La geografia gioca brutti scherzi a noi Europei. Nella cartina siamo posti in alto, come gli oggetti preziosi nelle bacheche, così facilmente cadiamo nella protervia. Al nostro sentimento di superiorità, però, raramente corrisponde una percezione di subalternità da parte di altri popoli.
Sicuramente non ne sono affetti i Sudamericani, e meno che mai gli Uruguaiani quando si parla di calcio, o meglio fútbol. Vivere una notte di Copa Libertadores spinge ad interrogarsi sull’effettivo valore del pallone europeo e sudamericano, non tanto in termini economici, piuttosto epici e sentimentali. Lo straniero che ha la fortuna di addentrarsi in certi ambienti, infatti, dovrà essere pronto a mettere in discussione le tradizionali coordinate.
Ci sono un italiano, due brasiliani, un danese ed un americano: questo ipotetico principio di barzelletta descrive la scena, all’interno di una delle cabine riservate alla stampa estera, nella tribuna del Gran Parque Central. Una notte in cui il Club Nacional de Football ospita il San Paolo, per l’andata degli ottavi di finale. Le rispettive bacheche sfoggiano tre trofei per parte e decine di titoli nazionali; al lettore la scelta del paragone con la sfida europea che più lo suggestiona.
All’avvicinarsi del calcio d’inizio, l’italiano ha la decenza di chiedere asilo alla cabina adiacente, dedicata a dirigenti, giornalisti e parenti dei giocatori di casa: si è fatto trascinare dall’atmosfera e fingere neutralità non è cosa per lui. Il sorriso di Adolfo Bidegain, giovane capo della comunicazione, è un assenso alla sua richiesta.
Coriandolata dalla tribuna, lo stemma del club e due maglie dispiegate sulla tribuna opposta, mentre dalla grada de’ La Banda del Parque Central tuona: Ahí viene la banda – más loca que hay – Ahí viene la Banda del Parque Central! Vamos Vamos Tricolores – que tenemos que ganar!. Chiunque sarebbe sfidato a mantenersi equanime.
La storia del Nacional Club de Football è pluricentenaria ed affonda le radici alla fine del ‘800. Il 14 maggio 1899, ventidue ragazzi tra i 13 ed i 20 anni battezzano il primo club “criollo” del Nuovo Mondo, nonché decano uruguayano. Due primati che sono ricordati con inscalfibile orgoglio da un ambiente i cui simboli sono legati a doppio filo alla storia della nazione.
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