Tutti abbiamo ancora negli occhi, e nella mente, i reds della rockstar Jurgen Klopp che sollevano al cielo la sesta Coppa dei Campioni della loro storia (in una delle più brutte finali che ci si ricordi, ma poco importa). E dal giorno dopo immancabilmente si è riaffacciato il solito dibattito, dai salotti televisivi ai Bar Sport di mezza Europa, su chi sia il più meritevole candidato alla vittoria del Pallone d’oro, il premio per il calciatore che maggiormente si è distinto nella stagione in corso. Ebbene qui ci sono varie scuole di pensiero: noi, ad essere onesti, siamo un po’ faziosi sul tema e se proprio dobbiamo scegliere sposiamo a prescindere la linea dell’ex ct di Argentina e Cile Jorge Sampaoli, che sostanzialmente si riassume in queste parole:
“Penso che ci sia una grande differenza tra Messi e il resto dei giocatori. Tutti gli altri dovrebbero competere per un altro premio, il Pallone d’Oro dovrebbe andare sempre a Messi”.
Però, mi direte voi, qui si parla del giocatore migliore della stagione, non del più forte. E non è detto che il più forte sia stato anche il migliore (diciamo così, anche se questa rischia di essere argomentazione da sofisti, un gioco di parole tanto per intenderci); per salvare capra e cavoli possiamo allora affermare che si premia il giocatore più “decisivo”. E allora, in assenza della più grande competizione internazionale (il mondiale), si può e si deve certamente fare affidamento sugli altri tornei planetari e continentali – a breve inizieranno Copa America e Coppa d’Africa – malgrado queste non comprendano certamente tutti i papabili vincitori.
Prendiamo Van Dijk: ragionando lucidamente, il Pallone d’Oro andrebbe assegnato a lui. Un autentico marziano, dominante come nessuno, sicuro, chirurgico, ricorda nella trasposizione dei ruoli il miglior Neuer: un calciatore geneticamente modificato, un cyborg senza punti deboli nettamente superiore ai suoi troppo umani concorrenti difensivi. Parliamo infatti di un ragazzo che ha subito 0 dribbling nelle ultime 64 partite: zero. E in questa statistica ci stanno dentro come avversari i Messi, gli Aguero, i Sanè e i David Silva, gli Hazard, i Robben e via discorrendo. Cos’altro dovrebbe fare un difensore per aggiudicarsi il premio più ambito? Vincere un Mondiale come Cannavaro probabilmente, ma in assenza della coppa del mondo non sono forse sufficienti il trionfo europeo, il secondo posto in Premier con 97 punti e, soprattutto, questa mostruosa statistica?
Altro candidato forte – e sempre in rosso – è Mohamed Salah: onestamente crediamo però che quest’anno non dovrebbe essere premiato, e che invece avesse più meriti l’anno passato (certo, ha messo pur sempre a segno 27 gol in 52 partite di cui 5 in Champions League, ma la stagione scorsa ne fece 44 di gol sempre in 52 partite, e 10 in 13 turni di Coppa dei Campioni, numeri da capogiro). Poi anche le prestazioni dell’egiziano sono state da autentico campione, ma probabilmente non hanno ricalcato quelle della scorsa stagione, in cui si è dimostrato semplicemente immarcabile, ingiocabile (quest’anno è toccato salire in cattedra anche a Manè, troppo “sottovalutato”). Certo, gli si potrebbe assegnare il premio come coronamento di due annate straordinarie, ma ciò passerebbe tecnicamente sopra al regolamento, che al contrario parla chiaro: limitarsi esclusivamente all’ultima stagione.
Infine c’è Alisson: al momento il più forte portiere del mondo, sia per rendimento sia per la sicurezza che infonde a linea difensiva e compagni, per non parlare del carattere da autentico fuoriclasse. I tre candidati forti al momento sono loro, tutti rigorosamente vestiti in rosso, aspettando le coppe d’America e d’Africa: tuttavia forse le parole di Van Dijk, che dallo stesso Messi non si è mai fatto superare tra andata e ritorno, dovrebbero farci uscire per un attimo dagli schieramenti ideologici, dalle reciproche barricate e crociate ideologiche.
“Ora non penso assolutamente al Pallone d’Oro , se dovessi vincerlo ovviamente non lo rifiuterei. Ma non credo che lo vincerò. Anche se non ha giocato la finale, per me è sempre Messi il migliore giocatore del mondo”.
Di primo acchito e a maggior ragione – paradossalmente – dopo queste dichiarazioni, ci viene da dire che dovrebbe essere premiato Van Dijk: sarebbe la scelta più giusta, meritoria, perfino socialista; un riconoscimento per un gigante sotto tutti gli aspetti. Ma lo abbiamo affermato senza vergogna in apertura, noi siamo faziosi, o comunque non crediamo nella meritocrazia ecco. L’impiegato del mese dovrebbe sempre essere il più intelligente, basta con questo carrierismo spicciolo che misura il rendimento attraverso i contratti portati a casa. Oppure, ancora meglio, eliminiamo simili inutili premi.
Tanto per dire, nell’ultima stagione Messi a Siviglia ha fatto ciò: 3 gol e un assist fuori dal mondo (lo show inizia da 2.45)
Certo, Messi nel momento più difficile della stagione ha dimostrato di non avere gli attributi tanto cari al Cholo o a Cristiano Ronaldo, letteralmente nascondendosi ad Anfield dopo il 2-0 in uno psicodramma individuale ancor prima che collettivo. Non è tanto la prestazione, ma quell’atteggiamento che non si dovrebbe perdonare all’argentino: l’abbattersi nel momento più difficile e l’incapacità di reagire, che si tramuta addirittura in terrore e abbandono tecnico e caratteriale dei compagni. Però signori, Messi è Messi, quest’anno in 50 partite ha messo a segno 51 gol e 22 assist (36 +15 in 34 partite in Liga, 12 + 3 in 10 di Champions): ma poi non sono nemmeno i numeri che possono descrivere il talento puro, lo sapete meglio di me.
Questi rappresentano un criterio oggettivo, validi forse – ma nemmeno – per Cristiano Ronaldo, mentre per l’argentino dobbiamo affidarci esclusivamente al nostro amore per il calcio, alla nostra capacità di capire. Ecco perché in conclusione proponiamo di abolire il Pallone d’oro: l’anno scorso abbiamo rischiato di vedere CR7 superare la Pulce nel numero complessivo di questo barbaro premio. Modric non ha trionfato tanto per meriti propri – basta vedere il povero Iniesta, a cui non fu sufficiente nemmeno il gol in finale mondiale e una classe smisurata per scalzare l’argentino – quanto perché giornalisti, allenatori e capitani non potevano assumersi l’enorme responsabilità di innalzare il portoghese sopra al 10 del Barcellona: sarebbe stato un affronto, una dichiarazione di guerra nei confronti del pallone.
Ecco il senso della nostra provocazione: aboliamo una volta per tutte il Pallone d’oro, basta con la meritocrazia. E basta anche con questa retorica del duro lavoro che può avere la meglio sul talento, è il sintomo di un mondo materialista, efficientista, desacralizzato. Altrimenti, se preferite, assegniamolo sempre a Messi: solo così saremmo certi di non poter mai sbagliare.