Tifo
13 Aprile 2023

Lech Poznan Ultras, alle origini del tifo polacco

Una tifoseria che ha raccolto la cultura hooligans dandole nuova linfa.

“Le regole erano queste: la polizia ci picchiava, noi picchiavamo la polizia, nessuno andava in tribunale. Oggi, quando la polizia ci picchia, tu vai in tribunale”. Il pensiero di un tifoso del Miedź Legnica, estratto del volume Z pamiętnika Galernika. Magia lat 90-tych (‘Dal diario di Galernik. La magia degli anni ‘90’), ovvero le memorie senza filtri, sotto forma di diario, di un tifoso dell’ŁKS Łódź, rappresenta il nostro punto di partenza per un’analisi approfondita del movimento ultras polacco, con un focus doveroso su una delle tifoserie che più ha contribuito a plasmarlo nel corso degli anni: il Lech Poznan.

In vista del doppio confronto valevole per i quarti di finale di Conference League tra la Fiorentina e i polacchi, i nostri occhi saranno puntati anche verso gli spalti e fuori dal campo, considerando i trascorsi in Europa League del 2015 in cui le due tifoserie avevano già avuto modo di conoscersi.


Lech Poznan o del movimento Ultras polacco


Poznan, capoluogo della Wielkopolska, snodo commerciale e ferroviario di fondamentale importanza per l’intero continente, non poteva che risultare protagonista nello sviluppo del tifo polacco – che, come spesso accade nell’Europa orientale, si lega a e riflette le vicende storiche e socioculturali del Paese di appartenenza. Non a caso le prime forme di aggregazione sugli spalti cominciano ad intravedersi all’inizio degli anni ‘70, quando i cittadini polacchi entrano in contatto con alcune tifoserie europee transitate oltre cortina in occasione delle coppe europee, quali il Saint-Étienne e il Feyenoord.



Si registrano le prime tendenze a difendere il territorio dagli avversari, ed appaiono rivalità fondate in larga misura sull’appartenenza di alcuni club alle istituzioni statali. Emblematico è il caso del Legia Varsavia, nata sotto l’egida dell’esercito, e ancora oggi oggetto di odio in virtù della sua atavica colpa di rappresentare la capitale, ma anche lo stesso Lech risentì dell’influsso e dei finanziamenti delle ferrovie. Ad ogni modo la nascita dei primi gruppi (ŁKS Łódź, Polonia Bytom, Legia Varsavia) appare solo in parte come un fenomeno spontaneo, soffocato da un contesto nel quale ogni forma di individualismo non poteva trovare spazio e necessitava di essere ricondotta al monopolio statale.

La pervasività delle autorità comuniste si tradusse sin da subito nella volontà di centralizzare il movimento, finanziando le loro attività, l’organizzazione di eventi sociali e le trasferte.

Di fatto, alla fine della decade la Polonia contava all’incirca trenta club con un gruppo organizzato di supporter, formati però perlopiù da lavoratori e studenti: una base sociale che non differiva dal resto della società e difficilmente poteva rappresentare un generatore di dissenso.

I tifosi del Lech Poznan, un’altra categoria di tifo

Lo scenario cambia negli anni ‘80, e i Kolejorz (ferrovieri, soprannome dei tifosi del Lech Poznan) cominciano a entrare tragicamente in scena. La crisi politica ed economica, una burocratizzazione inefficiente e fuori controllo, ma soprattutto le mutate condizioni internazionali aggravano le condizioni del popolo polacco e il regime comincia a traballare.

In questo clima di subbuglio sociale e di repressione ancor più accentuata da parte delle autorità, i gruppi organizzati rimangono folgorati dall’hooliganismo all’inglese. La prima conseguenza di tale amore a prima vista fu un’escalation di violenza negli stadi, e durante la finale di Coppa di Polonia del 1980 tra Lech Poznan e Legia Varsavia gli scontri portarono a un morto e centinaia di feriti, anche se le stime ufficiali rimangono tuttora ignote. Sugli spalti di Danzica nel frattempo, città il cui porto è il luogo simbolo della rivolta di Solidarność, appaiono le prime scritte a favore del sindacato e cominciano ad essere uditi canti come “Precz z komuną” (“Abbasso i comunisti”).



