L'annus horribilis della Serie B tra stravolgimenti, sentenze ad personam e clamorose smentite.
Un delirio di onnipotenza: così possiamo riassumere le ultime vicende che hanno interessato il campionato di Serie B. A due giorni di distanza dal termine della stagione, il caso del Palermo Calcio ha scoperto gli altarini su tutta una serie di interessi e contraddizioni che tenevano ostaggio il campionato cadetto. Ma ripercorriamo i fatti: il 13 maggio la formazione rosanero viene condannata alla retrocessione in Serie C tramite la sentenza immediata del Tribunale Federale Nazionale. L’accusa alla società siciliana è di aver alterato i propri bilanci dal 2014 al 2018, tramite la cessione del marchio Mepal alla holding lussemburghese Alyssa, considerata dal procuratore federale Giuseppe Pecoraro fittizia perché fuori dai normali valori di mercato.
Nemmeno il tempo necessario alla pubblicazione della sentenza di primo grado, che il consiglio direttivo della Lega Nazionale Professionisti di Serie B ne approfitta per curare gli interessi dei presenti al tavolo. La governance della Lega B, come si legge sul sito ufficiale, è formata dal presidente Balata e da otto consiglieri: Marco Mezzaroma, patron della Salernitana, che ricopre il ruolo di vicepresidente e consigliere, nonché cognato di Claudio Lotito; Stefano Bonacini, proprietario del Carpi; Paolo Rossi, presidente della Cremonese; Massimiliano Santopadre, presidente del Perugia; Oreste Vigorito, presidente del Benevento; Daniele Sebastiani, presidente del Pescara; infine due indipendenti, Maurizio Felugo, ex pallanuotista, e Francesca Pellegrini, avvocato ed esperta di diritto sportivo.
Queste nove persone hanno deciso, senza aspettare il secondo grado di giudizio, di modificare la graduatoria del campionato annullando deliberatamente i playout e considerando il Palermo la quarta squadra retrocessa in Serie C. Una decisione autonoma se non autoritaria, che ha destato molte perplessità fra gli addetti ai lavori e tra il pubblico, sempre più deluso dal modello sportivo italiano.
“Il Consiglio direttivo della Lega Nazionale Professionisti Serie B, riunito in data odierna, vista la sentenza pubblicata il 13 maggio 2019 del Tribunale Federale Nazionale, immediatamente esecutiva, relativa all’U.S. Città di Palermo, ha deliberato all’unanimità di procedere con le partite dei playoff con le date già programmate lo scorso 29 aprile. In conformità al suddetto dispositivo procede al completamento delle retrocessioni, di cui tre già avvenute sul campo in data 11 maggio 2019 (Foggia, Padova, Carpi) e la quarta (Palermo) decisa dalla Giustizia sportiva.”
Un modello sportivo su cui il presidente della Lega B, Mauro Balata –che in questa vicenda ha assunto un ruolo particolare – non è stato in grado di intervenire. In un primo momento noi stessi avevamo abbracciato la linea “Balata” per l’avvio del campionato cadetto a 19 squadre, con la possibilità di ridimensionare il numero dei club partecipanti per la stagione 2019-20 nonostante le tante ombre sulle vicende estive: allora la politica della Lega di Serie B sembrava improntata ad un percorso di rigidità legislativa con la speranza di poter risolvere molte incomprensioni nel calcio italiano, travolto costantemente dalle problematiche economiche e societarie di molti club. Così, tuttavia, non è stato.
Ecco allora il ruolo ambiguo del presidente della Lega B, che in un primo momento ha avallato l’annullamento dei playout senza imporre la propria autorità, come testimoniato dalle parole rilasciateal forum del Corriere dello Sport Il calcio che vogliamo:
“Noi dobbiamo chiudere un campionato, abbiamo il Var e società che devono liberare calciatori per le nazionali. Ma dico per quale motivo ci deve essere una tempistica così atipica che non è in linea con le esigenze di un campionato professionistico? Dove andare in A o in C significa spostare milioni di euro. Su questo bisogna fare una riflessione, questa regole vanno cambiate, se c’è un sistema di controlli credibile, deve funzionare”.
Insomma, inizialmente il presidente ha abbracciato la decisione dei grandi otto del campionato di Serie B, giustificando il tutto con la questione tempistica e l’esigenza dei club di liberare i calciatori. Posizione che tra l’altro non è passata inosservata e ha subito la critica del presidente della FIGC, Gabriele Gravina, che ha sottolineato l’impossibilità da parte della Lega cadetta di stravolgere in maniera autonoma il regolamento.
Fino a questo momento, il piano di eliminazione dei playout sembrava compiuto, con Venezia e Salernitana pronte a dormire sonni tranquilli rispetto ad un Foggia che cercava di far valere le proprie ragioni, ribellandosi alle imposizioni del consiglio direttivo. L’eliminazione dei playout prevedeva infatti che il Palermo fosse la quarta retrocessa a dover scendere direttamente in Serie C, senza poter disputare lo spareggio contro la Salernitana di Lotito: una decisione impugnata fin da subito dal Foggia Calcio al TAR del Lazio, che puntualmente il 23 maggio ha dato ragione al club pugliese, imponendo lo svolgimento dei playout (anche qui, la Presidente del Collegio di Garanzia designata per il ricorso era Virginia Zambrano, docente presso l’Università di Salerno e nata nella provincia della città e per questo, in seguito alle proteste tifosi foggiani, aveva poi deciso di rinunciare al suo ruolo).
