Il Coronavirus riempie le tasche degli eSports, tra scommesse e finanziamenti continui.
Dalla competizione come semplice intrattenimento, siamo finalmente arrivati alla competizione come unica forma d’intrattenimento. È il risultato dell’inarrestabile avvento degli eSports, un fenomeno completamente fuori controllo, smisurato per estensione e assenza di confini. Nell’era digitale, dove nessun settore sfugge alla subordinazione tecnologica, lo sport si è dunque unito di buon grado alla rivoluzione elettronica.
Il primo FIFA sul Mega Drive e la Master League di Castolo e Ximenez hanno accompagnato la nostra formazione calcistica, creando un vero e proprio background culturale. Dal fenomeno Babangida fino al più recente Ultimate Team, passando per l’Imperatore Adriano di PES 6, il panorama videoludico ha costituto un tassello importante nella crescita (educativa e giocosa) di molti di noi. L’alone santifico che contornava i videogames calcistici, ancora intrisi d’innocenza, è oggi svanito quasi del tutto.
Negli Stati Uniti, gli eSports vedono la luce nel 1972 mediante un torneo di Spacewar, per poi proseguire, affiancati dall’azienda Atari, in un percorso di sponsorizzazione che esplode nei vari college degli anni ’80. Quando i dollari iniziarono a fare da sostegno per i joypad, in Italia si avvia una proto-fase di sperimentazione grazie all’AIVA, l’Associazione Italiana Video Atletica finanziata dalla rivista TV Sorrisi e Canzoni.
Tale curiosa partnership dà il via all’evangelizzazione dei giovani italiani in materia di sport elettronici, con un apposito “Campionato Italiano di Video Atletica” tenutosi in Milano nell’85. Il ventaglio di numerosi e sconosciuti giochi arcade e l’indifferenza dei tempi lasciano in sordina la manifestazione, malgrado la presenza di Renzo Arbore nelle vesti di testimonial. In realtà, dietro l’apparente frigidità si cela un graduale processo di emancipazione portato avanti dalla Electronic Sports League, agli albori del Terzo Millennio. Cresce in questo periodo anche il mondo dei bookmakers, come rivelato da un recente studio di 1Bet
I rapporti Eurispes calcolano il valore internazionale degli E-Sports pari a 1.5 miliardi di dollari.
L’azienda tedesca ha inaugurato la profusione globale di campionati eSports, promuovendosi in Italia in collaborazione con la ProGaming S.r.l. nell’organizzazione dell’ESL Italia Championship. I 220.000€ come montepremi negli iniziali campionati calcistici online si sono vertiginosamente moltiplicati, toccando vette non troppo dissimili dai loro corrispondenti nella vita reale.
Eventi veri e propri che attirano ingenti quantità di telespettatori, in un rapporto di coercizione e passività fisica voluta anche nell’interesse economico e riconducibile a Twitch. Di cosa parliamo? Di un’immensa piattaforma dove trasmettere in live quotidianamente le gesta dei pro player, nonché inviare a questi ultimi “mance” di gioco. I rapporti Eurispes calcolano il valore internazionale degli E-Sports pari a 1.5 miliardi di dollari, la cui maggioranza frutta proprio nel campo delle sponsorizzazioni. Statistica ridotta nel Belpaese per mera proporzionalità, poiché i 14 milioni di euro in circolazione hanno attirato l’attenzione delle squadre professionistiche di ogni categoria.
Schalke 04 e Barcellona hanno varato da circa due stagioni le proprie rose eSports, guidando l’intero panorama calcistico europeo. Un’ondata di analogici e pixel che ha generato la e-SerieA, con al seguito Atalanta, Genoa, Sampdoria, Bologna, Cagliari, Fiorentina, Torino, Udinese e Lecce, realtà minoritarie che seguono i colossi Juve, Roma e Inter impegnate in accordi milionari con KONAMI e le compagini QLASH e Fnatic, sorta di agenzie di collocamento per i migliori pro player del globo.
L’assurda corsa che vede i nostri club annaspare per un posto in queste classifiche trova un’antitesi tetra nella mancanza, ad esempio, di centri sportivi adeguati o stadi rimodernati. L’acquisto di fuoriclasse della console cresce quanto più diminuisce la richiesta di sport vero e proprio. Il reclutamento sfrenato di nuove leve avviene tramite tornei di qualificazione.
L’assurda corsa che vede i nostri club annaspare per un posto in queste classifiche trova un’antitesi tetra nella mancanza di centri sportivi adeguati o stadi rimodernati.
