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18 Novembre 2024

Italia-Francia 1-3, ritorno al passato

Una sconfitta che dice più di quanto Spalletti voglia far credere.

Le urla di Lele Adani, giustamente criticate da Libero, i titoloni in extra-bold dei giornali sportivi, soprattutto lo sguardo superbo di Luciano Spalletti al termine di Belgio-Italia (0-1) giovedì sera, reazione alla più che lecita osservazione dell’inviata bordocampo Rai Tiziana Alla: “ci basta anche un pareggio, o perdere con una rete di scarto domenica sera, per passare come primi”.

Non l’avesse mai chiesto, a Spalletti, se l’atteggiamento degli azzurri – che certo, aridaje di retorica, sarebbe rimasto lo stesso pimpante furente per i tre punti di sempre – avrebbe giudicato con più rispetto del solito quella brutta parola che Spalletti, Adani e il nuovo popolo delle libertà calcistiche ripudiano: l’accortezza difensiva. E invece no, ha vinto il fronte libertario e progressista, hanno vinto gli Adani, Spalletti e compagnia sognante, ma ha perso e malamente l’Italia. Che non solo è uscita sconfitta dal confronto con un’assai mediocre Francia (almeno rispetto al suo massimo potenziale, orfano di Mbappe tra gli altri), ma ha anche perso la testa del girone: un’impresa raggiunta grazie ai due gol di scarto (1-3) che hanno deciso la classifica finale, per differenza reti.

Il problema, ancora una volta, non sta tanto nel modo di giocare, ma nell’avere sempre e comunque, qualsiasi avversario hai di fronte e qualsiasi circostanza tu debba affrontare, lo stesso atteggiamento: spregiudicato, che è il termine nobile usato quando le cose vanno bene, ma anche ingenuo, il termine che usiamo oggi per descrivere una sconfitta strameritata. Davanti a uno stadio pieno – San Siro, che non ci porta un gran bene a dirla tutta – ma silente, tanto da costringere Spalletti a chiedere il sostegno ai ragazzi a più riprese, si sentono sono solo i 1500 francesi giunti a Milano. Cantano, e godono, sfruttando tutta l’inadeguatezza difensiva degli azzurri.

«Purtroppo è così, potevamo vivercela più tranquillamente, ma abbiamo preso subito gol. Siamo andati subito a forzare la partita e abbiamo speso tante energie; sono tre gol un po’ casuali, su calci piazzati…».

Luciano Spalletti, post-partita di Italia-Francia 1-3

Insomma: si difenda chi può. Casuale può forse essere la punizione di Digne, una perla di rara bellezza. Ma come si fa a giudicare casuale la doppietta di Adrien Rabiot, due volte lasciato solo al centro dell’area di rigore? Per inciso, l’Italia di Spalletti con il clean-sheet di giovedì sera contro il Belgio aveva arrestato un’emorragia difensiva che andava avanti da nove partite di fila. La porta inviolata: ecco, quella sì che era stata un caso.

La sensazione è che questa Nazionale, orfana di grandi nomi, sia costretta ad andare più veloce dei propri avversari se vuole portare a casa il risultato. Certo, parliamo di avversari forti, non di Israele per intenderci, ma forse neanche di Belgio – che a proposito, ieri sera ha perso proprio contro Israele. Così Roncone, sul Corriere della Sera, ha scritto:

«Non si capisce se un po’ appagati dai complimenti ricevuti dopo le ultime partite, o se soltanto stanchi (il c.t. non se ne era accorto?), giochiamo un calcio lento, cerchiamo un palleggio complicato: siamo imprecisi, non chiudiamo triangolazioni elementari» (corsivi nostro).

Soprattutto, però, «è probabile che la squadra si sia rilassata mentalmente. La qualificazione già ottenuta, una serie di belle prestazioni, qualche chiacchiera onirica sul nostro calcio ‘tridimensionale’, e quella certa, diffusa euforia. È molto umano, rilassarsi, ma rischioso. Anche perché questa Nazionale, così com’è, senza mezzo fuoriclasse, deve vivere di furia e ferocia, deve tenersi addosso la rabbia di chi è costretto ad aiutarsi, a sporcarsi, a lottare sempre anche per prendersi un centimetro di campo».

Eccolo dunque il tema fondamentale uscito dopo la prestazione di ieri sera: senza rabbia, furia e ferocia agonistica, senza quell’unione di gruppo che ti spinge alla rincorsa in più, all’allungo sull’avversario lasciato solo dal compagno con la lingua di fuori, questa squadra è debole, disarmata e soprattutto senza mezzo fuoriclasse, quello che ti aiuta nei momenti di fiacca. L’Italia, costretta dal gioco di Spalletti a viaggiare su ritmi costantemente furenti, si è scoperta stanca e bidimensionale. Ricorrere alle cose semplici, ogni tanto, non guasterebbe. Siamo certi che Spalletti farà tesoro di questa lezione. O quantomeno ce lo auguriamo.

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