Intervista a un Odisseo nel calcio, primo DS italiano in Brasile.
L’Italia. Paese di santi, poeti e navigatori. I santi sono sul calendario, i poeti nel sottoscala, i navigatori non solo in mare. Prendete Fabio Cordella, un comandante prestato alla direzione sportiva, al timone di uno dei velieri più amati e sofferti del Brasile: il bianconero Vasco da Gama. La regata è di quelle mica da ridere: il primo direttore italiano di una società del futbol. Filosofie apparentemente inconciliabili: joga bonito da far sposare al catenaccio e contropiede, penserete. Sbagliato.
Cordella è un giramondo poliglotta. Ha portato il meglio dello Stivale – e in particolar modo del Tacco, con la sua Copertino nel cuore – in tre continenti: Europa, Africa e Nord America. Con esclusive esperienze manageriali in Costa d’Avorio, Belgio, Ungheria e Panama ha forgiato un profilo internazionale, capace di osservare il calcio a 360°, valutando l’impatto positivo dello stesso su popoli portatori di mirabolanti tradizioni e costumi.
Il Vasco, uno degli alveoli palpitanti di Rio de Janeiro, non assapora il massimo calice del Sud America, la Copa Libertadores, dal 1998. Non sventola il massimo scalpo nazionale, il Brasileirão, dal 2000. Troppe lacrime disperse nel sudore sensuale di Copacabana: la sabbia vergine vuole essere violentata da fiumi di alcol e follie en passant dei tifosi Bacalhau, pronti a stonare a squarciagola l’inno Meu Pavilhão.
Ad aprire le nostre quattro chiacchiere con Cordella, rigorosamente davanti a un caffè e tapioca, è la samba di buon augurio del vate del Carnevale, Sergio Mendes. Samba in Heaven (samba in paradiso), è l’auspicio d’approdo per il navigatore salentino. I versi ripercorrono uno dei canti più diffusi nei catini brasiliani al cospetto del bel calcio, assente da troppo tempo all’Estadio São Januário:
E non è rimasto altro che febbre, febbre non posso negarlo mi emoziono solo tu mi fai sballare come una febbre, febbre tutto nella mia testa guarda cosa hai iniziato solo tu mi fai sballare come una febbre.
Che sensazioni hai per questa nuova navigazione? Stavolta alla fine del mondo…
«Il Vasco da Gama è il secondo club più titolato al mondo dopo il Real Madrid. Oltre al Vasco il Brasile ha società leggendarie come Flamengo, Botafogo, San Paolo, Fluminense, Palmeiras, International, Corinthians, Gremio, fucine in grado di fornire al mondo per decenni campioni che abbiamo adorato e che adoriamo ancora. Il fascino del campionato carioca è pazzesco. Sono il primo italiano nella storia a fare il direttore sportivo in Brasile e questo mi riempie d’orgoglio. Il progetto è semplice: portare la mia idea di calcio, che non si limita al campo. Mi piacerebbe coinvolgere più culture sportive, figlie del mio bagaglio di esperienza in giro per l’emisfero».
Come chilometri percorsi non hai nulla da invidiare a Vasco da Gama, Cristoforo Colombo e Americo Vespucci. Ci riassumi le tue rotte?
«Ho iniziato questo mestiere quindici anni fa, in Costa d’Avorio. Ho creato un gruppo di lavoro salentino che è riuscito dopo vent’anni a portare l’Africa Sport a conquistare il campionato. Ho avuto una parentesi in Italia, in Lega Pro, con il Lanciano, e poi in Serie B con il Treviso. Ho avuto l’opportunità di andare in Belgio al Royale Union Saint-Gilloise, l’unica squadra a fare sessanta risultati utili consecutivi in massima serie nella storia del calcio. Poi è arrivata l’Ungheria, con i cinque anni a Budapest, all’Honvéd, il club di Ferenc Puskás.
Negli utlimi anni all’Honvéd e dopo la fine della mia esperienza con i rossoneri magiari, ho fatto il docente per la federazione panamense, dove ho contribuito nel mio piccolo all’incredibile qualificazione ai Mondiali in Russia della nazionale caraibica. France Football ci dedicò un articolo speciale parlando del nostro progetto di preparazione dei tecnici e dei dirigenti a Panama, portato a termine con Mimmo Conte, preparatore dei portieri, e Ivan Zamorano e Vincent Candela, preparatori della guida tecnica».
Fabio Cordella, come ogni buon navigatore che si rispetti, è un visionario. È stato l’unico a credere nelle capacità del mister Marco Rossi, portato all’Honvéd tra lo scetticismo dei media ungheresi. Il resto è storia: Rossi vinse clamorosamente il campionato nel 2017 ed ora conduce egregiamente la nazionale magiara, con la quale ha conquistato la qualificazione agli Europei e la promozione nel gruppo A della Nations League, in mezzo alle superpotenze del Vecchio Continente.
È da sempre uno sponsor del suo amico Roberto Mancini del quale conosce metodo, statura d’uomo e potenzialità complessive:
«Con Roby siamo molto amici. Sta dimostrando quello che ha sempre dimostrato in tutti i club: è uno dei più grandi in assoluto, per capacità tattiche e umane è tra i primi cinque degli ultimi cinquanta anni. L’Italia sta facendo vedere con un gruppo di ragazzini di grande talento un ottimo calcio. È riuscito a costruire in poco tempo un organico che sembra giocare insieme da dieci anni. Guardandoli non solo sei orgoglioso, ti diverti».