Sembra non esserci consapevolezza, da parte delle dirigenze, delle priorità cui ambire soprattutto fra le serie inferiori, ecco quindi persino la BeSports e la scorsa SuperCup Serie C a cui hanno partecipato Virtus Entella, Pordenone e Juve Stabia. Sono a dir poco clamorose le benedizioni dei Presidenti di categoria, immedesimati in direttori d’impresa pronti alla futuristica rivoluzione.
Piqué, Bale e Griezmann sono direttamente coinvolti nella formazione di nuovi team da sostenere; evidentemente con tornaconto economico non irrilevante. Anche il nostro calcio ha i suoi finanziatori: De Rossi, Florenzi e Romagnoli, che hanno speso somme importanti per il team Mkers.
Il business tentacolare degli eSports preoccupa però per ben altri motivi. L’emergenza Coronavirus, per gli sport elettronici, rappresenta una grande opportunità di crescita economica. Sì, ma come? Gli innumerevoli scommettitori hanno trovato un degno surrogato in periodo di quarantena, con un raddoppiamento esponenziale delle scommesse sugli sport elettronici, siano essi calcio, tennis o motociclismo.
Bookmakers e infiltrazioni criminali costituiscono un connubio di nota conoscenza, operante in totale segretezza senza dover far fronte a orari, luoghi e persone fisiche. La rete protegge e semplifica le puntate su match virtuali, privi di controllo e prevalentemente possibili da condizionare. Ciò delinea le posizioni contrastanti in merito all’inclusione olimpica degli eSports, idea paradossale e attuabile solo per chi ne accarezza i papabili guadagni. L’ostracismo nell’istituzione di enti di vigilanza, peraltro vigenti in ogni disciplina agonistica, favorisce l’insediamento di un’attività finanziaria potentissima.
Qualcosa del genere riguarda l’Osservatorio Italiano eSports, organizzazione che analizza il mercato degli sport elettronici, fornendo informazioni trasparenti alle community interessate. Il progetto di estrapolare dati sensibili, mettendoli a disposizione di chi si avvicina a questo mondo, potrebbe costituire il preludio di scoperte inquietanti. In tutto ciò, però, le prime dichiarazioni di Luigi Caputo, cofondatore dell’Oies, sembrano piuttosto riguardare il (mero) lato economico della questione:
“A nostro parere in questo momento era importante lanciare il progetto, dare uno strumento subito e colmare questo vuoto di mercato”.
Resta dunque preponderante l’attenzione all’aspetto economico piuttosto che ai pericoli di cui sopra. Il mondo elettronico cresce, mentre lo sport – specie quello non-professionistico – muore lentamente. Ma è proprio ora, in piena emergenza Coronavirus, che s’impone una salvaguardia dello sport autentico rispetto all’alienazione da eSports. Un’esigenza, la nostra, che non si riduce all’ovvietà dello sport (inteso nel senso originario del termine) come salute del corpo e della mente, ma ad una messa in luce di un problema più profondo.
In questo servizio della ABC News, il fenomeno del gaming disorder sul quale l’OMS è recentemente intervenuta
Tra le varie e sconvolgenti giravolte in cui si è esibita l’OMS in questi ultimi mesi, un’acrobazia ha riguardato anche il campo degli sport elettronici. Pochi mesi fa l’organizzazione aveva inserito il “gaming desorder” tra le nuove forme patologiche di dipendenza, mentre ad inizio aprile lo stesso organo, insieme ai principali produttori si videogiochi, ha lanciato la campagna #PlayApartTogether per favorire il distanziamento sociale. Insomma, non possiamo ignorare che il gioco online possa davvero far sentire vicini gli amici e consentire ai genitori di concentrarsi sul lavoro agile, ma l’impressione è che qui gatta ci covi (quattrini).
Inoltre, mentre siamo convinti che non ci sia nulla di più noioso che guardare altri giocare, ripensando agli sbadigli durante i tornei con gli amici nella nostra adolescenza, dobbiamo soffermarci su un altro preoccupante aspetto. Dai recenti dati Istat emerge che l’Italia sia il paese più sedentario d’Europa, un triste primato che si ripercuote sulle generazioni più giovani. Infatti, per i bambini italiani l’obesità infantile e l’analfabetismo motorio fanno ben più paura del classico uomo nero nell’armadio. Gli eSports non sono sicuramente una causa diretta di questa allarmante realtà, ma è chiaro che se un domani i bambini preferiranno il joystick alla palla, alla racchetta oppure alla bicicletta, la loro salute ne pagherà le conseguenze, così come il Sistema Sanitario Nazionale. I genitori, spesso compiacenti per comodità o pigrizia, sono avvisati.