Sugli schermi dei due televisori rimbalzano i titoli delle copertine dei quotidiani, stesi sui tavolini del Cafè Italia. A monopolizzare il dibattito pubblico sarebbe l’accusa di violenza ai danni delle ex compagna rivolta al fu presidente Alberto Fernandez, se non fosse che il fútbol reclama il suo spazio giornaliero. Ma questa volta non si tratta di una quisquilia, come il primo gol del figlio di Messi nelle giovanili dell’Inter Miami, o altre stupidaggini. Stamattina Buenos Aires si è svegliata con un fremito:
“Napoleón ha vuelto”.
A El Monumental si è accolti dalla statua dorata di Marcelo Gallardo, inaugurata nel 2023 e dedicata a celebrare otto anni di successi; l’allenatore sta sollevando una delle due Coppe Libertadores, conquistate insieme ad altri dodici trofei, dal 2014 al 2022. Per chi avesse scarsa confidenza con la geografia calcistica, ci si trova a Nuñez, quartiere tradizionalmente residenziale, posto a Nord del nucleo centrale della capitale: il barrio è sinonimo di Club Atletico River Plate, da quando il sodalizio si è spostato qui nel 1938, dopo un pellegrinaggio iniziato a La Boca.
Dove il Rio Matanza si getta nel Rio de la Plata, la fusione di due formazioni, il Rosales di matrice criolla ed il Santa Rosa di sangue ligure, aveva generato il club, poi battezzato riprendendo la dicitura di alcune casse di legno allocate sulla darsena del porto. Plurime vicissitudini avrebbero costretto a successivi trasferimenti fino al definitivo radicamento, dove fu comprato il terreno dall’allora presidente Antonio Vespucio Liberti, a cui oggi è intitolato lo stadio. Il suo sogno era costruire il campo più grande, per la più grande squadra dell’Argentina.
Da bordocampo, al Monumental / Video di Alberto Fabbri x Rivista Contrasti
Oggi il sodalizio è un’istituzione di rilievo planetario, e la sua rivalità con il Boca Juniors offusca gli esiti delle altre quattro grandi del calcio albiceleste. A pieno titolo, fa della sua storia un vanto, celebrandone gli allori ma senza celarne gli abissi – su tutti, la tragica retrocessione del 2011, quando la maglia con “la banda roja” era scesa negli inferi della cadetteria per la prima volta.
Di più, il club considera la sua vicenda come un capitolo naturalmente facente parte della Storia nazionale, se non mondiale. Strutturato secondo questa filosofia, il museo è un autentico arricchimento culturale per qualsiasi visitatore. Un corridoio della storia conduce dagli albori del Novecento fino ai giorni nostri, intrecciando le vicende sportive con le cronache argentine; a ciascuna decade è dedicata una camera.
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