Con il massimo del rispetto per Pablito, ma anche per lo stadio.
Se Paolo Rossi fosse stato ancora vivo nessuno avrebbe proposto di intitolargli lo Stadio Olimpico. Non solo perché queste cose accadono postume anche per i semi-dei (Maradona a Napoli), ma anche perché la grande maggioranza dei romani – e non solo – avrebbe avanzato legittimi riserve. Chiariamo: Paolo Rossi è stato un eroe del calcio italiano, su questo non ci piove; di più, un uomo onesto e rispettabile, amico sincero di tanti, “eccezionalmente normale” come lo ha definito uno speciale di Sky Sport. Ma con tutto il rispetto per Pablito, toscano di nascita e bandiera della Juve, con lo Stadio Olimpico c’entra poco e niente.
Certo il trionfo mondiale, in uno Stadio che dobbiamo ricordarlo appartiene a Sport e Salute (partecipata dal Ministero di Economia e Finanze). Eppure si potrebbero sollevare diverse obiezioni: la prima è che l’Olimpico non nasce per la Nazionale di calcio, anzi viene realizzato per le Olimpiadi del 1960 ed è un riferimento anche per altre discipline. Come scrive Andrea Managò su AGI:
«È lo stadio della finale di Coppa Italia, delle partite del Sei Nazioni di Rugby, di grandi concerti, del Golden Gala di Atletica. Ma non è l’impianto per elezione della nazionale di calcio, come avviene ad esempio per l’Inghilterra a Wembley».
E qui arriviamo al punto due: non è lo stadio d’elezione della Nazionale, anzi nel calcio lo è innanzitutto di Roma e Lazio. Sicuramente sarebbe pretestuoso negare che il cuore dello Stadio Olimpico sia rappresentato dal pallone, ma anche far finta che questo non batta principalmente per le due squadre capitoline. E se la storia, l’identità e il radicamento valgono ancora qualcosa, dobbiamo accettare che quell’impianto “appartenga” molto più ai biancocelesti e ai giallorossi piuttosto che agli azzurri. Malgrado non ne siano proprietari.
Così suona quasi spiacevole, a tratti provocatorio, “bocciare” l’ordine del giorno della Camera dei Deputati, che con 387 voti a favore ha impegnato il governo a valutare l’intitolazione dello stadio a Rossi. Nell’ipocrisia che oggi regna verso chi non c’è più, anche la critica ad un’indicazione sembra una mancanza di rispetto verso l’uomo, di cui abbiamo la massima stima. Ciò non toglie che Rossi non sia un simbolo dello Stadio Olimpico e nemmeno di Roma, come in ogni caso hanno fatto notare – seppur timidamente – diversi rappresentanti delle due tifoserie. Rivendichiamo di poterlo dire apertamente, senza frasi di circostanza o timore di offendere qualcuno.
Paolo Rossi è invece un’icona di Prato, luogo di nascita, ma anche di Vicenza, laddove si è formato come calciatore e come uomo: ecco perché, per eventuali intitolazioni, bisognerebbe guardare altrove. Con il massimo del rispetto per il grande Paolo Rossi, lo ripetiamo ancora una volta, ma anche per la storia dello Stadio Olimpico.