Intervista a Supporters in Campo, il progetto italiano che promuove la partecipazione attiva dei tifosi.
Nel corso degli ultimi anni ed in particolare nell’ultimo periodo, sono emerse in maniera plateale – anche per i meno critici – le falle all’interno di un sistema calcio che ha mostrato tutta la propria insostenibilità sul piano finanziario, commerciale, economico e soprattutto sociale. Chi, da poco meno di un decennio, sta concretamente offrendo gli strumenti conoscitivi ai tifosi (e non solo) per arginare questa inevitabile deriva è Supporters in Campo.
SinC è un network frutto dei processi di collaborazione e dialogo tra gruppi di tifosi italiani e la piattaforma SD Europe, realtà internazionale impegnata nel promuovere il coinvolgimento dei tifosi nella gestione delle squadre di calcio, negli organi di governo nazionali e nello sviluppo sostenibile del gioco. Questa collaborazione ha rappresentato il punto di partenza per l’implementazione della rete SinC ed il suo successivo sviluppo.
Una cooperazione tra gruppi di tifosi di diverse realtà è oggi alla base del progetto che, proprio attraverso di essi, incentiva la partecipazione attiva dei tifosi nella governance delle società e delle istituzioni sportive. Un cambiamento che vede in questi ultimi dei protagonisti in grado di trasmettere un contributo, positivo, ad uno sport sempre più distante dalla gente. Abbiamo voluto saperne di più su Suppoters in Campo, potendo così approfondire il passato, presente e futuro del loro progetto.
Il contesto calcistico italiano – per molti aspetti ancora ostaggio del retaggio culturale che vede nel tifoso, nella società calcistica e nelle Leghe, figure circoscritte e separate – quanto è oggi propenso ad aprirsi a forme di coinvolgimento e di collaborazione tra tifosi, istituzioni e club?
Indubbiamente ci troviamo in un contesto non particolarmente aperto alle novità come quelle che, in rappresentanza di molte associazioni e cooperative di tifosi, promuoviamo da anni: partecipazione e coinvolgimento nei processi decisionali per incentivare il valore sociale del calcio; anche se – possiamo affermarlo – negli anni la situazione è migliorata, si sono aperti nuovi spazi grazie al grande lavoro svolto nei singoli territori. I motivi di questa riluttanza sono diversi, spesso legati ad interessi che vanno al di là del mero contesto del calcio. I clubs rappresentano delle vetrine per imprenditori, spesso avventurieri, che non hanno intenzione di coinvolgere i tifosi, giacché possono rappresentare un freno per le loro ambizioni personali.
Inoltre, per anni abbiamo subito un bombardamento volto a far passare il messaggio del tifoso-cliente, elemento che ha ulteriormente allontanato i supporters dall’idea del coinvolgimento attivo, rendendoli spettatori passivi, ma la realtà è che proprio i tifosi sono coloro che hanno reso il calcio lo sport più popolare e seguito: pertanto, sviluppare percorsi virtuosi di partecipazione potrebbe portare giovamento all’intero sistema. Soprattutto in una fase come quella che stiamo attraversando, in cui le risorse sono sempre minori e gli stadi (al di là dall’attuale contesto postemergenziale) semivuoti, implementare un nuovo livello di coinvolgimento può determinare un cambio significativo di rotta.
Dal lato delle leghe c’è una crescente consapevolezza della necessità di garantir ciò ai tifosi, ma molti club stentano a comprendere le reali potenzialità di una collaborazione tra tutti gli attori in gioco: è un problema principalmente culturale che stiamo affrontando da anni con qualche risultato incoraggiante anche grazie alle iniziative condivise con la rete internazionale – SD Europe – di cui Supporters in Campo fa parte.
In passato, insieme con le leghe del calcio italiano, abbiamo realizzato alcuni progetti, sia per la promozione dell’attività delle associazioni e delle cooperative aderenti a SinC, sia per la diffusione della figura del Supporter Liaison Officer, avendo partecipato alla redazione del manuale sullo SLO, poi reso disponibile a tutte le compagini professionistiche e non. Resta molta la strada da fare e servirà uno sforzo ancora maggiore e deciso da parte di tutte le parti in causa, anche della politica, affinché ci sia una sempre crescente apertura alle istanze dei tifosi.
