Da Guehi a Mazraoui: pensa come vuoi, ma pensa come noi.
In Occidente la parola fobìa viene urlata tutte le volte che bisogna imporre l’idearcobaleno, che non ha alcuna intenzione di essere messa in discussione da nessuno; trasformare l’altro pensiero in malattia, annientando così la divergenza, è la strategia dei regimi. Adesso va di moda una parolina tanto caruccia e piena di zuccherose intenzioni: Inclusività! Tutti dentro! Rispetto! Libertà! Uguali! Se la chiamassi – secondo i liberal principi della fluidemocrazia grammaticale – amucchiatività, sarei accusato di essere inclusivifobico? Ma veniamo al fatto.
Il Manchester United ha deciso di non indossare la giacca Adidas a sostegno della comunità Lgbtq+ perché il marocchino Noussair Mazraoui, da musulmano, si è rifiutato di aderire all’iniziativa prima del match contro l’Everton; nello stesso turno di campionato il difensore del Crystal Palace Marc Guehi sulla fascia da capitano arcobaleno ha scritto: “Gesù vi ama”. Apriti cielo! No, non si è affacciato Dio per sapere cosa stesse succedendo all’umano genere, è la Federcalcio inglese che minaccia di squalificarlo perché non sono ammessi slogan politici o religiosi.
Giusto, anzi giustissimo, si ammettono solo quelli degli sponsor che pagano stramilioni, unica eccezione il rainbow che pare non sia politico ma umano, laico e indefettibile.
Mazraoui ha comunicato ai compagni di squadra che non avrebbe indossato la giacca per la sua fede islamica, la squadra ha deciso quindi che nessun giocatore lo avrebbe fatto. Forse perché “abitate in Islam?”, verrebbe da chiedere come il grande Checco Zalone. Un calciatore musulmano rifiuta di prestarsi all’iniziativa e al massimo si scuote la testa, come era stato per il caso di Morsy, capitano dell’Ipswich Town, che aveva rifiutato di indossare la fascia arcobalno; un cristiano scrive di Gesù (tra l’altro onorato e venerato dai musulmani) e pugno contro il grugno dell’insensibile.
Come sostiene lo scrittore (omosessuale) Douglas Murray, l’Occidente ormai si flagella da solo, si sente in colpa per tutto, più offre più vive la colpa, più si fustiga meglio si sente; l’Europa, poi, al contrario di decine di Paesi, prosegue nella sua marcia dei diritti umani (moderna Bibbia con tanti, troppi Mosè) annientando il resto come fosse cascame. Nulla vale più nulla. Troppa psicanalisi, fatta di mea culpa mea culpa mea maxima culpa, quanto ho sbagliato! La mortificazione libera. La mortificazione sana.
Stiamo vivendo in un mondo che si compiace di morire nella compassione e per questo motivo va costruendo l’industria dell’Omocausto, per parafrasare un celebre e contestato saggio di Norman G. Finkelstein (ebreo) sullo sfruttamento della morte e della sofferenza degli ebrei durante la seconda guerra mondiale a uso e consumo di Israele.
L’omocausto è la santificazione Lgbtq+, è l’esaltazione del martirio gay, non c’è proposta queer che non debba essere accolta, qualunque sia, dall’utero in affitto agli asterischi, dai trans negli sport ai pronomi indefiniti; se questo non avviene ecco la colpevolizzazione di qualsiasi antitesi, di qualsiasi obiezione – si diventa subito retrogradi, reazionari, omofobi, per arrivare infine a uno dei più usati riassuntini Lgbtq+: fascista!, che equivale al “Ho detto tutto” di Peppino De Filippo quando, in mancanza di argomenti, non sa cosa dire a Totò.
L’omocausto ne approfitta così per arraffare tutto quello che può in nome di ciò che le persone omosessuali hanno subito per secoli, non escludendo vivi, morti e prossimi a nascere dalla colpa. L’omocausto prova rancore verso l’Occidente (lo stesso che grida a favore dei diritti gay), e l’ideologia Lgbtq+ – che è cosa ben diversa dai suoi membri, persone prima che rappresentanti di una categoria – ha fondato il suo credo sul rancore, sul desiderio di vendetta mascherato da Libertà & Rispetto; qualcuno deve finalmente pagare per quello che addietro è successo. Tra poco ci dovremo scusare pure per le streghe bruciate e i vampiri impalati.
Il rancore rainbow impone il risarcimento sociale, pretende tutto e subito, ha bisogno di vittime per edificare la sua legge morale e costruire la sua societa ideale.
Il rancore però rende ingordi, vuole ogni cosa e grazie al neoliberalismo economico (che istiga al costoso mercatino dei corpi trans-modificati dalla chirurgia e coccolati dall’estetica) è cresciuto a dismisura. I calciatori sono quasi sempre conformisti, facili da manipolare, in molti casi ignoranti nel senso etimologico del termine; sono poche le eccezioni di menti politiche e indipendenti – inutile fare l’elenco di una ventina di atleti impegnati, manco fossero Martin Luthr King. Forse per questo anche si è pensato di utilizzarli.
Dopo gli ultimi casi però, e le reazioni di cui sopra all’imposizione arcobaleno, Rivista Undici si è chiesta: “Che fine ha fatto la coscienza sociale dei calciatori?”. Sottotitolo: «Gli ultimi casi (…) dimostrano che i giocatori stanno facendo un passo indietro rispetto agli ultimi anni». Insomma, la coscienza sociale ce l’hai solo se ti comporti in un (pre)determinato modo, se invece ti schieri contro l’armamentario ideologico del nuovo mondo quella coscienza non ce l’hai: o sei ignorante o sei codardo. Tertium non datur. È la solita vecchia storia: pensala come vuoi, basta che la pensi come noi.
Ecco perché queste ultime scelte, in controtendenza rispetto alla nuova religione inclusiva, non in linea con la dogmagia di questi tempi, non meritano rispetto o cittadinanza – al massimo imbarazzo, se c’è di mezzo la religione islamica, in un nuovo cortocircuito che diventa puntualmente un’opera di cerchiobottismo e di formule timide, mozzicate. Fatto sta che la morale è chiara: ci hanno detto come dobbiamo pensarla per essere civili e mantenere una coscienza. Tutto è vano errore, arretratezza e ignoranza, ben che vada vigliaccheria, se non segue l’Arcobaleno. Anzi, ad essere più precisi ancora è fobìa: un “disturbo psichico”, per citare la definizione Treccani.