Tifo
20 Settembre 2022

L'Old Firm non muore mai

La morte della Regina ha riacceso lo scontro di mondi.

Elizabeth my dear, canterebbe Ian Brown mentre sogna un’Inghilterra repubblicana. Non proprio un elogio alla Corona ma, dato che la polemica è il nostro pane quotidiano, è con questo brano degli Stone Roses che vogliamo rendere omaggio a Elisabetta II. Un omaggio che effettivamente, in questi 13 giorni di lutto, è stato reso su tutti i campi europei in cui erano impegnate squadre britanniche – forse non proprio su tutti, converrà con noi la Federcalcio Scozzese, ma ci arriveremo. Capo di Stato, icona Pop, la morte della Sovrana ha scosso gli animi dell’opinione pubblica mondiale. E anche calcisticamente ha prodotto i suoi effetti, riaccendendo conflitti religiosi e politici e le rivalità su di essi fondate: su tutte, ovviamente, quella tra Celtic e Rangers, che certo con il tempo ha perso i suoi connotati più identitari ma che risente ancora delle proprie radici, della propria storia.

Così, la morte della Regina ci ha ricordato che i reali passano ma l’Old Firm resta. L’Old Firm non muore mai.

“90 minutes patriots”, patrioti ma solo per il tempo di una partita di calcio. Così venivano definiti gli scozzesi da Jim Sillars, membro dello SNP (Scottish National Party), dopo una sconfitta alle elezioni del ‘92. Parole che tendevano a sottolineare la non corrispondenza tra il nazionalismo presente in campo sportivo e la sua realizzazione politica. Sin dalla notizia della morte di Elisabetta perciò, avvenuta lo scorso 8 settembre, non potevamo che rivolgersi a Glasgow, laddove i Glasvegiani ci hanno tenuto a ribadire la loro fede religiosa e calcistica: otto settembre-diciannove settembre, tredici giorni di puro Old Firm.



Sia chiaro, non che durante il resto dell’anno si tratti di baci e abbracci, ma in questo lasso di tempo i tifosi del Celtic e dei Rangers si sono sfidati con botta e riposta, e senza esclusioni di colpi: scritte sui muri della città, scenografie, cori e striscioni geniali o irrispettosi, a voi la scelta. Partono i biancoverdi, con un murale già dalle prime ore della scomparsa della Regina: “FUCK THE QUEEN”. Immediata la risposta lealista dei tifosi Rangers, che cancellano la scritta e la sostituiscono con un analogo “omaggio” al Papa. Poi arriva il mercoledì di Coppa, e Ibrox strapieno e gonfio d’amore innalza una scenografia con il volto della Regina e la Union Jack a coprire l’intera gradinata: un omaggio spettacolare ai 70 anni di regno di “Her Majesty the Queen”. A tutto ciò seguono le note di “God Save The Queen”, cantate dall’intero stadio dopo il minuto di silenzio.

Minuto di silenzio che poteva essere osservato a discrezione dei club per tutte le partite europee, qualora vi fosse stata una squadra del Regno Unito in casa o in trasferta. Lo stesso mercoledì sera però, al fine di evitare i fischi, il Celtic, lo Shakhtar e la UEFA decidono di comune accordo, in campo neutro a Varsavia, di non osservare il minuto in ricordo di Elisabetta II. Tuttavia, le Green Brigade dal settore ospiti non si arrendono e riportano le stesse parole del murale su uno striscione, seguito a sua volta da un altro striscione a dir poco brillante che recitava: “Sorry for your loss Michael Fagan”. Ma chi è costui? L’uomo che nel 1982 scavalcò i cancelli di Buckingham Palace e, senza essere mai fermato dalla sicurezza, arrivò nella camera da letto della Regina.

Inutile dire che la UEFA avvia immediatamente un procedimento disciplinare contro il Celtic, mentre i Rangers non vengono puniti per aver suonato l’inno nazionale prima del match.

Proprio in ragione di tale sanzione, e con l’obiettivo di evitare ulteriori situazioni spiacevoli create dai tifosi biancoverdi, nell’ultimo weekend di campionato il St. Mirren, che ospita il Celtic, segue le indicazioni della Federcalcio Scozzese e invita i calciatori ad applaudire durante il minuto di silenzio. I tifosi Hoops nel settore ospiti lasciano intendere di aver gradito l’assist, e srotolano la scritta “If you hate the Royal Family clap your hands, mentre cantano le stesse parole accompagnate dal battimani. Con tutto il rispetto, Game, Set and Match.

Insomma, non è questa la sede per disquisire delle conseguenze politiche della morte di Elisabetta II, né tantomeno per valutarne il regno. Eppure non possiamo fare a meno di guardare con fiducia ad una società e ad un tifo ancora vivi che si prendono il giro, coltivano il conflitto, mantengono le proprie identità e le proprie e le differenze. Così ì “90 minutes patriots” hanno riaffermato con forza le loro convinzioni, anche attraverso la giusta dose di sarcasmo, ricordandoci quanto la separazione tra cattolici e protestanti, lealisti e indipendentisti, seppur sfumata e non sempre tradotta in azione sul piano politico, sugli spalti resista ancora. Come l’Old Firm, che magari non sarà più quello di una volta ma che a differenza degli uomini e delle donne, siano essi reali, semplici cittadini o tifosi, non passerà mai.

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