Nonostante si assista continuamente a vicende riguardanti episodi legati a illeciti sportivi, calcioscommesse, derive commerciali e strette repressive nei confronti dei tifosi, il sistema calcio – inteso nella sua degenerazione attuale – sembrerebbe continuare a mantenere un certo appeal. Cosa manca al tifoso medio per prendere coscienza dei processi di snaturamento a cui questo sport è sottoposto?
Probabilmente maggiore conoscenza delle proprie forze, delle possibilità che si possono aprire se si lavora uniti per il bene del proprio sodalizio di riferimento, e anche di quello che accade in altri Paesi dove i tifosi sono sempre maggiormente coinvolti nei processi decisionali: basti pensare a quello che accade in Germania e alla grande crescita dell’influenza dei Supporters’ Trusts nel Regno Unito. Bisogna avere maggiore fiducia in sé stessi, uniti si può determinare un cambio di passo del proprio club e lavorare assieme ad altre tifoserie per migliorare il calcio italiano, rendendolo più aperto alle iniziative di partecipazione attiva, da cui possono indubbiamente derivare vantaggi per tutti.
Manca anche da parte dei media la giusta considerazione per il tema nel suo complesso e per le singole iniziative dei tifosi, spesso bollate con superficialità come impossibili o fallimentari prima ancora della loro partenza: questo deve cambiare ed è sempre collegato alla scarsa cultura al riguardo.
Quali realtà hanno, nel corso di questi anni, intrapreso un percorso di collaborazione attiva tra tifosi e club? Mediante quali strumenti?
Sono oltre quaranta le realtà che hanno provato a intraprendere e sviluppare un percorso di partecipazione attiva nelle rispettive compagini sportive di riferimento: tra alti e bassi sono stati raggiunti risultati impensabili dieci anni fa, quando nascevano le prime realtà organizzate in Italia. La base delle loro attività è la costituzione di un’associazione, un comitato o una cooperativa che si basi su alcuni principi cardine che caratterizzano il nostro network: inclusività, democraticità (una testa, un voto), propensione al valore sociale del calcio, assenza di scopi di lucro, indipendenza dal club. Ne troviamo in tutte le categorie del calcio italiano, dalla Serie A alla Terza Categoria.
Alcune realtà sono riuscite ad assumere il controllo del proprio sodalizio intervenendo in situazioni di difficoltà finanziarie, come ad esempio a Fasano, dove il Città di Fasano è controllato dall’associazione “Il Fasano Siamo Noi”, o a Tortona dove l’HSL Derthona è integralmente controllato dall’associazione “Noi Siamo il Derthona”: entrambe le squadre hanno raggiunto risultati sportivi considerevoli. Altre realtà hanno dato vita al loro club in protesta contro la moderna gestione del pallone creando una propria isola felice, come nei casi dell’Ideale Bari Calcio, del Cava United F.C., del Brutium Cosenza o del Centro Storico Lebowski.
Altre hanno speciali diritti frutto di un percorso di collaborazione con il proprio sodalizio sportivo, come ad esempio la proprietà dei marchi e/o della denominazione sociale, o poteri di veto su alcuni processi decisionali del club, come accade a Taranto con l’associazione “Taras 706 a.C.” – che rifondò la squadra jonica all’indomani del fallimento del 2012 – la quale gode di una serie di poteri speciali per tutelare la storia della compagine, la compartecipazione dei tifosi e ancora oggi detiene una quota rilevante della società.
Altre ancora hanno acquisito quote tali da consentir loro di avere diritto ad esprimere dei consiglieri all’interno dei CdA dei rispettivi sodalizi (Arezzo, Barletta, Bologna, Brindisi, in passato Prato e Ancona) o di partecipare attivamente alle assemblee dei soci (Verona, Roma, Rimini, Modena, Milan, Acireale). Qualcuna, pur non detenendo quote di partecipazione al capitale, riesce a collaborare in merito a progetti specifici che spaziano dalle iniziative sociali, alla tutela del pubblico negli stadi grazie al Supporter Liaison Officer (SLO), fino alla gestione delle giovanili, oppure si limita a un ruolo di pungolo e controllo della gestione societaria (come nei casi di Vigor Lamezia, Torres, Sambenedettese, Potenza, Palermo, Padova, Nocerina, Lecce, Campobasso).
Sicuramente ne manca qualcuna, ma in generale, come potete notare, le vie scelte dai tifosi per avere più voce nei propri club sono diverse, non esclusive, e variano sulla base del contesto, delle possibilità e della voglia di avere o meno una maggiore influenza: le difficoltà non mancano, i risultati però sono evidenti e incoraggianti.
