I tifosi rossoblù hanno dato una lezione di tifo e d'amore.
Barasso, Basso, Chini, Ghomsi, Scantamburlo (Rinaldi), Feussi, Boisfer, Catalano, Colurcio (Criscito), Volpe, Cardini (Siligato). All. Torrente. Con questa formazione il Genoa affrontò il Cosenza nella gara di chiusura della stagione 2002/03, anno dell’ultima retrocessione prima di quella avvenuta nella stagione appena conclusa. Diciannove anni or sono il Ferraris salutò l’undici rossoblu, immaginandosi di tornare a settembre a calcare i campi di serie C. Poi il “caso Catania” e tutti salvi. Si parlò di giornata dell’orgoglio rossoblu, per la dignità con cui la tifoseria genoana affrontò l’onta di retrocedere in serie C per la seconda volta nella sua lunga storia, per come la Gradinata Nord cantò senza sosta in quella surreale partita tra due squadre retrocesse.
La mente non può che tornare a quelle settimane, distanti quasi vent’anni, quando si guardano i video dei tifosi liguri durante le partite degli ultimi mesi del campionato 2021/22. Un ritrovato entusiasmo che sembrava perduto durante il lungo regno Preziosi, iniziato proprio in quel 2003. Una nuova proprietà che nonostante errori grossolani (come Shevchenko allenatore che, a pensarci bene, se avessero aspettato ad esonerare magari avrebbe iniziato a vincere, come i suoi connazionali le gare musicali o le classifiche del Time…) ha spazzato via dalle menti zeneisi la certezza di una retrocessione tombale e conseguente decennio abbondante nella serie cadetta, dando una speranza (almeno quella, poi si vedrà) di pronta risalita.
Perché il genoano, negli ultimi sudici anni calcistici in cui la B era evitata sempre di un soffio, ripensava a qualche calciatore comparso nei campionati disputati nella seconda serie. E rispuntavano i Roy Lassiter ed i Paulo Pereira. I lunghi dodici anni di purgatorio prima della risalita erano quelli in cui le squadre italiane vincevano tutte le coppe europee, matricole come il Vicenza andavano a fare la voce grossa a Stamford Bridge e le provinciali potevano mettere in campo giocatori del calibro di Roberto Baggio (Bologna) o Bierhoff – Amoroso (Udinese). Mentre il Genoa schierava Marrocco e Rutzittu.
La Sampdoria aveva Seedorf e Veron, dall’altra sponda del bisagno Pelliccia e Bettella. Via della Povertà, per dirla alla De André (o Desolation Row per dirla alla Bob Dylan). La nuova proprietà, il fondo statunitense 777 Partners, sta facendo shopping di squadre di calcio europee e non, lasciando un’inquietudine di fondo sugli obiettivi a lungo termine. Ma al genoano ora non interessa fare troppo il sofista, altrimenti non avrebbe riempito il settore ospiti di Verona un lunedì alle 18:30 (2.280 presenze) con un piede in B e quello del Diego Armando Maradona (1.200) con un piede e tre quarti in B; riempito la Nord e settore a fianco nel drammatico ultimo derby; dato tutti i polmoni e qualche minuto di vita nel 2-1 casalingo contro la Juventus.
El Ouaer, Badra, Bouzaiene. I tunisini di Scoglio affioravano durante le coreografie della stracittadina o in trasferta a Venezia, ma chissenefrega, si canta e si sbandiera. Fantasmi di ogni sorta si aggiravano in Nord dopo il rigore parato da Audero al capitano Mimmo Criscito, che sicuramente si sarà ricordato del suo esordio in maglia rossoblu al minuto 39 del secondo tempo di QUEL Genoa – Cosenza. I conti tornano e la Nord torna a cantare. Gente di mare, sferzata dal libeccio e bagnata dalle onde salate, massacrata dalla costante perdita di posti di lavoro giù al porto e ferita a morte dalla caduta del Morandi.
Le tragedie vere fanno sembrare facezie quelle sportive ed allora tutti allo stadio a cantare, tutti in centro a fare il corteo per “festeggiare” la retrocessione cantando Bresh e la sua “Guasto d’amore” dopo l’ennesima coreografia nell’ultima apparizione in serie A per almeno (si auspica) un anno. «Gli stessi colori che cadon nel mare – quando il sole tramonta senza salutare» sono le ultime parole della canzone del rapper genovese e genoano, nonché le ultime parole scritte dalla tifoseria organizzata in Gradinata Nord in questa travagliata stagione. Contro il Bologna è stata un’altra giornata dell’orgoglio rossoblu.
Uno dei più antichi motti della Repubblica di Genova recita: “Griphus ut has angit, sic hostes Ianua frangit” (Come il grifone artiglia queste, così Genova distrugge i nemici). Gli artigli allora li hanno tirati fuori non i giocatori di Blessin ma i tifosi, che con il loro commovente calore hanno ridato lustro al calcio pay-tv tutto salotto e tette al silicone. In attesa di ritornare, ancora una volta, laddove meritano.