Papelitos
09 Dicembre 2024

Lazio e Fiorentina: l'umanità è la miglior tattica

Due squadre che stanno sorprendendo, due gruppi solidi di uomini prima che calciatori.

Prima che i teologi del belgiochismo, fuorviati da un titolo forte, ci accusino di ridurre la preparazione di Baroni e Palladino a pane e salame, specifichiamo un dato di fatto indubitabile: Lazio e Fiorentina, le due grandi sorprese del campionato che dopo 15 giornate possono legittimamente insidiare le primissime posizioni della classe, sono due squadre forti e ben allenate. Sono forti non tanto nei singoli – anche se, certo, gli innesti di Tavares, Dia, De Gea e Kean, per non citare che i più rilevanti, non sono cosa da poco – quanto nel gioco.

Quindici partite sono uno spettro sufficientemente ampio per trarre un primo verdetto: queste due squadre lotteranno fino alla fine della stagione per traguardi importanti.

A dire il vero lo stanno già facendo. La Fiorentina, con la vittoria contro il Cagliari, si è portata a -3 dall’Atalanta prima – squadra che avevamo pronosticato in credibilissima lotta per il titolo tempo fa – con una partita da recuperare, quella che tutti conosciamo. Dopo quella partita, è uscita più forte che mai la solidità di un gruppo che, proprio come in casa Lazio, non si basa unicamente sullo spirito di fratellanza reciproco, certo, ma senz’altro trae da questo valore quella forza vitale che permette di rialzare il busto dopo una sconfitta – giovedì in Coppa contro l’Empoli, nel caso della Viola – o un momento delicatissimo, quando la vita sospesa di un compagno di squadra potrebbe sospendere (lecitamente) le ambizioni meramente calcistiche di un collettivo di (non va mai dimenticato) semplici ragazzi. E invece: gol di Cataldi, laziale, con dedica a Bove, romanista, al quale evidentemente – ne sono prova gli screen shot di WhatsApp dei due – Cataldi aveva promesso la perla.



Poche ore dopo, allo stadio Diego Armando Maradona di Napoli, sotto una pioggia sferzante, la Lazio di Baroni avrebbe diretto il secondo atto del duello contro il Napoli di Conte, a distanza di appena tre giorni dal successo in Coppa Italia (3-1), una sfida che molti giornali, incautamente, avevano dipinto come illusoria – senza accorgersi che anche la Lazio aveva cambiato parecchi giocatori.

Questo dato non è irrilevante, né casuale, per comprendere lo svolgimento e l’esito della partita di ieri sera. Baroni è un allenatore vecchio stampo, sempre pronto a dare una parola di conforto a chi entra e a chi esce, abile nel coinvolgere tutti – davvero tutti, persino Hysaj, fuori rosa e autore di una prova incredibile contro il Napoli giovedì – e tanto preparato a livello tattico da spostare l’attenzione su altri aspetti. Eppure, la sua Lazio è in testa alle classifiche: a -3 dall’Atalanta in Serie A, prima in Europa League, ai quarti di Coppa Italia. Come è possibile?

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Senza dubbio la sua Lazio è stata costruita molto bene in estate, Lotito e Fabiani hanno fatto un gran lavoro soprattutto considerato i malumori di una piazza delusa dall’ennesimo saliscendi. La Lazio gioca bene, a tratti benissimo, segna tanto e subisce poco. Ma se può farlo è perché la squadra è ricca di valori umani, e il gesto di portarsi nello spogliatoio la pezza della Curva per Flavio e Francesco, i due gemelli affetti dal morbo di Batten scomparsi uno dopo l’altro nell’arco di 36 giorni, ne è testimonianza.

Quella stessa pezza è stata poi portata in campo su volontà del capitano Zaccagni al fischio finale per suggellare la dedica. Sono piccoli gesti, che però vogliono dire molto. Soprattutto in un calcio che va a ritmi sovrumani, frenetico e impazzito, maleducato e rumoroso, l’umanità può davvero fare la differenza. Il campionato è lungo, Lazio e Fiorentina non sono forti come Inter, Juventus, Napoli e Milan. Ma hanno qualcosa che le sopracitate, per diverse ragioni, non ricordano più: la forza di un gruppo solido, perché umile e umano.

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