Cultura
04 Febbraio 2025

Ezra Pound, dalla racchetta alla spada

Ideas into action: ritratto sportivo di un gigante del '900.

La conosciamo come Via Francigena, ovvero ‘strada originata dalla Francia’; appropriazione, se vogliamo, indebita. Insieme di percorsi (le vie romee), una sua rudimentale antenata nell’Alto Medioevo servì ai Longobardi per “avvicinare” – aggirando i possedimenti bizantini – la Pianura Padana alla parte più meridionale della penisola italica. Sulla nostra Nazione scesero poi i Franchi: ne fecero il principale asse di collegamento tra nord e sud dell’Europa. Da Canterbury a Santa Maria di Leuca, nei suoi oltre tremila chilometri, la Via Francigena taglia verticalmente il Vecchio Continente, delineandone la spina dorsale: Gran Bretagna, Francia, e Italia.

Nello stesso periodo, in latitudini più ristrette e a noi ben conosciute – appena al di qua e al di là dell’arco alpino – si giocava alla pallacorda, o jeu de paume che dir si voglia. Storie di cavalieri: un contingente proveniente proprio dall’esagono stazionò a Firenze nel 1325, dilettandosi nella particolare pratica. Secondo un cronista dell’epoca i galletti avevano l’uso di avvisare colui che riceveva la palla gridando “tenez!“. Dal “tenes” un balzo in avanti di qualche secolo per trovare, a Birmingham, il “lawn tennis”. La Perfida Albione lo regolamentò, negli Stati Uniti d’America iniziò a diffondersi.

Il tennis era pronto a tornare alla madrepatria. Siamo in Liguria, è il 1880.

Sono gli anni in cui, nel clima mite proprio della riviera, la piccola Rapallo diventa gradita località turistica. Soggiornano letterati, pittori, statisti. Principi e regine. Friedrich Nietzsche – qui il filosofo con il martello comporrà la prima parte del “Così parlò Zarathustra” – Ernest Hemingway, Wassily Kandinsky, Theodore Roosevelt. E poi il figlio dell’imperatore Guglielmo II o, siamo già nel secondo dopoguerra, la regina Soraya di Persia. Ma soprattutto l’Omero del Novecento: Ezra Weston Loomis Pound.



Insieme agli illustri bagnanti arriva, appunto, anche il tennis. 1920, o giù di lì. È un inglese, tale mister Rhode, ad aprire il primo circolo, un paio di campetti adiacenti la ferrovia, vicino al torrente San Francesco. Roba di nicchia, come d’altronde ogni disciplina sportiva dell’epoca, ma che poteva già contare su un circuito nazionale. Su quella terra battuta Ez incontra un ragazzino, figlio di una dottoressa tedesca. Il poeta americano scrive al padre intorno alla metà del decennio: «Qui l’ultima novità è che l’altrieri il ragazzino di 15 anni con cui gioco a tennis è andato a Genova e ha battuto il campione d’Italia» (qualche tempo dopo Giuseppe Bacigalupo, questo il nome del ragazzo, diventerà medico di fama e curerà Pound da “una grave intossicazione uremica”). 

Ricordi del piccolo Bubi: «insieme abbiamo partecipato a qualche piccolo torneo nelle cittadine rivierasche, dove giungevamo sulla Fiat 509 torpedo, carichi di entusiasti del tennis e guidata da mia madre». Pound si batteva «con poco stile ma con inesauribile energia e combattività» e quando vinceva «era giulivo come un ragazzo». Tant’è che pure la figlia Mary de Rachewiltz, nata da una relazione tra Ezra Pound e la violinista Olga Rudge, nell’intervista concessa a Luca Mastrantonio sul Corriere della Sera ha risposto prontamente, stimolata sui suoi “ricordi” del padre nel periodo veneziano, con un aneddoto:

«Le partite a tennis, mio padre amava giocare a tennis. Con me si toglieva una scarpa, la metteva in un certo punto e mi diceva “hit it”, colpisci».

Senza poi però fornire troppe indicazioni alla domanda se Ezra fosse o meno un ‘bravo giocatore’: «Non so, mia madre diceva che tirava forte». Non deve suonare strana, però, l’associazione tra una mente tanto geniale e un’attività borghese come il tennis. Del resto, se nel giugno 1985 il New York Times l’ha definito “lo sport dei poeti” un motivo deve pur esserci. Scrive(va) ‘the Gray Lady’: «Il giocatore più appariscente e bizzarro era Ezra Pound, che sfoggiava un enorme berretto floscio per distrarre il suo avversario e per coprirsi gli occhi». Per poi continuare:

«Ford Madox Ford, un ex avversario, famoso per le sue storie assurde, fornì una spiegazione ‘endocrinologica’ del comportamento di Pound: “Il signor Pound è un ammirevole, anche se eccentrico, interprete del gioco del tennis. Giocare contro di lui è come giocare contro un canguro ubriaco che è stato reso eccessivamente vigoroso dall’iniezione a qualche ghiandola o cose del genere. Una volta vinse il campionato di tennis del sud della Francia, e fu presentato lo spettacolo del signor Pound in una carrozza a cavallo accanto al sindaco di Perpignan… Seguiti da tennisti sconfitti, toreri, striscioni”. Pound in seguito giocò regolarmente con i visitatori e il personale mentre era confinato a Washington al St. Elizabeth’s Hospital».

