Calcio
08 Aprile 2024

Romagna capitale, Romagna superstar

La resurrezione del Cesena nelle parole di Raoul Casadei.

Romagna capitale, Romagna ballerina, Romagna che si sveglia col sorriso ogni mattina. È il tardo pomeriggio del 16 luglio 2018 quando, sul sito dell’Associazione Calcio Cesena, viene pubblicato un lapidario comunicato nel quale la società bianconera anticipa al mondo del pallone la propria morte sportiva. “L’A.C. Cesena comunica che il consiglio di amministrazione riunitosi in data odierna ha deliberato di aderire all’istanza fallimentare avanzata dalla Procura della Repubblica di Forlì”.

Poche, lapidarie, parole per spiegare a tifosi e addetti ai lavori che qualcuno, nella prima città non capoluogo di provincia capace di approdare in Europa (correva l’anno 1976, la città malatestiana oggi condivide il titolo amministrativo con la vicina Forlì), quel maledetto pallone l’aveva bucato per davvero. Al tempo c’era chi, tra i più ottimisti sulla piazza, pensava – in maniera quasi onirica – che in fondo in fondo il fallimento non sarebbe stato il peggiore dei mali possibili. Si veniva da stagioni con ambizioni zero e mercati al ribasso.

C’era poi l’esempio virtuoso del Parma che una manciata di settimane prima aveva completato un incredibile filotto, partito dalla D e conclusosi in Serie A, con tre promozioni consecutive. Più realisticamente, quelli a seguire sarebbero stati anni di merda e polvere, sollevata da spelacchiati campi di periferia. Il sorriso comunque, in questo triangolo di terra baciato dal sole del Mar Adriatico e rinfrescato dalle prime altitudini della catena appenninica, non è mai mancato. Neanche nei momenti peggiori del recente alluvione, figuriamoci per quella che a tutti gli effetti rimane la più importante ma delle faccende meno importanti.

Romagna che si sveglia col sorriso ogni mattina, come cantava appunto l’orchestra Casadei.

Romagna apasiuneda, ti specchi nel tuo mar, Romagna capitale, Romagna superstar. Facciamo un salto in avanti di quasi sei anni. Ottimo giornalista e ineguagliabile telecronista, Luca Alberto Montanari di giorni ne ha conteggiati 2142: arriviamo così all’alba della Pasqua 2024. Un risveglio che sotto le mura del castello malatestiano verrà ricordato per moltissimo tempo. E no, per una volta non c’entrano le tonnellate di cioccolato al latte ingurgitate, il sacro rito dell’agnello o quello più profano dell’asparago leggermente condito. C’entra la resurrezione, ma non di Gesù Cristo.

Un video di qualche mese fa, laddove Romagna Capitale veniva cantata e intonata allo stadio

C’entra invece una squadra, quella bianconera, che per un’annata intera ha fatto ballare i propri tifosi al ritmo di un calcio tambureggiante. Bello da vedere per il semplice appassionato, a tratti orgasmico per chi davvero ha il Cavalluccio “nel cuore e nella mente” – giusto per canticchiare ancora una volta un coro un po’ datato. Intorno alle ore 18.00 (minuto più, minuto meno: non ce ne voglia il lettore per l’approssimazione, chi scrive in quei frangenti era a soffrire nel bollente calderone della Curva Mare) di sabato 30 marzo, il colpo di testa di Edoardo Pierozzi – classe 2001, esterno in prestito dalla Fiorentina – rotola alle spalle dell’estremo difensore pescarese Plizzari, decretando così il matematico ritorno del Cesena in cadetteria con quattro giornate d’anticipo. O con sei anni di ritardo, se preferite.

Il cronometro segna l’ottantasettesimo e, nell’1-0 segnato al Pescara, esplodono i 15mila del Manuzzi. Il copione sembra quasi un sogno. Ottenere una promozione in casa (dopo 43 anni!), segnare sotto la curva, magari proprio allo scadere; così, per vedere l’effetto che avrebbe fatto. Un finale praticamente perfetto, e quel praticamente si deve al fatto che il buon Pierozzi anticipa tutti, anche Andrea Ciofi: centrale classe 1999 e unico superstite del Romagna Centro Cesena, l’undici che dalle ceneri dell’Associazione Calcio rilevò nel 2018 il titolo della compagine del quartiere di Martorano, vincendo poi il campionato di Serie D.

La mai amata denominazione durò una sola stagione, anche se – a dirla tutta – ha consentito la continuità di un certo percorso calcistico in riva al Savio. I due, Ciofi e Pierozzi, saltano in contemporanea, tanto che pure lo speaker dell’Orogel Stadium si confonde, assegnando la rete al braccetto romano. Il quale, sotto sotto, forse quasi ci crede: si butta in mezzo alla marea apasiuneda e festante. Prima degli altri calcianti, più dei suoi compagni. I giocatori in curva, il tifo bollente quanto il garbino come se fosse dentro al campo. Attimi affollati, concitati, esaltanti, in cui si capisce ben poco.

Com’è bello trovare quegli amici, che non perdi per tutta la vita, una dolce e fedele compagna, una casa nel sole in Romagna.

La casa del Cesena, il Dino Manuzzi, dall’Associazione Calcio fino al Football Club, passando per il suddetto Romagna Centro, è uno stadio che fa invidia a tanti impianti del massimo campionato. Insieme al Ferraris di Genova (se la Sampdoria non dovesse rifare il grande salto) sarà tra i migliori della realtà cadetta. Un lusso in C, cattedrale nel deserto nella quarta serie. Ma torniamo al gol di Pierozzi e al realizzarsi che sì, dopo sei anni di merda e polvere, il Cesena stava davvero tornando nella sua realtà storica: la serie B.

La festa per la promozione nella splendida cornice del Manuzzi e nella passione del tifo bianconero

Lo stadio va vissuto secondo riti ben precisi. Il parcheggio, il percorso a piedi, la birra d’estate e il vin brulè in inverno, la piadina salsiccia e peperoni in ogni stagione. Scaramanzie che, nonostante non funzionino, non vanno mai a farsi benedire. Restano i gradoni, rimangono i portafortuna, cambiano i volti. Lo chiamano ricambio generazionale: le nuove leve prendono il posto di chi matura e all’incertezza del meteo preferisce la comoda sicurezza della poltrona.

Poi c’è chi (e siamo fortunatamente in tanti) questa fase proprio non può superarla, per dirla con una famosa pellicola d’oltremanica. Ecco che allora dal 20 giugno 2004 – l’epica rissa di Lumezzane – al 30 marzo 2024, passando per le eroiche gesta di Piacenza 2010 (era il 30 maggio), i volti intorno a noi sono quelli di sempre. Un quarto di secolo dopo ci si ritrova, ebbri di gioia, con le stesse facce attorno. E per l’ennesima volta inumidite da gioia e fumi dell’alcool. Poco importa se con qualche capello in meno o con la chioma (leggermente) più bianca.

Fra questa gente esiste un sentimento, e se lo scopri, non lo scordi più.

Non ce ne vogliano i simpatici nemici di Rimini o i coriacei avversari di Ravenna, ma nel mondo del pallone il nome Romagna equivale a Cesena. Dal mare alla montagna, ovvero da Cervia, Cesenatico fino a Bagno e Verghereto. Da Imola, Lugo e Faenza fino ai confini meridionali di Cattolica e Riccione, parliamo di un’intera regione che con la sfera di cuoio tra i piedi si tinge di bianconero. Fra questa gente esiste un sentimento, e l’ha capito ben presto pure il direttore sportivo Fabio Artico: «I ragazzi che sono cresciuti nel settore giovanile sono una grandissima risorsa. La differenza che ho notato è che qui sono veramente legati alla maglia, hanno un senso di appartenenza speciale. Lo vedi quando si abbracciano, hanno un sogno di indossare la maglia del Cesena e va coltivato».

Un settore giovanile praticamente azzerato dal terremoto del 2018 – leggere alla voce Cesare Casadei o Matteo Prati, giusto per citarne un paio. Quel sentimento che porta in curva a cantare un ex calciatore professionista come Davide Biondini. Més que un club, direbbero a Barcellona. È così che forse si spiega il fatto che tanti giocatori con un importante passato in bianconero oggi insegnano calcio, qui e ora, proprio agli atleti del domani: Nicola Campedelli, Juri Tamburini, Alessandro Teodorani, Giuseppe De Feudis, Simone Confalone.

Da quando la proprietà americana ha rilevato il Cavalluccio dalla cordata d’imprenditori locali che salvò i bianconeri, la politica societaria è cambiata. Niente più minutaggio obbligatorio per i giovani (in modo da far cassa per via delle normative della Lega), spazio all’esperienza. O forse no. Anzi è successo il contrario. È l’esempio dei vari Simone Pieraccini, Matteo Francesconi, Tommasi Berti. Un precampionato da seconde linee, dall’autunno in avanti pedine fondamentali nello scacchiere di mister Toscano. È la romagnolissima classe del 2004, alla quale vanno aggiunti Antonio David e la promettente punta Alessandro Giovannini (2005), meno utilizzati dei suddetti fantastici tre. No, non ci siamo dimenticati del gemello albanese Cristian Sphendi. Ventuno anni e il record di un certo Dario Hubner nel mirino.


Foto Copertina Cesena FC


Gruppo MAGOG

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