Dopo il pareggio casalingo per 1-1 del suo Liverpool contro il Tottenham – probabilmente il passo falso decisivo che consegnerà la Premier League al Manchester City di Guardiola –, Jurgen Klopp se l’è presa con il gioco del suo avversario Antonio Conte, accusato (tanto per cambiare) di praticare un calcio difensivista: «Non mi piace questo tipo di calcio ma è un mio problema personale. Penso che siano una grande squadra e dovrebbero essere più propositivi. Contro di noi hanno avuto un possesso palla tra il 30 e il 36%… comunque è un mio problema, non potrei mai proporre un calcio così. Non saprei insegnarlo e non potrei mai giocare in questo modo (…) Con tutto il rispetto per il Tottenham, un top team, loro hanno pensato solo a difendersi. Grandissimi giocatori hanno bloccato tutte le linee di passaggio, è stato molto difficile». Quindi la chiusura:
«Hanno pareggiato con noi e fatto risultato con Manchester City e Chelsea. Il loro modo di giocare funziona per queste partite, il loro contropiede è veramente pericoloso, ma sono ancora al quinto posto, questo è quanto»
Jurgen Klopp
Non è la prima volta, però, che l’allenatore tedesco partorisce intemerate del genere. Chi ha buona memoria rintraccerà infatti in queste dichiarazioni l’eco di quelle altrettanto famose arrivate nel marzo 2020 nel post-partita degli ottavi di Champions League tra Liverpool e Atletico Madrid. Allora l’etichetta di maleducato difensivista era toccata a Diego Simeone, tecnico dei Colchoneros, reo di aver fatto fuori il buon Jurgen pensando proprio come Conte prima di tutto a non prenderle:
«Non capisco perché giochino questo calcio con tutta la qualità che hanno. Potrebbero giocare bene, e invece fanno il contropiede. Ovviamente lo accettiamo, ma stasera non mi è sembrato giusto. So che sono un pessimo perdente, ma i ragazzi si sono impegnati tantissimo contro giocatori di livello mondiale che dall’altra parte difendevano su due linee da quattro».
Jurgen Klopp
Ora si è già detto tanto del giochismo, del difensivismo, e dell’atavica ipocrisia che caratterizza chi crede di possedere la formula segreta del “bel calcio”; ancora di più, dell’unico calcio nobile e degno. Detto sinceramente, sono discorsi che iniziano pure un po’ a scocciare. Per questo stavolta vogliamo solo porre l’attenzione su un aspetto spesso sorprendentemente trascurato nel dibattito sportivo contemporaneo, ovvero sul fatto che certe dichiarazioni, arrivate guarda caso nei momenti immediatamente successivi a cocenti delusioni, forse andrebbero prese solo per ciò che effettivamente sono, ovvero delle belle rosicate. Come disse lo stesso Klopp per spiegare poi quelle parole: «le ho dette dopo la partita di ritorno, ero arrabbiato e deluso».
Iscriviti all’unica newsletter che abbraccia i rosiconi, basta che non facciano la morale!
Non che ci sia niente di male eh, sia chiaro. Anzi, in un calcio sempre più lindo e pinto in cui addirittura gli sconfitti in finale di Champions mostrano alle telecamere il loro sorriso migliore – magari baciando nel frattempo la sfigatissima medaglietta d’argento (ogni riferimento a fatti dello scorso anno è puramente casuale) – ben vengano i rosiconi con le loro rimostranze fegatose e bislacche.
Ben vengano le piogge mazzarriane, le lacrimucce di Inzaghi, il complottismo rancoroso del Gasperini, che pure quest’anno pare sia al centro di una cospirazione di palazzo niente male, poveretto. Ben vengano le catilinarie di Mourinho contro la classe arbitrale e il sistema Paese, le sempreverdi dispute sul calendario, il ditino di Spalletti puntato contro il mondo intero, i bidoni dell’immondizia al posto del cuore, gli scudetti persi in albergo. Tutte umanissime manifestazioni dell’arte di non saper perdere, in barba ai training di gestione delle emozioni, agli specialisti dell’immagine, al fantomatico “fair play”. Nostalgici e sempre più sporadici rimasugli di un’epoca in cui le frustrazioni si sfogavano con le passioni anziché sul lettino dell’analista.
Se c’è però una cosa che può mutare radicalmente il piglio della rosicata, fino addirittura a renderla insopportabile pure per chi sa apprezzarne il valore sociologico, ecco questa è la consapevole mistificazione della stessa, al fine di mascherarla da controargomentazione pseudo-teorica. Esattamente quello che si ostina a fare Klopp, celando a tutto il mondo la sua smania rosicona dietro la narrazione (purtroppo ancora dominante) del difensivismo sporco e cattivo.
Sì perché se rosicata deve essere, che almeno sia esplicita, diamine, o quantomeno malcelata!
Se invece riesce ad assumere le sembianze dell’oggettività tramite il sapiente utilizzo di retoriche statistiche, tanto che potrebbe essere scambiata addirittura con una lezione di teoria del football generosamente concessa dal rosicone all’avversario, beh cambia tutto. A quel punto il rosicone non merita più alcuna comprensione, nein! Perché sta semplicemente cercando di stabilire una falsa verità. A quel punto il rosicone va rintuzzato con un papelito contrastiano fumante, cotto e mangiato, se nella stampa mainstream nessuno si prende la briga di farlo.
E quindi eccoci qui, caro Jurgen, e fidati che lo facciamo per il tuo bene. Dicci la verità, birbantello, non è che stai a rosica’? Eddai su a noi puoi dirlo, che il tuo diavolesco Liverpool in campo ci fa pure impazzire. Però basta con questa storia che se non vinci hanno sbagliato gli altri, che se sbagliavano veramente, mesa proprio che vincevi. È logica spicciola da preistorici.