Ezra Pound sport

All’inferno! la pace appesta tutto il nostro Sud.

Tu, cane bastardo, Papiols, vieni! Diamoci alla musica!

Io non ho vita tranne quando cozzano le spade.

Ma quando vedo stendardi d’oro, di vaio, violacei. opporsi

e i vasti campi sotto loro farsi vermigli

allora urla il mio cuore, quasi pazzo di gioia.

.

La celebre sestina ‘Altaforte’ (1909). Accanto, la foto segnaletica di Pound dopo la consegna ai militari americani (1945, da Wikipedia)


Ma cosa c’entra Altaforte, la “sestina maledetta” di Ezra Pound (attenzione, uomo di pace, non pacifista) con il tennis? Dici guerra eroica e pensi innanzitutto al combattimento corpo a corpo. Proviamo a spiegarlo con le parole di un altro americano. Un certo Andre Agassi: «Ogni tennista, prima o poi, si paragona a un pugile, perché il tennis è boxe senza contatto. È uno sport violento, uno contro l’altro, e la scelta è brutalmente semplice quanto sul ring. Uccidere o essere uccisi. Sconfiggere o essere sconfitti. Solo che nel tennis le batoste sono più sotto pelle».

A proposito. Un divertente aneddoto ci racconta di quando in Francia il sopracitato Hemingway «sentì tutta l’irritazione che quell’ egocentrico signore ispirava sovente».

Parlava di Pound: il tutto finì con Papa a insegnargli “a tirare di pugilato” e con Ez a istruire l’altro scrittore su “ciò che si doveva e non si doveva scrivere”. Possiamo, anzi dobbiamo, considerare Ezra come il più europeo degli americani. Non solo perché tra Venezia, Londra, Parigi e Rapallo si stabilì nel Vecchio Continente ma per il fatto che nel suo pensiero, e nel suo vissuto, ritroviamo quell’essenza di Europa in cui la cultura greca ha educato la marzialità romana e, successivamente, sulle sponde del Mediterraneo lo splendore dell’impero ha ingentilito l’ormai soverchiante forza dei popoli germanici (per i quali Pound, va detto, non provava la massima simpatia). 


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Ideas into action, “credo nelle idee che diventano azioni” ci educa una massima poundiana. Un po’ come, appunto, il tennis: secondo Boris Becker infatti «le partite si vincono con la strategia, mentalità e forza di volontà», uno sport «complicato, imprevedibile. Non è solo correre e colpire. È un fatto di testa, di intelligenza». Disciplina cerebrale ma non principalmente cerebrale, come può essere per gli scacchi: disciplina in cui le idee hanno poi inevitabilmente bisogno dell’azione, del giudice ultimo del corpo.

Ma non c’è stato solo il tennis. Ezra Pound, tra le altre cose, era anche un ottimo schermidore. Introdusse l’arte della spada al poeta irlandese William Butler Yeats: «si era messo in testa di imparare a tirare di scherma, il che era spassoso. Affondava il fioretto con la leggerezza di una balena. A volte dava l’impressione di essere ancora più scemo di me». Leggenda vuole che nel periodo londinese abbia sfidato a duello Lascelles Abercrombie. Motivi puramente letterari: quest’ultimo, conscio delle abilità dell’americano con il fioretto, rilanciò proponendo un reciproco ‘bombardamento’ con le copie dei propri libri invenduti.

Risultato? Abercrombie si recò da Yeats e, sorpreso da un Pound in atteggiamenti non proprio amichevoli, si diede alla fuga

E forse Ez, come suggerisce il titolo di un fondamentale libro scritto da Adriano Scianca, sarebbe stato pure un intraprendente surfista. Di sicuro ha cavalcato la contemporaneità, riuscendo ad essere in anticipo sui tempi. Oggi come nel secolo scorso. Ezra è vivo e vitale. Come potrebbe esserlo un tennista, un pugile o uno spadaccino. Non ci sono più eroi, e forse nemmeno grandi poeti. Riprendiamoci Pound, allora. Oltre i pregiudizi di chi sacrifica l’arte, e la poesia, e la letteratura, e il pensiero, sull’altare dello storiograficamente corretto. E viviamo lo sport, nella sua essenza profonda: la poesia del terzo millennio.

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