Quali obiettivi si propone il network SD Europe, e quali sviluppi avrà il progetto SinC nei prossimi anni?
SD Europe punta a sviluppare una rete di interscambio delle esperienze di partecipazione attiva dei tifosi, che in Europa hanno assunto diverse forme derivanti dalle peculiarità di ciascun Paese. Ciò al fine di consentire la crescita complessiva del movimento, garantendo a ogni membro l’opportunità di imparare le buone pratiche che sono maturate nell’ultimo decennio attraverso scambi di informazioni e programmi comuni. L’obiettivo è sensibilizzare al tema del coinvolgimento dei supporters per spingere verso un calcio più sostenibile, che rivolga l’attenzione alla propria comunità e che tenga in maggiore considerazione la voce dei tifosi.
Nasciamo con lo scopo di sostenere attivamente tutti i tifosi che intendono accrescere la propria influenza sui loro clubs di riferimento. Il nostro intento è proseguire nella diffusione delle buone pratiche sviluppate dai nostri aderenti affinché continui la crescita, sia qualitativa che quantitativa, della rete e vorremmo ampliare il supporto che cerchiamo di assicurare ai gruppi che già si riconoscono in SinC e a quelli che si stanno strutturando e che si struttureranno.
Parlaci della figura del Supporter Liaison Officer (SLO). Quali sono i vantaggi che questo ruolo potrebbe apportare e quali le limitazioni che, ad oggi, incontrerebbe nel corso della sua eventuale implementazione?
Il Supporter Liaison Officer ha il compito fondamentale di intrattenere adeguate relazioni con il pubblico del club calcistico in cui presta il proprio servizio; il fine della sua attività professionale è costruire, conservare, consolidare e sviluppare il legame unico della società di calcio con i tifosi di quella squadra. Questo ruolo, che può essere affidato ad una persona o ad un gruppo di persone organizzate in un ufficio, è stato introdotto dalla U.E.F.A. nell’art. 35 delle “Club Licensing and Financial Fair Play Regulations” e recepito dalle istituzioni calcistiche italiane dal 2011, per impegnare i club a rendere il rapporto con i propri sostenitori funzionale e capace di migliorare la partecipazione sia alle partite sia a eventi e iniziative.
Ha lo scopo di dare al pubblico un punto di riferimento su svariati fronti: fornendo informazioni, accogliendo istanze di gruppi di tifosi, proponendo iniziative e, più in generale, favorendo proprio la partecipazione positiva dei supporters all’attività del sodalizio. L’obiettivo principale è rendere disponibile ai tifosi e agli appassionati un canale di dialogo diretto e bidirezionale con il club. Se sviluppato correttamente consentirebbe ad esempio di migliorare l’esperienza sugli spalti in occasione delle partite, anche riducendo le criticità legate ai servizi di biglietteria, contribuendo a prevenire situazioni di tensione tra le tifoserie e favorendo un migliore accesso degli appartenenti alle categorie svantaggiate alle manifestazioni sportive.
Per risultare efficace deve essere ben organizzato dal club, che dovrebbe investire in formazione e nella costruzione di una vera e propria squadra che rivesta il ruolo in questione, e dovrebbe essere effettivamente implementato da tutte le società in quanto il dialogo tra gli SLOs di ogni sodalizio è alla base della loro efficacia nel ridurre le possibili cause scatenanti di episodi di violenza, e nel favorire e tutelare sia i tifosi di casa sia quelli in trasferta.
Qual è stato il vostro rapporto personale con il calcio, quando e perché si è trasformato, e com’è diventato oggi?
Il network è composto da persone che appartengono alle più diverse categorie sociali e professionali. Ci sono ultras, tifosi semplici e professionisti del settore, tutti uniti dalla consapevolezza che la deriva del calcio in questa epoca va contrastata in qualche modo, spendendoci in prima linea per cercare di migliorare l’ambiente di cui fanno parte le nostre squadre del cuore. Il fiume di soldi che ha travolto il calcio a partire dagli anni ’90 è senza dubbio il fattore che ha maggiormente determinato il suo cambiamento in peggio, ha concentrato – aggiungiamolo – l’interesse di chi gestisce le società non più sui clubs in sé e per sé, ma sul giro d’affari e sugli interessi che ruotano attorno a essi.
