La stampa italiana e la sindrome da titolite.
In medio stat virtus, si diceva una volta. Neanche il tempo di iniziare la stagione e già sul nostro campionato piovono copiosi temporali di giudizi tanto stentorei quanto prematuri. Per gran parte della stampa, l’esordio di Allegri è denso di significati. La Juventus ha pareggiato per due errori clamorosi del suo portiere, ma non solo. I bianconeri hanno pagato gli errori di un allenatore illanguidito, che millanta con pervicacia un calcio che non esiste più. Gli occhi di Allegri sono vitrei, vuoti. I due anni di assenza dal campo di gioco, come ha suggerito Fabio Caressa, sembrano averlo svuotato:
“Per me Allegri forse non ha capito come stava andando la partita. Forse ha pagato il fatto di essere rimasto fermo due anni, ma non è più quel mondo. Non basta più quel tipo di difesa, la Juve doveva giocare la partita a petto in fuori”.
Per molti Allegri maramaldeggia in un mondo che non è più il suo. È un uomo ostinato e recalcitrante ai cambiamenti ormai in atto. Gianfranco Teotino, sulle colonne della Gazzetta, afferma come il calcio all’italiana sia morto e che la semplice difesa di un vantaggio non basti più. Altri ancora sospettano che la teoria del corto muso sia fatalmente destinata ad essere abbandonata.
Più dei giudizi tecnici, ciò che stupisce (eufemisticamente parlando) è la totale mancanza di equilibrio. Allegri, celebrato dalla stampa come atteso deus ex machina dopo due stagioni complicate per la Juventus, è già un allenatore arrugginito. È di un’altra epoca, è vecchio. È demotivato e non è neanche più così bravo a fare i cambi. È “un dinosauro da distruggere”: i suoi giorni migliori sono ormai materia da libri di storia.
La verità è che questa vicenda è un’esemplificativa cartina di tornasole di alcune tendenze della stampa sportiva italiana. L’esigenza, tanto impellente quanto aberrante, è quella di rendere l’estemporaneità legge. L’attimo, storia. A preoccupare è questa incessante ricerca di un giudizio definitivo, di un taglio netto che ricopra l’arco temporale di pochi giorni. In questo quadro desolante non fa eccezione nemmeno la prima giornata (ad Agosto) di campionato. L’analisi della partita è poco richiesta, quasi obsoleta. Ciò che conta davvero è il titolone, l’affermazione forte in grado di strappare likes. Poco importa se verrà poi confutata o rovesciata nel giro di poco. La coerenza e la medietas sono compagne di viaggio ormai superate.
Dal canto nostro, non possiamo che fare qualcosa di totalmente inattuale: sospendere il giudizio. Aspetteremo la prima vittoria di Allegri per uno a zero, uno scontro diretto vinto grazie alla sua difesa e, chissà, un cammino in Europa migliore. Nel frattempo, magari, proveremo a salire sulla luna a recuperare, come Astolfo, il senso di equilibrio degli uomini. Giornalisti sportivi in primis.