Un calciatore di cui ci siamo dimenticati troppo in fretta.
Lasciamo perdere Venditti e i giri immensi fatti dagli amori, di cui già si sa tutto. Che poi l’amore nel calcio vai a sapere se esiste ancora. Vero Lukaku? Piuttosto concentriamoci su un fatto: quando si tratta di acquistare un attaccante in grado di fare gol non si può fare troppo gli schizzinosi. Se non ti chiami Pantaleo Corvino, spesso le cifre da spendere sono alte, molto alte. Mauro Icardi, trentuno anni a febbraio, è passato in estate dal PSG al Galatasaray per dieci milioni, dopo una stagione in prestito cominciata a rilento ma conclusa in modo trionfale.
La dirigenza dei parigini, con la fretta di chi se ne frega di perdere soldi e valori tecnici sottocosto perché tanto i qatarioti risolveranno tutto con l’ennesimo assegno in bianco, l’ha regalato ai turchi convinta di essersi liberata di un peso. E se per gli equilibri nello spogliatoio potrebbe aver avuto ragione, ci permettiamo di dubitare della bontà della scelta.
L’anno scorso, senza il rosarino, il PSG si era dovuto accontentare di Ekitike come punta di scorta e dei suoi quattro gol stagionali, mentre quest’anno, partiti Messi e Neymar, si è scelto di affiancare Kolo Muani e Gonçalo Ramos al ribelle Mbappé, per la modica cifra di centosessanta milioni. I risultati? Alla seconda pausa per le nazionali i due nuovi acquisti hanno segnato in due quattro gol stagionali (nessuno in Champions), Icardi dodici.
Dal punto dei vista dei media, è assodato che Icardi stia sulle scatole a molti. Se l’infinita sequela di gossip dai contorni surreali legati alla sua tormentatissima e pubblicatissima storia di amori, soldi, dissapori e tradimenti con la moglie/exmoglie/agente Wanda Nara ha rovinato la sua immagine, negli anni la sua capacità di gonfiare la rete è rimasta pressoché invariata.
I fasti interisti sono ormai lontanissimi, un’era geologica primordiale che lo ha visto capitano della squadra e due volte capocannoniere della Serie A, ma addirittura il vituperato triennio parigino si è concluso con medie rispettabili, vicine a un gol ogni due partite. Non all’altezza del suo storico, ma comunque meglio di quanto fatto nella sua lunga carriera da Arnautovic, l’uomo scelto dall’Inter come prima riserva alla coppia titolare.
Dato per finito e descritto come fuori forma, fuori fase e fuori di testa, Icardi a metà settembre 2022 ha trasferito in Turchia il suo pesantissimo contratto da una decina di milioni – che con le favorevoli tassazioni turche si è immediatamente alleggerito – e un bagaglio di gol ancora più poderoso. Anche i suoi inesauribili drammi matrimoniali lo hanno seguito, ma i turchi sembrerebbero meno perbenisti di noi italiani e, finché fa gol, Mauro può vivere tranquillamente la sua telenovela personale senza turbare nessuno.
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Quasi inutile ripercorrere le tappe della love story più mediatica della storia della Serie A, dalla querelle con Maxi Lopez, marito e mentore tradito, a Wanda che da moglie s’improvvisa procuratrice, guastando i rapporti di Icardi con l’Inter dal palco di TikiTaka. Né serve più di un veloce ripasso per ricordare il caos generato dall’autobiografia del calciatore, che nel 2017 gli aveva inimicato buona parte della tifoseria interista. L’unico elemento d’interesse della storia di Icardi – di vero interesse – è la sua capacità quasi sovrumana di fare gol. Sempre.
Quando Lautaro ha fatto poker con la Salernitana, sono cominciate ad apparire sul web liste su liste di nomi degli ultimi giocatori capaci di segnare quattro reti nella stessa partita. Negli ultimi trent’anni, gli unici in Italia a riuscirci per ben due volte sono stati Alberto Gilardino, che al Parma segnava a ogni tocco di palla, e Icardi. La prima volta con la maglia della Samp, in un 6-0 al Pescara, e la seconda all’Inter, da fischiatissimo ex proprio contro i blucerchiati.
Nei suoi sei anni nerazzurri, Maurito ha accumulato 124 gol in 219 partite, ma in Turchia è passato al livello successivo, quello di supercattivo dei videogiochi, mettendo a segno quasi una rete a partita: 35 in 40 presenze, oltre a un dominio incontrastato sulla Süper Lig.
Prima di Icardi, il Galatasaray, nonostante Mertens, Mata, Torreira, Gomis e Sérgio Oliveira – una sfilza di giocatori spremuti e al limite o quasi delle proprie capacità fisiche – navigava in acque burrascose e segnare era un’impresa. Poi è arrivato lui e dall’undicesima giornata, partita dopo partita, è maturato un primo posto finale conquistato di pura prepotenza. Se in Italia – oltre alle vicende extra-campo – i critici avevano sempre rimproverato a Icardi l’egoismo e l’incapacità di partecipare in modo attivo alla manovra della squadra, in Turchia hanno trovato in lui anche un uomo assist, sintomo di un bomber capace di mettersi al servizio degli altri.
