Calcio
30 Luglio 2021

La regina d'Inghilterra era Geoff Hurst

55 anni fa, l'unica tripletta in una finale mondiale.

Esiste un comune denominatore fra l’esito di Euro 2020 e i Mondiali inglesi di 55 anni fa: chi segna per primo, poi perde. Per il resto, poche analogie. Mese di luglio in entrambe le situazioni, lo stadio è sempre quello di Wembley. Nel 1966 come nel 2021 la Nazionale dei Tre Leoni sembra spinta anche dalla bonarietà di qualche arbitro. Se nel 2021 Raheem Sterling alimenta le polemiche per via di una certa tendenza a cadere in area di rigore avversaria, nell’anno dei Mondiali “made in England” l’uomo al centro dei mugugni generali ha un cognome che tradotto in italiano significa più o meno “collina”. Hurst, per l’appunto.

Nel 1966 Geoffrey Charles Hurst, attaccante del West Ham, deve compiere 25 anni e vuole dimostrare quanto valgono i suoi gol. Più forza fisica che tecnica individuale, è un giocatore che non si risparmia mai. Il tecnico Alf Ramsey lo apprezza e sa di poterci contare, ma anche un commissario tecnico libero da schemi preconcetti deve comunque stabilire gerarchie interne. E Geoff Hurst non è la prima scelta, c’è poco da fare.

Il ragazzo deve dunque lavorare sodo e farsi trovare pronto in ogni momento, se vuole sperare di giocare. Con la santa pazienza e una dose di buona sorte il momento arriva. Jimmy Greaves, uno che il gol ce l’ha nel sangue (6 volte capocannoniere della First Division), si fa male e Ramsey deve schierare la riserva. D’improvviso il tandem d’attacco è costituito da Hunt (bomber del Liverpool campione d’Inghilterra 1965/66) e, per l’appunto, Hurst. Se tutto andrà bene, Greaves rientrerà per la finale. Ramsey non ne fa mistero: un po’ perché l’Inghilterra gioca in casa, un po’ perché è comunque una buona squadra, il tecnico è convinto di poter vincere il titolo. E lo dichiara pubblicamente. Un concetto che nel 2021 il CT Gareth Southgate si sarebbe limitato a pensare.



La mossa di puntare su Geoff Hurst si rivelerà giusta. Un po’ obbligata, certo, ma giusta. L’esordio del numero 10 inglese avviene all’inizio della fase a eliminazione diretta. La squadra ha superato il girone, che la vedeva contrapposta a Francia, Uruguay e Messico, ma grazie a un gioco più redditizio che al bello stile. La clava più del fioretto. Il punto di forza dell’Inghilterra è la difesa (zero reti subite fino a quel momento), una linea mediana che non dà respiro agli avversari, due portieri come Gordon Banks e Peter Bonetti, ma a volte la squadra è poco produttiva in avanti.



La presenza di Hurst in tandem con Hunt induce Ramsey ad apportare rilevanti ritocchi tattici. Il classico modulo 4-2-4, con gli esterni di centrocampo pronti a rientrare (se necessario) ma altrettanto pronti a supportare le punte centrali, diventa un 4-4-2 organico. Con due attaccanti molto validi sul gioco aereo, è meglio che le ali (le chiamavano così nel 1966) facciano le ali. Più copertura a centrocampo, un giocatore, Nobby Stiles, a protezione della difesa (a quattro) ma anche a sostegno dei tre centrocampisti d’impostazione e, per l’appunto, due attaccanti da innescare per vie centrali o con cross dalle fasce.

Nasce nell’occasione il 4-4-2 come lo avremmo conosciuto in larga parte nel corso dei decenni. Nei quarti di finale l’avversaria è l’Argentina, squadra capace di unire corsa e creatività in termini direttamente proporzionali. La partita si risolve a 11 minuti dalla fine grazie a un gol in leggero fuorigioco. La disattenzione della difesa sudamericana è grave ma lo stacco a incrociare di Hurst è praticamente perfetto e non lascia scampo. Forse il titolare Greaves non sarà felicissimo dentro di sé ma il tecnico deve fare considerazioni di ordine pratico in chiave futura. Le gerarchie cambiano.

Anche la Germania Ovest sta procedendo. Dopo aver superato l’Uruguay grazie a un arbitraggio considerato favorevole, in semifinale la Mannshaft incontra l’Unione Sovietica. L’arbitro è l’italiano Lo Bello. Vincono per 2-1 i tedeschi, agevolati dall’infortunio dell’esterno Sabo e dall’espulsione, forse un po’ troppo severa, del giocatore più pericoloso, Čislenko. Nel frattempo la critica inglese esalta senza mezzi termini la prodezza di Hurst contro l’Argentina ma quasi tutti si dicono convinti che Greaves riavrà il posto di titolare. Sta però di fatto che Hurst è ancora in campo contro il Portogallo e la Nazionale inglese vince per 2-1, anche se nell’occasione non segna.