A questo punto è arrivata la sentenza della Cassazione sul caso Mepal – Alyssa, che ha smentito il tribunale sportivo (il Tribunale Federale Nazionale della FIGC) non considerando la trattativa fittizia, bensì come un artificio contabile sui bilanci del Palermo Calcio: questo “dettaglio” ha fatto tutta la differenza del mondo perché inevitabilmente ha poi influenzatola Corte Federale d’appello che, ritrovatasi spalle al muro per la sentenza del massimo tribunale ordinario, nel secondo grado di giudizio, ha “dovuto” riammettere la società rosanero in Serie B con 20 punti di penalizzazione, stravolgendo nuovamente i piani del consiglio direttivo della Lega Nazionale Professionisti di Serie B: i playout si dovevano svolgere.
Non è servito a nulla il ricorso, sempre al TAR del Lazio, del disperato Venezia di Tacopina, imbarcatosi in una inutilebattagliagiudiziaria per delle presunte ragioni che, onestamente, ancora ci sfuggono. Il risultato finale è stato una figuraccia a livello internazionale con nuove problematiche aperte. La Figc non è riuscita ad imporsi sulla seconda lega calcistica e il presidente Balata ha visto crollarela propria linea rigorista; inoltre la scelta assurda di annullare i playout ha evidenziato come alcuni personaggi siano in palese conflitto d’interesse, mossi principalmente dal proprio rendiconto. Per non parlare di come si era aperta la stagione, con tre esclusioni e i 19 club restanti a spartirsi le tre quote derivanti dai diritti televisivi delle escluse (Bari, Cesena ed Avellino). Il tutto giustificando, con un aura di rinnovamento, quello che era l’interesse di pochi nel dividersi i proventi dei diritti televisivi e riuscendo magistralmente a bloccare il fenomeno dei ripescaggi (approfittando qui della diatriba legale tra Novara e Ternana).
“Mi sembra responsabilmente che le leggi vadano seguite. Dopo la sentenza di ieri non credo ci siano più problematiche giuridiche di scorrimento e scivolamento della classifica. Altre tappe? Spero di no. Il calcio è un gioco che si fa sul campo. Ieri c’è stata una decisione in sede federale che ha ripristinato una classifica. Dobbiamo affrontare il problema delle norme per dare stabilità e credibilità al sistema calcistico. Date playout? Le decideremo in giornata”.
Le parole di Balata, subito dopo la sentenza della Cassazione, mostrano un uomo ritrovatosi improvvisamente solo. Nell’applicazione pratica della sentenza infatti i dirigenti, fino a qualche giorno prima seduti al suo fianco, improvvisamente sono divenuti i primi ad avanzare aspre critiche al presidente, destabilizzando il potere interno al campionato cadetto. Balata sostanzialmente ha commesso l’errore di ascoltare, ed applicare, i suggerimenti di chi fino ad oggi ha sfruttato il mondo dello sport, utilizzando il calcio a proprio piacere e interesse. Adesso egli è solo in Lega, con tante società che chiedono la sua testa per il “torto subito”, ovvero aver applicato alla fine la legge di una Cassazione che ha smascherato tutti i limiti della Lega di Serie B. Malgrado ciòla sfiducia ed il commissariamento della Lega B per il presidente non sono arrivati – nonostante la forte opposizione di Lotito – evitando così una profonda spaccatura nella politica del campionato cadetto.
Mauro Balata è stato in ultima istanza vittima del vero dominus della Lega, quel Claudio Lotito che in un primo momento lo ha appoggiato alla carica di presidente e che adesso, non vedendo tutelati i suoi interessi, ne esige l’epurazione.
L’unica notizia confortante in tutto questo caos viene dal Consiglio Superiore della Magistratura, che dopo tredici anni di ostinato diniego ha dato la sua autorizzazione ai magistrati ordinari per un rientro negli organi di giustizia sportiva. Gli incarichi di giudice sportivo dovranno essere in futuro a titolo gratuito, temporanei e a rotazione tra i magistrati selezionati e, diversamente da quello che avviene oggi, il Csm avràvoce in capitolo nella selezione. Attualmente infatti molti giudici sportivi non sono magistrati ordinari- risultando quindi più “deboli”, se ci passate il termine – mentre con la riforma sarà garantito un ruolo più autorevole e indipendente nei gradi di giudizio, eliminando il fattore politico interno ai tribunali federali, proprio per evitare che qualcuno possa “affezionarsi” troppo.
Dopo questa lettura, che vi avrà stancato come una maratona ma necessaria per ricostruire il puzzle, non possiamo far altro che augurarci (per l’ennesima volta) un cambio di rotta; facile a dirsi, ben più difficile a farsi. Da parte nostra l’unica cosa che possiamo fare è continuare a monitorare la situazione. Ovviamente, senza fare sconti a nessuno.