Il Gran Premio di SPA 2021 ha sancito il punto più basso nella storia della Formula 1.
Domenica è stato raggiunto il punto più basso nella storia della Formula 1. Il Gran Premio di SPA ha regalato a tutto il pubblico e pure agli addetti ai lavori, uno spettacolo turpe, indegno, sfregiante di quel meraviglioso mondo che è il motorsport. L’unica speranza, l’ultima, è che questo sia il limite, il punto di non ritorno, anche se al peggio ci stiamo abituando, con una adattabilità da fare invidia al darwinismo più spinto.
Stiamo parlando di un campionato, quello 2021, in cui uno spiraglio di agonismo e lotta sportiva tra Mercedes e Red Bull, tra Max Verstappen e Lewis Hamilton, ha riacceso il lume dello sport. E gli oltre 100.000 spettatori che ieri si sono presentati sulle colline delle Ardenne, sotto il diluvio, che dopo 3 ore non avevano ancora mollato, lo dimostrano. Ma sono stati presi in giro, loro come quelli da casa, nel peggiore dei modi.
Non c’erano le condizioni per correre il Gran Premio, come praticamente non c’erano state le condizioni per disputare le qualifiche del Sabato (vedere l’incidente di Norris all’Eau Rouge o l’acquaplanning di Russell sul Kemmel per credere). Questo non perchè lo sport dei motori non sia praticabile con la pioggia, ma evidentemente perchè lo è diventato: le monoposto di Formula 1 del 2020, come dice in modo sacrosanto Emiliano Perrucca Orfei nel suo editoriale, non sono più automobili: sono mezzi meccanici studiati per essere una mezza via (insignificante) tra sviluppo della tecnica e operazioni commerciali di eco-propaganda.
Non da ieri, infatti, segnaliamo il fatto che nella F1 contemporanea spesso i piloti sono passeggeri e difficilmente riescono a fare la differenza, non serve essere dei nostalgici per vedere che queste sono monoposto tutte aerodinamica, peso in eccesso e motori ibridati, immobili e pericolose sotto la pioggia, dove peraltro il genio del pilota affiora con più forza, ma perfette per campionati di laboratorio, dove gli studi degli ingegneri assieme a quelli dei responsabili commerciali funzionano benissimo.
I campionati della teoria, i campionati dei regolamenti, delle ricerche di mercato, dei social network e della monetizzazione del tifoso. Lì sì queste auto sono formidabili, le migliori possibili, per il pubblico e per i team. Peccato che quando si esce dalla teoria, dagli studi, dai calcoli, viene a galla la realtà, fotografata ieri: una gara disputata con 3 ore di ritardo, nella distanza di due giri dietro la Safety Car e, come nel miglior teatro del grottesco, considerata valida ai fini della classifica con tanto di assegnazione di punti.
Questa è la lucidità del folle, è la capacità di questa Formula 1 moderna (preoccupa il silenzio di Jean Todt, presidente FIA, sulla questione) di prendere decisioni totalmente irrazionali nonché contrarie a qualsiasi spirito sportivo per non ammettere che il palco stia crollando. E il futuro, vedi regolamento 2022, non pare offrire più rosee aspettative, soprattutto per le gare sul bagnato.
Non siamo qui a fare i fenomeni con il motto “motorsport is dangerous” a tutti i costi, ma ovviamente il paradigma non può e non potrà mai trasformarsi in quello visto Domenica, cioè “motorsport is under Safety Car”.
E i piloti? Tra confusione e incredulità, sono saliti sul podio (!). George Russell, secondo in qualifica e conseguentemente secondo in “gara”, una vera e propria impresa in mezzo al pantano tecnico-regolamentare-meteorologico di Spa, ha giustamente liberato la gioia per un podio con la Williams in mezzo ai due contendenti per il titolo. Anche lì, una gioia fake per dei punti conquistati senza aver corso.
A questo proposito, sarebbe stato bello vedere qualche gesto dissidente da parte dei piloti, sarebbe stato bello per esempio vedere l’inesistente associazione dei piloti prendere posizione per l’annullamento dei punti. Nulla, purtroppo, nessuno che abbia esclamato a muso duro “toglieteci questi punti farsa”. Anche questo non è un bel segnale, una timidezza che stride con l’essenza dei piloti che sono, e lo sono ancora oggi, degli eroi che sfidano la morte, ma che sempre più sembrano mortificati, imbambolati e silenziati nelle loro decisioni (a parte quelle arcobaleno) sull’altare delle regulation e del business. Una gabbia che non può che produrre dei compromessi così pietosi e senza dignità, solo per salvare diritti televisivi e pubblicità e non alterare lo status-quo.
Il GP di Spa-Francorchamps 2021 sarebbe potuta essere una gara epica, una delle poche che ci offre il calendario, invece passerà alla storia come il punto più basso della storia del motorsport. E fa male al cuore vedere che fino a una decina di anni fa sotto temporali e tempeste in F1 avvenivano duelli entusiasmanti come quello tra Felipe Massa e Robert Kubica al Fuji nel 2007. Oppure, per capire che il motorsport è tanto altro, basta guardare al campionato Gran Turismo e alla 24 ore di Spa di quest’anno, dove sotto l’acqua battente Alessandro Pier Guidi su Ferrari è stato protagonista di un sorpasso all’esterno di Blanchimont da pelle d’oca.
C’è vita oltre a questa Formula 1, altrimenti tanto vale mettersi tutti d’accordo e passare direttamente alla realtà virtuale. Si risparmiano rischi di vite umane e rischi di milioni di dollari. E lì ci si può scegliere pure il meteo per la gara.
Sic transit gloria motorsport.