Con il canto del cigno del mondo comunista nel 1989, inizia per il Paese il turbolento periodo di transizione all’economia di mercato e alla democrazia, le strutture sociali e politiche cercano di uniformarsi velocemente ai valori occidentali e anche sulle gradinate si consolida la tendenza a guardare con ammirazione al modello inglese. Il vestiario da Skinhead, fatto di Dr Martens, teste rasate e flyer jackets, assieme a una crescente e consolidata spirale di violenza senza precedenti, testimonia l’ammirazione per gli hooligans d’Oltremanica più che per il mondo Ultras in generale.


Gli anni Novanta e la nascita dei gruppi organizzati


Proprio in tale periodo di transizione e influenze straniere, nei primi anni Novanta, cambia la scena del tifo organizzato polacco e Poznan si ritaglia un ruolo centrale. Nell’ottobre del 1995 a Bratislava, in occasione di un match della nazionale contro la Slovacchia, i tifosi del Lech, fino ad allora marginali, si uniscono agli hooligans dell’Arka Gdynia e del Cracovia: era appena nata la ALC, o “triade”, la coalizione di gruppi che fino all’inizio del nuovo millennio sarà pressoché imbattibile negli scontri con le altre firm rivali, che ben presto formeranno un blocco antagonista.

Nello stesso decennio, nel settore 6 dello Stadion Miejski, ancora oggi soprannominato “Kotłem” (calderone), compare il gruppo LPH (Lech Poznan Hooligans), attuale gruppo guida della tifoseria biancoblu. Due sottogruppi tuttora esistenti, la Brygada Banici e Young Freaks 98, decidono di riunirsi sotto questa sigla e segnano un punto di svolta nel movimento nazionale. Così come i restanti gruppi sorti a seguito della dissoluzione del regime, anche questi ultimi abbracciano, quasi come reazione fisiologica, un nazionalismo esasperato tendente all’ideologia di estrema destra, lascito che rimarrà vivo sino ai giorni nostri.

lech poznan ultras
I simpatici tifosi del Lech Poznan

Al volgere del millennio gli hooligans del Lech dominano ogni scontro concordato, sia sugli spalti che all’esterno. Le parole “concordato” ed “esterno” sino ad allora tuttavia erano rimaste estranee al vocabolario del tifo polacco, segnato da scontri campali con la polizia sulle stesse gradinate, invasioni di campo, treni assaltati con ogni arma disponibile, insomma un clima di libertà quasi assoluta che non si discostava troppo da quello che si respirava negli altri Paesi europei.


Gli ustawki: scontri concordati


Le autorità presero però contromisure efficaci, attraverso la “legge sulla sicurezza negli eventi di massa” (Ustawa z dnia 22 sierpnia 1997 roku o bezpieczeństwie imprez masowych) affinché la violenza cominciasse quanto meno a diminuire. Già dal 1998 perciò si registra la prima ustawka, la lotta pre-concordata, tra i tifosi dell’Arka Gdynia e quelli del Lechia Danzica.

Nei primi anni 2000, tra tutti i gruppi organizzati, si accende un dibattito sulla convenienza degli ustawki, ormai sempre più necessità per evitare ogni tipo di interferenza dall’alto. Ancora una volta, nonostante la retrocessione del Lech in seconda divisione dal 1999 al 2003, gli LPH legittimano il proprio ruolo convocando tutti i capi dei gruppi organizzati più importanti della nazione nella loro città. Dall’incontro del 2004 nasce il “Patto di Poznan”, nel quale furono stabilite alcune regole specifiche (almeno sulla carta) per gli eventuali scontri: rispetto dell’avversario, egual numero di partecipanti allo scontro, nessun oggetto pericoloso e un luogo prestabilito. Tutti accettarono le condizioni dettate dal patto, eccetto Wisla e Cracovia.

I combattimenti nei boschi, regolati e corpo a corpo, rappresentano una specificità della scena polacca (ma non solo), nonché il motivo per cui gran parte dei tifosi praticano regolarmente allenamenti molto intensi di arti marziali come MMA e Boxe, anche in vista di veri e propri tornei organizzati.  