L’anno dopo la conquista del primo titolo di capocannoniere da parte di Mauro, nel 2015, Roberto Mancini, all’epoca tecnico dell’Inter, aveva cominciato a battere con insistenza sul tasto del gioco di squadra, chiedendo al suo centravanti una maggiore applicazione nel pressing sui difensori avversari. Lo voleva più coinvolto, meno uomo d’area e più attaccante di manovra.
I numeri di Icardi in quel 2016 erano crollati, con una percentuale realizzativa che a un certo punto era scesa da una media del 25% fino al 9%. In poche parole, Icardi non segnava più un gol ogni quattro occasioni ma uno ogni dieci, ragion per cui già dall’anno successivo i successori di Mancini avevano smesso di tormentarlo sulle sue mancanze, provando a esaltarne i pregi. Nel 2017/18, con Spalletti, Icardi aveva raggiunto i numeri migliori in carriera, vincendo di nuovo la classifica cannonieri con ventinove gol, ma la stagione successiva era deflagrata la polemica sul suo rinnovo di contratto. Wanda, in veste di agente, aveva alimentato il fuoco dello scontento e in tutta risposta l’Inter aveva tolto la fascia di capitano al marito – conquistata a ventidue anni per meriti sul campo – di fatto scaricandolo.
“È come se gli avessero tolto una gamba”, il commento della moglie.
Per la successione era già presente in rosa un giovane Lautaro Martinez, che dopo essersi messo sotto l’ala protettrice del connazionale, tra fotografie col mate e asado di gruppo nel più trito cliché gaucho, aveva preso le distanze quando la caduta in disgrazia di Maurito aveva cominciato ad aprirgli spiragli per un grande futuro. Spalletti già a marzo dopo un 3-2 nel derby aveva sciolto ogni dubbio sulla possibile successione, applaudendo Lautaro e dando il benservito a Icardi, che in quelle settimane sembrava un malato immaginario: “Vittoria da grandissima squadra. Faccio un plauso a tutti i ragazzi dentro lo spogliatoio (Icardi era da un po’ che non si faceva vedere N.d.A.). Abbiamo trovato l’attaccante forte che ci vuole”.
Sbolognato in prestito al Paris, Icardi aveva soddisfatto le aspettative, facendo guadagnare cinquanta milioni all’Inter umiliata e offesa. Poi di nuovo la sua vita privata aveva avuto il sopravvento sulle faccende di campo. Tra tradimenti veri o presunti e fughe della moglie in Argentina, i gol erano passati in secondo piano. Mauro aveva giocato meno e i suoi infortuni “politici” si erano moltiplicati.
Spedito con un sospiro di sollievo al di là del Bosforo, Icardi si è rifatto una carriera – senza cambiare di una virgola il copione da romanzo rosa della sua sfera privata – tanto da tornare in quota Inter quando quest’estate il rifiuto di Lukaku aveva obbligato Marotta a battere ogni pista. Pare che l’entourage di Mauro le abbia provate tutte per agevolare il suo ritorno, ma alla fine è uscita la carta Arnautovic. Che sinora non ha pagato.
Icardi si sarebbe potuto muovere per una decina di milioni, euro più euro meno la stessa cifra che verrà versata al Bologna per l’austriaco: quattro anni più vecchio, decisamente più fragile e meno prolifico in zona gol.
In questa stagione, Mauro è diventato il giocatore che ha impiegato meno partite per raggiungere trenta gol nel campionato turco, ma è soprattutto in Champions League che ha dimostrato di essere ancora un bomber di prima fascia. A dispetto dei capelli platinati, che in Italia avrebbero fatto parlare tanto quanto i suoi mille tatuaggi, contro il Manchester United all’Old Trafford ha costruito l’azione del gol del 2-2 e segnato il decisivo 3-2 con uno scavetto, nonostante la pressione psicologica di un rigore fallito tre minuti prima.
Che lo si ami o lo si odi. Che lo si derida, come quando contro l’Istanbulspor sbaglia uno sciocco rigore a due tirando fuori a due passi dalla porta vuota, o lo si esalti per un gol importante. Icardi è ancora uno dei migliori su piazza quando si tratta di trovare il varco giusto per segnare: la freddezza del killer non è un istinto che si può annacquare del tutto a causa delle beghe d’amore. A gennaio, probabilmente, il problema della punta di riserva dell’Inter potrebbe essere ancora lì ad aleggiare come uno spettro. E se Arnautovic e Sanchez non cambieranno passo, alcuni pensano che quel fantasma potrebbe essere argentino. Le polemiche social sono già partite.
Perché i gol non si comprano a buon mercato. O forse sì?