Papelitos
06 Dicembre 2024

Perché le squadre B non sono la soluzione

Qualche considerazione sull'idea di Pietro Lo Monaco.

Nella giornata di ieri Pietro Lo Monaco, ex dirigente del Novara e vecchia conoscenza del nostro calcio (ma non di Mourinho), ha preso una posizione netta sul tema delle seconde squadre, rilasciando delle dichiarazioni che certamente faranno discutere: «Vi dico la verità, la vedo come una possibile soluzione futura ai problemi della Serie C. Sono favorevole alla partecipazione delle seconde squadre perché c è una convenienza generale. Io addirittura costringerei tutte le squadre di serie A ad avere una propria Under 23 in Serie C, a costo di allargare il numero di squadre. Partecipando dovrebbero poi pagare un obolo importante da destinare a tutti i club di C».

Una proposta, quella di Lo Monaco, che intende ampliare il modello attualmente adottato da Juventus, Milan e Atalanta, con altri club – Roma, Sassuolo, Inter e Fiorentina – che da tempo valutano di intraprendere lo stesso percorso. Tuttavia, l’idea solleva interrogativi significativi.

Prima di tutto il numero: è sostenibile un aumento delle formazioni in una Serie C che già fatica a mantenere l’equilibrio economico con sessanta squadre? Il tutto con le difficoltà finanziarie della Lega Pro ben note, e diverse società già penalizzate per irregolarità amministrative (Triestina, Ternana, Spal, Catania, Turris, Taranto). Certo, il contributo economico obbligatorio delle squadre di Serie A rappresenterebbe un introito importante, ma difficilmente sufficiente a colmare le spese aggiuntive derivanti dall’allargamento del campionato. Inoltre, c’è il rischio di un calo degli incassi al botteghino, considerata la tradizionale ostilità delle tifoserie verso quelle che vengono percepite come squadre “cloni”, prive di un radicamento territoriale. E i numeri ne sono la dimostrazione.

La protesta, tempo fa, dei tifosi dell’Arezzo

Inoltre, la proposta crea una forte contraddizione con il claim di uso comune tra i presidenti di Lega Pro che definiscono la terza serie italiana il “campionato dei campanili”. La Serie C è da sempre il simbolo del calcio locale, della rappresentanza territoriale. Mutarne il carattere significherebbe stravolgere la natura stessa della categoria. L’identità del torneo rischierebbe di essere compromessa, trasformandolo in un semplice strumento per i club di Serie A, più interessati alla valorizzazione dei giovani e alle plusvalenze che a mantenere viva la tradizione calcistica nazionale.

Da non sottovalutare anche la questione regolamentare, e della sostenibilità stessa dei campionati. Pensiamo ad esempio alla retrocessione di una formazione principale (dunque con una seconda squadra in Serie C) dalla Serie A alla Serie B: questa verrebbe sostituita da una neopromossa in A, chiamata a sua volta ad allestire una seconda squadra. Poniamo caso, il Venezia scende e il Sassuolo sale. Il Venezia avrà già una seconda squadra in Serie C, che però rimarrà lì, e il Sassuolo dovrà lanciarne una, che a sua volta finirà in Serie C. E così ogni anno, andando ad aumentare progressivamente il numero delle seconde squadre nel corso del tempo.

Il rischio è di creare un meccanismo confusionario e poco sostenibile, con effetti negativi sull’organizzazione generale del campionato. Per non parlare del tema retrocessioni dalla C alla D, e quindi dal professionismo ai dilettanti, altro buco nero.

Lo Monaco, sostanzialmente, l’ha gettata nella mischia, per non dire in tribuna. E come sempre in questi casi si discute con molta ideologia, ma con pogo pragmatismo. Comprendiamo il principio generale del dirigente di Torre Annunziata, e crediamo sia autenticamente convinto dei benefici concreti che le seconde squadre possano garantire al calcio italiano.

Tuttavia, una simile proposta prevede per noi più svantaggi che vantaggi, e rischia di essere controbilanciata da un progressivo indebolimento dell’ecosistema calcistico delle serie minori, già fragili e in difficoltà. Basti solo pensare che, quest’anno, piazze importanti del cosiddetto “campionato dei campanili” sono rimaste escluse dal professionismo: come il Siracusa, che sul campo ha vinto i playoff di Serie D ma poi, cornuto e mazziato, non è potuto salire in C per lasciar spazio al Milan Futuro, la seconda squadra dei rossoneri.

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