La prospettiva sulle altre due caratteristiche peculiari delle tifoserie polacche, ovvero l’uso massivo di fumogeni e la realizzazione di scenografie spettacolari e provocatorie, cambia attorno al biennio 2001/02, quando comincia una vera e propria differenziazione funzionale tra hooligans e gruppi ultras. Infatti, facendo proprie le influenze del movimento Ultras nostrano, compaiono sugli spalti fumogeni, bandiere di grandi dimensioni con i colori sociali dei club e scenografie sempre più complesse, assenti fino a poco tempo prima.

Volendo tracciare l’attuale organigramma del tifo biancoblu, questa differenziazione è ben evidente. In quegli anni nascono infatti gli Ultras Lech e E-Lech ‘02, due gruppi che oggi collaborano per la creazione delle scenografie, facendo sempre capo agli LPH.


Volendo ricordare alcuni dei loro lavori recenti artisticamente più riusciti, la stracitata dedica a Pablo Escobar accompagnata dalla scritta “pelota o plomo”, nel match contro il Legia Varsavia del 2020, è solo una delle tante scenografie spettacolari mostrate al mondo dai Kolejorz. A livello contenutistico, sono due quelle che meritano una lettura più approfondita, perché sottolineano la linea politica nazionalista dei biancoblu. La prima risale al 23 febbraio 2019, sempre contro i rivali storici, e raffigurava uno scarpone che schiaccia la testa di un soldato tedesco a terra.

Lo striscione recitava: “Gli abitanti di Poznan non hanno abbandonato… il tedesco ha tenuto la faccia a terra”, con l’intento di celebrare il 100esimo anniversario della “Rivolta Wielkopolska” per l’indipendenza polacca, scoppiata il 27 dicembre 1919.

La seconda, messa in scena durante una partita contro il Jagellonia del 2016, era invece formata da una bandiera polacca realizzata con i cartoncini, in sovraimpressione un telone che ricalcava la copertina di Historia Roja, un film uscito in quello stesso anno, e la scritta “Morte ai nemici della Patria”. Nella pellicola, dopo l’uccisione del fratello comandante in capo dell’esercito nazionale nella primavera del 1945, il ventenne Mieczyslaw si unisce ad un’unità paramilitare per liberare il Paese dalla tirannia sovietica.



Proprio per il 97° anniversario della Rivolta Wielkopolska del 1918/19, alle celebrazioni si è unita l’associazione SKLP (Stowarzyszenie Kibiców Lecha Poznań), fondata nel 2014 come continuazione dell’associazione Wiara Lechia (Popolo del Lech). Dal 2003 infatti, anche a causa dei costi sempre crescenti delle scenografie, si è assistito a una sorta di istituzionalizzazione del movimento, con la nascita di numerose associazioni ufficiali, responsabili di attività rilevanti nell’ambito della società civile. Nel caso del Lech, l’associazione ufficiale Wiara Lechia, oltre ad essere diventata una squadra di calcio formata dai tifosi con il restyling del 2014, si occupa dell’organizzazione delle trasferte, delle raccolte fondi, delle pubbliche relazioni, incluse azioni umanitarie e commemorative.

Ufficialmente, tale associazione non supporta gli hooligans ma nella prassi tutti i gruppi, pur lavorando separatamente, collaborano tra loro e fanno capo agli LPH.

Presentarsi in massa in trasferta è essenziale per i tifosi del Lech, e quella di Firenze non sarà certo un’eccezione. Bisognerà prestare attenzione verso una delle tifoserie più calde del panorama europeo, capace di mettere a soqquadro intere città come nel caso del preliminare di Champions a Sarajevo, quando ci furono più di 30 feriti nello scontro con i padroni di casa sotto l’hotel degli ospiti, ma anche di dettare tendenze: “Il Poznan”, adottato dai tifosi del Manchester City, ovvero saltare abbracciati dando le spalle al campo, nacque presumibilmente nei tardi anni ‘60 grazie ai Kolejorz. La loro eredità non è andata perduta.

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