Per tradizione i padroni di casa non amano il calcio di domenica. Il 30 luglio è infatti sabato e alle 3 di pomeriggio sul meridiano di Greenwich, Inghilterra e Germania Ovest si giocano tutto. Poco alla volta le squadre sudamericane sono uscite di scena e, come per “magia”, la finale di Wembley è tutta anglosassone.

beckenbauer

Alf Ramsey l’aveva detto, ma manca l’ultimo passo. Nella rosa tedesca emerge su tutti un fuoriclasse giovanissimo: si chiama Franz Beckenbauer, non ha ancora 21 anni ma della squadra è il leader, l’anima e quasi il padre severo e determinato.

Intorno alla sua autorevolezza si sta costruendo un centrocampo di livello assoluto. La stampa internazionale lo ha ribattezzato “Kaiser Franz” e una cosa è certa: limitare il suo raggio d’azione significa ridurre il potenziale complessivo di una squadra già più che competitiva.

Ramsey deve prendere una decisione. All’opinione pubblica inglese il tecnico non è granché simpatico, un errore sulla scelta della formazione non verrebbe perdonato. Greaves o Hurst? Hurst è affidabile e sa farsi sempre trovare pronto. La punta di ruolo Hunt sembra gradire la sua presenza. Vive peraltro un momento in cui sembra riuscirgli più o meno tutto. Ragionando con la macchina del tempo, la sua esplosione “in corso d’opera” sembra un po’ quella di Paolo Rossi nel 1982. Per altri versi Geoff Hurst è un outsider come lo sarà Totò Schillaci nel ’90. Ramsey ha deciso: sorry, Jimmy Greaves. Ma la partita inizia male, perché dopo 12 minuti i tedeschi sono in vantaggio grazie a un’incertezza della difesa inglese.

È il primo gol su azione subìto dall’inizio del Mondiale ma è una rete che può condizionare l’esito del Mondiale. Esattamente come il gol di Shaw all’Italia nel 2021. Lo stravolgimento del modulo tattico voluto da Ramsey non serve soltanto a contenere il gioco avversario. La seconda opzione è quella di favorire le soluzioni aeree. Al minuto 17, uno stacco di testa su cross di Bobby Moore riporta la situazione in parità. Segna Hurst e i sudditi di Sua Maestà riprendono fiducia. Ramsey si convince di averci visto giusto.

Se perderà il Mondiale verrà crocifisso ma di certo non a causa della riserva di Greaves. Quando a 11 minuti dal termine un altro giocatore del West Ham, Peters, segna in mischia, a tutti gli inglesi sembra che il football stia tornando alla casa madre. Anche perché il tempo scorre e la squadra sembra ammortizzare bene le sfuriate di Beckenbauer e compagni. Ma al minuto 89, dalla trequarti sinistra un diagonale che sembra una via di mezzo fra un tiro sbagliato e un cross al centro si trasforma in un assist sotto porta. Il primo ad arrivare sul pallone in scivolata è Weber e il suo gol costringe il mondo a rimanere incollato alla tv per un’altra mezzora. Per la seconda volta nella storia (e non sarà l’ultima) un Mondiale di calcio si deciderà oltre i 90 regolamentari.

Un episodio o una leggerezza difensiva possono essere letali. Chi attacca lo fa sempre ben attento a non scoprirsi. Jimmy Greaves vorrebbe tanto essere in campo ma chi lo sta sostituendo non è d’accordo. Minuto 11 del primo tempo supplementare, cross dalla destra del difensore Cohen, la raccoglie a centro area Hurst.

Il controllo di palla non è dei migliori, per concludere in porta servirebbe andare in controtempo di destro. Ne viene fuori una mezza girata la cui traiettoria si stampa sulla traversa, batte sulla linea di porta e rientra in campo. È gol? L’arbitro, lo svizzero Dienst, si consulta in non si sa quale lingua con il guardalinee sovietico Bakhramov. L’unica parola intellegibile fra i due è “gol”. Yes, goal. Forse la rete più controversa e chiacchierata di sempre.

Dopo 101 minuti gli oltre 90mila di Wembley tornano a urlare di gioia. Gioia che sale di decibel proprio al termine del secondo supplementare. Il centrale Bobby Moore, che non sarebbe il fuoriclasse che è se non fosse decisivo nei momenti decisivi, lancia lungo per il compagno di club Hurst, il cui compito è quello di far passare secondi preziosi. Ma l’istinto non ragiona quasi mai e quando l’istinto è quello del gol, l’obiettivo è solo uno. Contro ogni forma di buon senso tattico l’attaccante decide di puntare l’area, con la velocità e la freschezza di chi sembra in campo da pochi minuti. Sinistro potente e palla a mezz’altezza alla destra del portiere Tilkowski.

Dalla Cornovaglia all’estremo Nord è un urlo di gioia moltiplicato per milioni di voci. L’Inghilterra è campione 1966. Football is back, adesso sì. Quell’estate è soprattutto l’estate di Geoffrey Hurst, l’unico autore di una tripletta durante la finale di un Mondiale di calcio. 

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Diego Mariottini

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