Non solo l'ammutinamento dei calciatori ma anche lo sciopero della curva: la situazione a Napoli sta esplodendo.
“Remember, remember, the 5th of november.” Su queste parole si conclude il film cult V per Vendetta e la data, nell’immaginario collettivo, è ormai associata al giorno della rivoluzione. A Napoli in effetti non sarà dimenticata poiché l’insurrezione c’è stata eccome, e anche mascherata: nascosta tra fughe di notizie e supposizioni varie, la notizia della spaccatura tra rosa, società e forse allenatore ha destato ancor più scalpore data la sua confusione. Eppure, intorno allo stadio San Paolo, è iniziato a soffiare un vento complicato sin dal prepartita contro il Salisburgo quando la Curva B ha annunciato, ufficialmente per le ultime diffide, l’allontanamento dal settore a data da destinarsi.
Curiosamente, in seguito alla sfida, anche gli altri gruppi organizzati della falange partenopea sembrano aver sposato la stessa posizione, comune per altro a una grande fetta del tifo napoletano. L’ammutinamento da parte dei calciatori che hanno lasciato il ritiro, unito ai risultati negativi, ha fatto scaturire infatti l’ira dei tifosi, unanimi nello schierarsi contro il gran colpo di testa dello spogliatoio (e il tutto è ancor più pesante se si considera la storica contestazione a De Laurentiis, stavolta non il bersaglio principale delle critiche).
Il pubblico, in definitiva, si è visto tradito anche dai suoi ultimi baluardi. Come Lorenzo Insigne, capitano spesso non riconosciuto e invece Masaniello nel diverbio con Edoardo De Laurentiis. “Dillo anche a tuo padre”, per poi passare ai fatti e tornare dalle famiglie. L’epilogo di una serata strana e dubbiosa, iniziata con l’inaspettata scelta dei Fedayn, dal 1979 sui gradoni aldilà di categorie o sanzioni ben più gravose: ecco perché il distacco degli ultras potrebbe anche suggerire qualche frizione anticipata.
La sconfitta è collettiva in un momento delicato della stagione, in cui peraltro le componenti di tifo, squadra e società, non coniugabili in triplice interezza da tempi immemori, rischiano di isolarsi come entità univoche. Difficile che gli spalti rispecchino il campo, ma a quanto pare stavolta entrambi sono stati scaraventati nell’inferno napoletano: il triste e monotono limbo della normalità.
Quella condizione di impotenza e rassegnazione che uccide lentamente una città capace di ribollire per poco, condannata invece a ciò che Pino Daniele cantava come “pecundria”: uno stato d’animo che colpisce nelle sporadiche giornate di pioggia attorno al Vesuvio, quando Napoli sembra non sorridere e la sua gente nemmeno cosa pensare.
“La Società comunica che, con riferimento ai comportamenti posti in essere dai calciatori della propria prima squadra nella serata di ieri, martedì 5 novembre 2019,procederà a tutelare i propri diritti economici, patrimoniali, di immagine e disciplinari in ogni competente sede. Si precisa inoltre di aver affidato la responsabilità decisionale in ordine alla effettuazione di giornate di ritiro da parte della prima squadra all’allenatore della stessa Carlo Ancelotti. Infine comunica di aver determinato il silenzio stampa fino a data da definire”(il primo comunicato stampa ufficiale del Napoli).
Azzurri in sciopero? Stadio vuoto? Chissà, clamorosamente l’unico ad aver guadagnato punti è stato Carlo Ancelotti, la cui fermezza gli ha concesso una parziale rivalutazione nell’opinione pubblica. Un proverbio recita: “attacc o ciucc’ addo’ ric’ o’ padron.” Vale a dire, in situazione lavorative o gerarchiche, conviene acconsentire alle richieste del capo pure se in disaccordo, nello specifico piazzare l’asinello dove richiede il datore. Il ciuccio, simbolo del Calcio Napoli dagli anni ’30, pare impazzito e sordo ai richiami di un padrone, difatti, ancora silenzioso.