Il tifoso ha perso il suo ruolo centrale e la considerazione di cui godeva in passato: il calcio ad alti livelli è sempre più entertainment televisivo ed è francamente difficile porre un argine a ciò, mentre invece in provincia ancora resiste qualche isola felice legata alla propria storia e alla propria comunità. Lì c’è un grande terreno fertile in cui la nostra idea di un calcio diverso, che guardi alle sue origini popolari e intenda quanto più possibile preservarle, può attecchire.
Il ministro Spadafora ha promesso una riforma strutturale dello sport italiano, appena sarà superata la crisi sanitaria. Dal punto di vista di SinC, quali sono le principali carenze del panorama sportivo nostrano e quali gli interventi più urgenti di cui avrebbe bisogno?
C’è in primo luogo un problema di carattere finanziario, molte delle realtà afferenti a SinC nascono infatti per salvare il proprio club da difficoltà di questo tipo. È necessario che le risorse vengano ripartite in modo più equo, così che ne possa beneficiare l’intera piramide del calcio italiano; magari rafforzando i controlli sui bilanci delle società per evitare che si verifichi ancora la moria di club – professionistici e non – che caratterizza puntualmente ogni estate e premiando gli investimenti e il lavoro dei settori giovanili.
Servono nuove regole sui proprietari, per evitare che facciano ingresso nel calcio banditi che a più riprese hanno imperversato in numerose “piazze” di casa nostra. Va inoltre ricostruito il rapporto con i tifosi, che devono essere coinvolti nelle decisioni e considerati non un problema ma una risorsa, nonché validi interlocutori con cui confrontarsi continuativamente, al fine sia di ripopolare gli stadi sia di rendere le società più aperte e sostenibili.
All’interno di SD Europe avete la possibilità di interagire con rappresentanti stranieri. Quali sono le differenze più evidenti nel modo di concepire lo sport ed il calcio che emergono dal confronto tra Italia ed estero?
Sicuramente la diversità dei contesti in cui si trovano, e ci troviamo, ad operare. I problemi dei tifosi degli altri Paesi europei sono molto simili ai nostri: calcioscommesse, fallimenti, banditi, ipercommercializzazione, ecc. Non manca nulla anche a loro, ma c’è sicuramente un altro approccio, che deriva appunto dal differente contesto sociale e dalla diversa storia di ciascun Paese. Alcuni, come ad esempio in Germania, hanno una lunga storia di partecipazione attiva: lì i club sono per la maggior parte associazioni, con qualche eccezione legata alla deroga del 50%+1, ma di fatto i tifosi hanno voce in capitolo e dialogano costantemente con le istituzioni.
Pure in Spagna hanno un passato non troppo lontano di compartecipazione, stravolto negli anni ’90, fatto sta che anche là i tifosi sono spesso più portati a recepire istanze di coinvolgimento. La maggior parte degli appassionati esteri, però, ha una storia simile alla nostra in cui movimenti dei tifosi stanno emergendo dal basso: è così in particolare nel Regno Unito, da cui abbiamo colto molti spunti per il nostro percorso, per provare a far risuonare la nostra voce nei processi decisionali, ma anche lì incontrano problemi nel cercare di far maturare tra i tifosi e le istituzioni la necessaria rivoluzione culturale per far sì che i supporters’ trusts emergano e si affermino in modo deciso.
Quali sono i vostri rapporti con la classe dirigenziale del calcio italiano ed europeo? Quando riscontrate un supporto questo è effettivo, oppure meramente propagandistico?
Abbiamo cooperato in passato con le leghe del calcio professionistico in diversi programmi condivisi, l’attenzione per certi argomenti c’è, ma non sempre è stato pieno l’appoggio ai temi che ci stanno a cuore, come anche è stato necessario un fisiologico periodo in cui ci siamo dovuti guadagnare la loro fiducia; spesso ci siamo scontrati con l’indifferenza da parte dei club, sebbene da parte nostra siano garantiti il massimo impegno e la serietà, considerando che l’intera associazione viene condotta da volontari.
Prossimamente saremo di nuovo direttamente coinvolti in un progetto con la FIGC: le premesse in questo caso sono ottime e siamo convinti di poter aggiungere qualche tassello in più a favore delle associazioni di tifosi. All’interno degli organismi facenti capo alla Federazione, in diversi hanno compreso l’importanza del concetto di partecipazione: sta ora a noi dare forza alle nostre idee e conquistare appunto la loro fiducia e quella dei tifosi.
Si ringraziano i responsabili di “Supporters in Campo” per la disponibilità. (immagine di copertina tratta dalla pagina Facebook Supporters in Campo).