porta via». Il rigore di Dybala, poi, è sembrato il preludio delle pressioni che l’argentino dovrà vincere nel corso dell’anno ora che senza Ronaldo è diventato l’uomo fondamentale della squadra, ieri addirittura con la fascia al braccio. Infine, il timbro di Morata ha ricordato la sua decisiva marcatura in Manchester City-Juventus del 15 settembre 2015, che terminò 1-2 proprio in un momento (questo sì) molto simile all’attuale per i bianconeri: dopo un punto in tre gare di campionato, prima della celebre rimonta con 15 vittorie consecutive post-Sassuolo.
Se è vero che «pensare al campionato recuperato dallo sprofondo nel 2016 sarebbe una follia», perché questa volta «ci sono almeno cinque aspiranti legittime allo scudetto, e pensare che crollino tutte assieme è eresia», come ha evidenziato Fabio Licari sulla Gazzetta, va comunque notato come la vittoria in terra svedese sia stata anche «una prima dimostrazione di forza», secondo Mario Sconcerti: «la forza di rispettare un pronostico». Per l’ex-direttore del Corriere dello Sport comunque «Malmö è una risposta al presente, non al futuro». E la Juve resta una squadra con molte mancanze, «a partire da chi porta avanti il gioco e lo rifinisca nella costruzione».
«Ubbidiente, ordinata nelle tre linee», la Juve di coppa è sembrata per ora solo la manifestazione in campo di quell’accortezza che Allegri ha richiesto pedissequamente ai suoi per uscire dallo smarrimento, e che ha mostrato lo stesso mister nel restare praticamente in silenzio durante tutto il primo tempo, come notato da Emanuele Gamba su Repubblica:
«Allegri, che se n’era rimasto molto tranquillo nel primo tempo, solo nel secondo ha preso a rimproverare i suoi anche con qualche urlaccio (indirizzato in prevalenza ai centrocampisti), come se prima non avesse voluto mettere agitazione alla squadra che un passo dopo l’altro stava uscendo dal tunnel».
Emanuele Gamba, Repubblica 15.9.2021
D’altronde per il tecnico livornese il calcio è semplice, certo, ma solo in apparenza. Sa benissimo che certe dinamiche mentali rischiano di minare la fiducia di una squadra e dei suoi singoli, compromettendo il nuovo corso juventino. Quando nel post-partita gli hanno chiesto di dire qualcosa sulla prestazione dei suoi attaccanti, allora, ha preferito rispondere che «Szczesny ha giocato bene»: accortezza, ancora una volta, ma chissà se basterà a rimettere in piedi un campionato che già domenica, contro il Milan, rischia di sprofondare ancora più in basso.