Malgrado un'estate che ha messo a dura prova la tenuta del nostro calcio, le battaglie simboliche e marginali continuano ad occupare il dibattito e le prime pagine dei giornali.
Ecco, ci risiamo! I tifosi della Lazio, o meglio gli Ultras della squadra biancoceleste, sono nuovamente al centro di un caso mediatico, già assurto alla ribalta nazionale. Questa volta sono bastate appena 12 righe, stampate su un volantino firmato “Irriducibili” e distribuito ai varchi della Curva Nord, prima dell’esordio casalingo contro il Napoli, per scatenare l’accusa di sessismo. Mentre la Figc ha aperto un’inchiesta e due ragazzi sono già stati denunciati per discriminazione di genere, noi invece vorremmo gettare un secchio d’acqua sulle fascine di legna che i “paladini della buoncostume” hanno disposto per il classico rogo in “Piazza Italia“.
Certamente il messaggio suona categorico ed il tono provocatorio, come si addice al tipico linguaggio dei gruppi organizzati, eppure sembra doveroso contestualizzare, ritenendo una grave esagerazione parlare di sessismo. Innanzitutto cerchiamo di puntualizzare riguardo la militanza femminile nell’universo Ultras: in un ambiente che vede una naturale predominanza maschile, ci sono tante ragazze che non hanno nulla da invidiare ai colleghi in quanto passione, attitudine ed intraprendenza, anzi! Pertanto, supponendo che anche le fila biancazzurre annoverino tali “amazzoni” del tifo, si potrebbe affermare che l’invettiva sia diretta in particolare nei confronti di quelle signore e signorine che considerano lo stadio Olimpico come sfondo ideale per selfie e servizi fotografici con cui rimpolpare i propri album “social”, oppure che scambiano i gradoni per una passerella su cui sfilare.
In secondo luogo, soffermiamoci sul luogo fisico soggetto al divieto ideologico, ovvero le prime file della Curva Nord, altare del tifo laziale. Anche in questo caso non appare deplorevole l’invito a sistemarsi più in alto nel settore, rivolto a coloro che non sono intenzionati ad animare il “dodicesimo uomo“, al di là del genere (se di generi ci è consentito ancora parlare). Infatti la tradizione vuole che subito dietro allo striscione, somma rappresentazione dell’identità di un gruppo, prenda posto chi avverte quella stoffa come un autentico prolungamento della propria pelle. All’epilogo di un’ estate così travagliata per il calcio nostrano e purtroppo ancora più tragica per l’intero Paese, si è già dedicato troppo tempo al dibattito capzioso riguardo una delle leggi del codice non scritto, che definisce le relazioni all’interno della tribù del pallone. Nel dettaglio non è un caso che nel “giro” delle tifoserie, il giudizio sulle diverse fazioni faccia riferimento proprio alle relative prime linee, schierate in difesa ideale dei propri settori.
Adesso è bene specificare che quanto scritto fino a qui non intende assolutamente minimizzare una piagasociale come il sessismo, tutt’altro vorrebbe rimarcarne l’importanza all’interno del dibattito pubblico. Infatti i relativi comportamenti discriminatori si prevengono e combattono nelle case e nelle scuole, negli uffici e nelle strade con l’educazione agli uomini ed interventi di tutela verso madri, colleghe, sorelle e fidanzate. Emancipazione, parità salariale, difesa e valorizzazione della maternità sono esempi che segnano un cammino, che non può essere confuso dalle futili polemiche di questi giorni.
Stendendo un velo pietoso sulla malafede degli accusatori, che farebbero meglio a dare un’occhiata ai propri siti e canali televisivi, concludiamo ricordando la celebre favola del greco Esopo, in cui il pastorello grida “al lupo! al lupo!” semplicemente per tirare un brutto scherzo ai suoi compaesani. Quindi prestiamo attenzione a creare facili allarmismi: potremmo non riconoscere il predatore quando si avvicinerà veramente, non lasciando speranze né a noi, né al gregge.