Le radici ei campioni
Il comandante Cordella, come Ulisse con la sua Itaca, non dimentica le radici. Ha costruito un progetto di virtuosa promozione dei sapori e della storia del Salento, coinvolgendo diversi fuoriclasse di Eupalla: I vini dei campioni, una formazione di bottiglie che dà lustro al patrimonio enogastronomico tra Copertino e Novoli – a pochi passi da Lecce –, dove hanno base operativa le Cantine Cordella. I calciatori coinvolti nel progetto, oltre a creare il proprio vino secondo i gusti e la personalità, si ritrovano a sostare nel Tacco incontrando i ragazzi delle scuole calcio delle periferie, proponendo attività benefiche e di sviluppo per il territorio.
Il team è da spellarsi le mani: tra i pali il portiere più forte della storia, Gigi Buffon; sulle fasce i terzini più forti della storia, Cafù e Roberto Carlos; al centro due muri invalicabili, il capitano del Chelsea John Terry e il capitano dell’Uruguay Diego Lugano; in cabina di regia uno degli eroi del triplete, Wesley Sneijder; a completare la mediana Marcio Amoroso e Vincent Candela; in attacco Fabrizio Miccoli, Ronaldinho e Zamorano; in panca, a scalpitare, Faustino Asprilia e Julio Cesar.
Cordella confessa la passione di Buffon, pronto a fare concorrenza al mister intenditore Andrea Pirlo:
«Buffon impazzisce per il primitivo ed è legato al Salento anche per questo».
Un aneddoto curioso del progetto, che conferma l’armonia col pallone allo stato puro di Ronaldinho, accade nel 2017. Dinho è invitato nel Salento dal navigatore per creare il suo vino e incontrare i ragazzi delle associazioni sportive, palleggiando con loro e regalando l’infinita gioia che solo il suo gioco ha saputo regalare ai comuni mortali. La reazione del dieci è quella che non ti aspetti:
«Quando proposi il progetto a Ronaldinho era in Cina. Chiamo lui e suo fratello, gli racconto del progetto e della voglia della scuole calcio salentine di conoscerlo. Loro erano entusiasti, volevano fare il vino insieme a noi, come dei veri contadini, parlando direttamente con gli enologi. Da Shanghai sale sul suo jet privato e viene per una settimana a Lecce, incontrando i ragazzi del Salento, che sognano di diventare delle stelle come lui».
I vini dei campioni permettono al direttore sportivo di tenere vivo il legame con la propria terra. Partire è sempre un riaccendere la radio con cassetta, facendo scorrere L’emigrante del cantore popolare Bruno Petrachi. Partire per lui è rinascere su nuovi orizzonti, con un pazzo progetto da stringere tra mani affamate di lavoro. Parafrasando un altro illustre italiano in Brasile, di nome Giuseppe Ungaretti, “e subito riprende il viaggio/ come dopo il naufragio/ un superstite lupo di mare”.
Ronaldinho a Lecce con Fabio Cordella, tra vino e incredulità generale
Dall’Italia al Brasile,dal Brasile all’Italia
Fabio Cordella ha coraggio da vendere. È l’ultimo uomo al mondo a credere in un miracolo sportivo: la rinascita di Mario Balotelli. Alla domanda sul bad boy del calcio nostrano, il direttore non si sottrae, confessando la volontà di cogliere la super sfida appena sbarcato al Vasco:
«Mario Balotelli è un obiettivo, siamo d’accordo su tutto con lui, con Raiola e con il suo avvocato. Mario vuole venire. La chiusura della Stato per il covid-19 ci impedisce al momento la transizione. Sembrerebbe poter sbloccarsi entro il 20 gennaio 2021. Non so se Mario potrà aspettare fino a quella data, perciò stiamo cercando di risolvere subito. Noi lo vogliamo e lo aspettiamo a braccia aperte».
Non solo Super Mario. Nella mente del navigatore rimbalza da giorni l’opportunità di avvalersi delle ragnatele tattiche di un altro super eroe made in Italy, un suo alter ego per capacità di viaggiare e sperimentare:
«L’uomo ragno è un mio obiettivo. E lui sarebbe felice di venire al Vasco. Al momento sulla panchina del club c’è l’allenatore portoghese Ricardo Joao Pinto che ha un contratto in scadenza alla fine di questo campionato. Perciò rispettiamo il professionista che deve finire il suo lavoro. Qualora dovessimo cambiare tecnico, la mia preferenza è per Walter Zenga. Non lo penso solo perché ha fatto una grande carriera, ma perché ha la postura giusta e può essere l’elemento sorpresa per riportare il Vasco ai fasti gloriosi che tutti ricordano».
Un progetto ambizioso, dalla cifra internazionale, cullato come un sogno non da chissà quale cervellone estero: è un italiano, illuminato da un raggio di luna sul Pan di Zucchero. Nel football, quando si parla di direzione tecnica o sportiva, possono impararlo anche a Rio de Janeiro: os italianos fazem melhor. Ad accogliere il navigatore è un Cristo Redentore in carne e ossa, la poetessa più odiata e amata di Rio, Cecília Meireles: