La despedida di Román è pura propaganda.
“Abrazame hasta que vuelva Román”. Questo più meno il mantra, la preghiera laica permeata di invadente nostalgia, che serpeggia tra le stradine de La Boca da quasi dieci anni. Un distacco, quello tra il 10 Xeneizes e il suo popolo, che non è mai stato processato, mai veramente metabolizzato. Un addio maturato nel tempo e consumato nelle stanze dirigenziali tra incomprensioni e disaccordi, che ha privato il popolo del Boca Juniors del degno saluto a uno dei giocatori più rappresentativi della propria storia: Juan Román Riquelme.
Un addio quasi generazionale, la fine di un’epoca che nella narrazione del calcio latino ha segnato un limen definitivo. Riquelme nel subcontinente è diffusamente riconosciuto come l’Ultimo Diez, una definizione che ritiene definitivamente estinto un certo modo di interpretare il calcio, ancor prima che di giocarlo. Un’attitudine primordiale alla fantasia, in cui il talento cristallino ha rappresentato a lungo l’esaltazione più pura del gioco, senza concessioni in nome della tattica e persino della squadra. Una manifestazione totalizzante di sé e di quel talento, giusto per il gusto di esibirlo e probabilmente di realizzarsi.
“Chiunque, dovendo andare da un punto A a un punto B, sceglierebbe un’autostrada a quattro corsie impiegando due ore. Chiunque tranne Riquelme, che ce ne metterebbe sei utilizzando una tortuosa strada panoramica, ma riempiendovi gli occhi di paesaggi meravigliosi”.
Jorge Valdano.
Oggi, a nove anni di distanza dall’ultima apparizione ufficiale, Riquelme è tornato a indossare la maglia numero 10 Xeneizes alla Bombonera. Le partite di addio sono tradizionalmente uno straziante rito nostalgico. Parate di stelle dai fisici imbolsiti che minano persino il ricordo stesso di sé pur di essere in campo, rinverdire i loro fasti, strappare qualche titolo nel deserto di notizie estivo. È successo a molti e non deve stupire accada ora a Román. Il Mudo aveva chiuso con il professionismo tornando dove tutto era iniziato: all’Argentinos Juniors, in Segunda Division, contribuendo – molto più spiritualmente che tecnicamente – alla pronta risalita del Bicho.
Un finale diverso da quello che l’idolo Azul Y Oro avrebbe potuto immaginarsi, ma che a suo modo rappresentava una via del tutto degna di salutare il grande calcio. D’altra parte gli addii in competizioni ufficiali sono sempre i più decorosi. Vengono in mente il saluto di Baggio a San Siro, in Milan-Brescia 2004, con La Scala del calcio a tributare onore a un grande campione e l’abbraccio di Maldini a suggellarne la grandezza. L’ultima di Javier Zanetti davanti al suo pubblico in Inter-Lazio 2014 celebrato da un trionfo d’amore, o quello contemporaneo e struggente di Gattuso, Inzaghi e Nesta a segnare la fine di un’epoca trionfale per i rossoneri.
Tuttavia, pur comprendendo la voglia di Román di salutare adeguatamente il proprio pubblico, una partita di addio con nove anni di ritardo è francamente inopportuna laddove addirittura non patetica. Tanto più se si considera che dal 2019 Riquelme è vice presidente del Boca Juniors, con ruoli operativi in sede di mercato, e quindi ha ormai da tempo avuto modo di riconciliarsi con il Planeta Boca, seppur in altre vesti. Insomma, l’immagine ricorrente di Riquelme intento a sorseggiare mate, con la sua maschera inespressiva, dai palchi della Bombonera è un’istantanea familiare dalle parti de La Boca.
«Mando un grande bacio ai tifosi, li ringrazio per tutto l’amore che hanno per me, spero che potremo continuare ad avere questa relazione per il resto della nostra vita, il 25 giugno avremo una grande serata come è già successo tante altre volte».
Eppure questa partita, a dir poco tardiva, non nasce certo da un’urgenza sentimentale o tantomeno tecnica. È invece puro esercizio propagandistico, manifestazione di soft power, in modalità che rappresentano una geniale innovazione nel mondo delle relazioni politico-sportive. Facendo un passo indietro, occorre ricordare che il CABJ è una società che si fonda sull’azionariato popolare dei soci che periodicamente nominano un consiglio di amministrazione.
Non è un caso che alla fine del 2023 ci saranno nuove elezioni a La Boca e proprio Román sarà uno dei candidati alla presidenza, contrapposto alle fazioni rappresentate da Mario Pergolini, schierato con Riquelme alle ultime elezioni ma dimissionario in rottura proprio con il Mudo, e Andrés Ibarra, uomo ombra del decorato duo Angelici/Macri, già Presidenti del Boca. In questo contesto, le quotazioni di Riquelme sono state recentemente minate da alcune scelte dirigenziali che hanno fatto dubitare delle capacità manageriali del Mudo.
Prima lo stallo, a inizio semestre, sulla scelta dell’allenatore, con almeno una dozzina di giorni di tentennamenti; poi una stagione partita a dir poco sottotono, con prestazioni altalenanti e un’anonima mezza classifica in Superliga che vanta per ora più sconfitte che vittorie. Dall’altra parte della città poi, c’è chi veleggia lanciato verso il trentottesimo titolo nazionale: gli storici rivali del River Plate sono riusciti ad assorbire l’uscita di Napoleon Gallardo grazie alle intuizione societaria di puntare su un esordiente come Martin Demichelis, ma soprattutto alimentando una fucina di talento sempre viva, che ha portato ben sette nazionali a laurearsi campioni del mondo in Qatar.
Una serie di scelte e risultati che preoccupa i soci ed ha compromesso le posizioni, inizialmente piuttosto solide, di Riquelme. Ecco che allora, unendo le doti da navigato statista e quelle innate di grande fantasista, ha recapitato alla Bombonera il primo assist che abbia mai fatto a se stesso: un’immensa festa per rimarcare la sua grandezza nel Paese e nel mondo. Hanno partecipato i grandi del calcio Albiceleste, dal Virrey Carlos Bianchi ai Campioni del Mondo Scaloni, Di Maria e Paredes. Sono scesi in campo gli ex compagni campioni di tutto Palacio, Burdisso e Schelotto. C’è stato il talento accecante del suo alter ego Millionario Aimar, ma soprattutto era presente Leo Messi.
La Pulga è ormai divinità pagana in argentina, la sua sola presenza muove le folle e la sua parola vale molto più delle dichiarazioni delle più alte cariche dello Stato. «Messi? Sarà presente alla Bombonera e per me sarà un sogno. Noi argentini siamo stati fortunati ad avere avuto Maradona e lui, e io sono stato fortunato ad essere stato compagno di squadra di entrambi. Si divertirà sicuramente, giocherà nello stadio più bello e con i tifosi più belli del mondo». A riprova di ciò la decisione di Riquelme di limitare l’accesso allo stadio, e quindi alla festa, ai soli soci del Boca Juniors, gli unici che hanno potuto acquistare un ticket.
La kermesse si è aperta intorno a mezzogiorno, con una serie di band che si sono alternate sul palco per preparare l’arrivo del festeggiato nel migliore dei modi. I fondi invece non saranno devoluti in beneficienza, come solitamente avviene in queste occasioni, ma ovviamente non andranno nelle tasche del Mudo: circa due milioni e mezzo (questa la stima) entreranno nelle casse del Boca per finanziare una palestra, una sala stampa, una campo da basket e uno da volley. Insomma, è stato a tutti gli effetti un comizio elettorale indiretto e una festa di fine campagna elettorale, sfruttando un canale che solo Riquelme può utilizzare, con buona pace di tutti gli altri candidati alla presidenza.
In questo contesto traboccante di affetto e nostalgia, Román è riuscito nell’intento di nascondere la polvere sotto il tappeto e ricordare al mondo intero la sua rilevanza. Già proliferano istantanee social e video strappa-like. Si accumulano titoloni che riportano i grandi attestati di stima di queste leggende verso Riquelme. Persino in Europa si sta alimentando quell’ondata di retorica diabetica che vede proprio il Mudo come uno massimi soggetti di questa narrazione.
Ma quello che più conta, Riquelme ha posizionato una pietra miliare nella corsa alle prossime elezioni invernali.
Con geniale intuizione Jorge Valdano, ironizzando sullo scarso dinamismo di Román, lo aveva soprannominato ‘Il Casello’ (“nel senso che se la palla arriva a lui si ferma”). Ora dal campo a una preziosa scrivania sembra che non solo la palla, ma tutto il mondo bostero si fermi intorno a lui. Che sia un bene o un male per la società con il maggior numero di soci al mondo, solo il tempo lo dirà. Certo non saranno una manciata di stelle in una notte di giugno a riportare talenti e risultati alla Bombonera. Per quelli serviranno programmazione e visione, la stessa che il 10 Xeneizes mostrava in campo quando un giocatore lo era davvero. Quando Román illuminava a giorno non tanto le sue ambizioni personali, ma quelle di un popolo rigorosamente Azul y oro.